la Repubblica, 28 luglio 2020
Nel santuario di Casaleggio
Morti viventi, pellegrinaggi social e feticci di residua magia cinque stelle. «Benvenuti nella sede della Casaleggio» è l’esordio di Davide, lo junior, che si aggira nell’inviolabile ufficio: «Entrate con me nel luogo in cui abbiamo prospettato il movimento». Una serie di porte bianche, pavimento a parquet, «ecco, in questa sala riunioni sono stati pensati i loghi delle prime liste civiche, i primi meet-up... ». «Seguitemi», e la camera lo ritrae in un corridoio, indica una vecchia macchina da scrivere, «qualche tocco olivettiano – butta lì – c’è sempre»; quindi mostra una cassetta vhs, anno 2005, il primo spettacolo di Grillo diffuso in Rete, e indica un caschetto che però non si capisce bene che cosa simboleggi.
Considerati i ricorrenti sospetti sulla Spectre Casaleggio (gli affari, le chat segrete, le ordalie, la programmazione neurolinguistica), potrebbe dirsi un’operazione trasparenza. Ma forse è anche qualcosa di più, come si deduce da un secondo filmato trasmesso nell’ambito del Villaggio Rousseau, titolato quest’anno con la maggior enfasi “Le olimpiadi delle idee”.
Il sospetto è che quando la politica è confusa, povera ed evanescente, e la tribù grillina non fa eccezione, più che alle idee, o forse meglio alle opinioni, vale chiedere aiuto all’antropologia, così come approssimativamente declinata sulle piattaforme social. Perciò tocca a un altro cerimoniere del culto casaleggiano, Pietro Dettori, sollevare il velo guidando lo sguardo – solita porta bianca che si apre – sulla cripta, il sancta sanctorum, il reliquiario presentato come «lo storico ufficio» del co-fondatore Gianroberto, che qui tante volte «ha incontrato Beppe».
Ambiente piccolo e colorato, denso di «reperti», termine per la verità non felicissimo per designare oggetti resi sacri perché posseduti dal mitico antenato e come tali ectoplasmici custodi del suo spirito: sulle pareti le strisce dell’amatissimo fumetto Tex; da uno scaffale il primo calendario – neanche a farlo apposta – dei santi laici (cittadini morti per l’Italia); mentre da un cassetto esce fuori il primo invito del primissimo meet-up milanese, “da cui è nato tutto”. Ma tutto che, oggi? Se i cinque stelle, ispirati anche dalle intuizioni visionarie di Casaleggio Senjor, sono in effetti riusciti nell’incredibile impresa di diventare il primo partito, è pur vero che mai come oggi vivono sotto la più evidente minaccia di morte.
Al netto di sciamanici scongiuri e ritornando alla più ordinaria politichetta basta sommariamente misurare lo slancio di un tempo con la delusione, le lacerazioni, la frammentazione per bande; e gli appetiti, le rivalità, i risentimenti, le espulsioni, le fughe, i sondaggi, le rivolte dei parlamentari per sminuire Rousseau (coi suoi flop) e non pagargli i tributi; e poi ancora i disegni di rivincita di Di Maio, l’obiettiva debolezza di Crimi, le pretese mire di Dibba, l’astuto bordeggiare di Fico, la sorprendente autonomia di Conte, la scabrosa vicenda del fidanzato di Casalino, gli enigmatici richiami dell’Elevato, insomma, oltre a mettersi le mani nei capelli, rispetto a tutto ciò non resta che chiedere davvero un intervento soprannaturale. E qui precisamente, in forma tecno-arcaica, prende il via sulle piattaforme elettroniche la visita al santuario, l’evocazione e l’appello al Benefico Capostipite della comunità in crisi, al Grande Morto Vivente che può, lui solo, salvaguardare l’integrità del gruppo. Che poi se i vivi hanno bisogno dei defunti, è pur vero che questi dipendono dai vivi per non trasformarsi da fondatori in fantasmi. Così grosso modo funziona da sempre, quindi anche in questo tempo di futuro remoto.