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 2020  luglio 28 Martedì calendario

L’India dei matrimoni combinati

«Questa serie tv è uno specchio delle brutte, insicure e discriminatorie verità della società indiana», ha scritto la giornalista Shweta Bhandral, riferendosi a una serie Netflix che mette a nudo una delle grandi contraddizioni contemporanee dell’India: i matrimoni combinati. Da alcuni giorni è una delle serie più viste in India. Ma è anche uno dei temi più discussi e controversi su giornali e social.
La protagonista di «Indian Matchmaking» è una sensale di matrimoni, la «match-maker» Sima Taparia che in 15 anni ha trovato moglie o marito per 125 matrimoni attingendo a una banca dati di 800 famiglie. Questa paraninfa viaggia tra Houston, New York, il New Jersey, Delhi e Mumbai incontrando giovani e meno giovani di origine o nazionalità indiane in cerca di un coniuge. In otto puntate dirette dalla regista Smriti Mundhra, seguiamo peripezie, difficoltà, frustrazioni e impacci di giovani un po’ viziati, ragazze schiacciate dalle madri, uomini immaturi che nascondono traumi infantili e altre varianti delle difficoltà esistenziali condivise nel mondo intero. Tutti a caccia di un coniuge. Qual è la differenza con noi? Che, in una democrazia moderna come l’India, si parla di matrimoni combinati con il consenso delle famiglie, idea che in Europa e in America fa scattare l’indignazione per una forzatura, uno spregevole insulto all’amore, al libero arbitrio e alla realizzazione personale.
In tutto il mondo più di un matrimonio su due è combinato, per la precisione il 55%. Ma in India si arriva al 90%. E, cosa ancora più rilevante, al 74% dei giovani indiani va bene così. Non di certo alla Generation Z e ai millennial delle città come Bangalore, dove abitano ragazzi indipendenti arricchiti con l’Information Technology. Ma questa forma di matrimonio resta la più comune in campagne, villaggi, città di provincia e nei potenti sistemi familisti delle metropoli.
Imposizioni e soprusi
La serie Netflix descrive in realtà matrimoni semi-combinati. I matrimoni combinati diffusi in Africa e Asia escludono i diretti interessati dal processo decisionale. Gli sposi si incontrano per la prima volta alle nozze, costretti a improvvisare un’intimità imposta, per cercare poi, quando va bene, di costruire un amore non scelto. A volte va molto peggio. Le spose sono minorenni inconsapevoli. E dopo il matrimonio si rischia la vita. In India viene bruciata una sposa ogni 90 minuti. Per far risposare il figlio e riavere una dote, o perché essere vedovo è meno stigmatizzato che essere divorziato. Nell’isola di Sumba, in Indonesia, le giovani vengono spesso rapite per essere sposate al marito scelto dai propri genitori. Questi sono sposalizi combinati, con violenza fisica o psicologica.
Ma secondo i dati Onu ne «Il progresso delle donne nel mondo nel 2019-2020: le famiglie in un mondo che cambia», nei matrimoni semi-combinati, ora più diffusi nelle zone urbane indiane, si ha invece meno violenza domestica e le mogli conservano un potere decisionale più forte. L’iter è il seguente. Ci si affida al passaparola tra i famigliari per cercare un coniuge. Se non basta, si contatta una sensale che, come nel caso del reality, consulta astrologi e life coach, ma anche santoni indù, «lettori di visi» che fanno profezie basandosi sul foto viste sul telefonino dicendo: «matrimonio complicato», oppure «sodalizio duraturo». Poi si esamina il curriculum. I genitori decidono quindi se incontrarsi per parlare delle qualità dei figli, ma soprattutto di soldi. Se l’incontro va bene, si fanno conoscere i figli. E se tra i due scocca la scintilla, si arriva al fidanzamento e infine al matrimonio.
I parametri
Si tratta, in sintesi, di restringere il campo dei maritabili basandosi su interessi comuni e affinità elettive. Ma è qui che l’India più progressista è insorta sui social media per protestare contro la realtà messa in evidenza da «Indian matchmaking». Razzismo, sessismo, classismo, colorismo (discriminazione contro chi è più scuro), casteismo. Sì, perché i parametri delle dispotiche future suocere sono più che altro basati su requisiti fisici, sulla tonalità della pelle e sulla duttilità della futura nuora. In pratica, si capisce che i matrimoni semi-combinati, nonostante la Costituzione indiana proibisca l’esistenza delle caste, sono il nodo centrale che garantisce la discriminante suddivisione sociale dell’India. Una suocera particolarmente manipolatrice dichiara che vuole una nuora «dalla pelle chiara, alta e istruita», corroborando la discriminazione contro chi ha la pelle più scura, non è di statura alta o non ha potuto studiare. Una giovane donna Sikh può sposare solo un Sikh, non ci sono matrimoni tra religioni diverse, e nemmeno tra classi sociali diverse. Proibito sposare una Dalit, o intoccabile. Così la società resta bloccata nelle sacche di privilegi.
Sotto pressione
La «matchmaker» Taparia ripete che ci vuole «capacità di adattamento, propensione al compromesso e soprattutto flessibilità». In realtà, tentare di umanizzare il matrimonio combinato introducendo un po’ di agenzia decisionale da parte degli sposi distrugge lentamente il senso di sé dei futuri coniugi, che cominciano, un candidato dopo l’altro, a dubitare di sé stessi o di ciò che desiderano. Sotto pressione da genitori impazienti di organizzare un rito nuziale (che nella cultura indiana serve alla famiglia per affermare il proprio successo e ruolo nella società), l’autostima dei celibi ne esce a pezzi. Finché si raggiunge un umiliante compromesso, il meno peggio.
La solitudine
Ciò che salta agli occhi, sia tra gli indiani occidentalizzati di Houston, New York e del New Jersey che tra quelli di Bombay o di Delhi è la comune solitudine, il senso di impotenza e il desiderio di trovare un partner che dimostrano i giovani istruiti e benestanti ai quali pare che l’unica soluzione per svoltare nella vita sia di affidarsi ai matrimoni combinati. In tutto questo, nella serie appaiono siparietti di coppie sposate con matrimoni combinati ormai da 40 o 50 anni. Giurano che il sistema funziona. E che si può imparare ad amare. A riprova, viene presentato il bassissimo tasso di divorzi in India, solo l’1,1%. Ma nessuno spiega che così poche coppie divorziano perché in India ricostruirsi una vita da divorziati è proibitivo. Anche se esiste una app: Secondshaadi.com, che combina nuovi matrimoni a quelle persone il cui primo matrimonio, d’amore o combinato, non ha funzionato.