La Stampa, 27 luglio 2020
Gianmarco spiega «lo stile Tognazzi»
Il tempo per «riappropriarsi di se stessi» realizzando imprese rinviate per anni: «Ho sistemato un immenso archivio video, dove ho ritrovato cose che non immaginavo nemmeno di avere. E’ stato un po’ come mettere a posto la vita». Ognuno ha vissuto il lockdown in modo diverso e Gianmarco Tognazzi, oltre a raccontare il suo, descrive come sarebbe stato quello del padre Ugo: «Di sicuro avrebbe scritto altri tre libri di cucina, avrebbe sperimentato ricette su di noi, io sarei stato la cavia e, invece di prendere due o tre chili come tutti, ne avrei presi almeno quindici». Il genitore scomparso trent’anni fa è una presenza costante nei discorsi di Gianmarco Tognazzi, un nume tutelare, evocato sempre solo con il nome, mai con l’appellativo di papà: «Quando andavamo in giro insieme tutti continuavano ad apostrofarlo "Ugo, Ugo". Poi tornati a casa, se lo chiamavamo papà non si girava, se invece dicevamo Ugo lo faceva».
Per ricordare l’attore immenso, scomparso il 27 ottobre di 30 anni fa, è già in cartellone un festival, in agosto a Pomezia, intitolato «Ugo 30 pari» che aprirà altre manifestazioni, in vista del centenario della nascita, nel ‘22: «Fare gli omaggi una tantum non serve a nulla, per tramandare le cose bisogna dare un senso di continuità. A me e ai miei fratelli è piaciuta l’idea che la memoria di nostro padre si sviluppasse nell’arco di un tempo più ampio, attraverso varie iniziative». D’altra parte, dice Tognazzi, ospite in questi giorni del «Filming Italy Sardegna Festival», il vizio italiano della memoria corta penalizza molti grandi del nostro cinema: «Non si pensa mai a ricordare personaggi come Visconti, Germi, Rossellini, Ferreri, per non citare la Vitti, Volontè, la Melato e tanti altri. Se ne parla solo in occasione dei centenari e invece la gente sarebbe felice di rivedere i loro film. Solo conoscendo il passato si può giudicare il presente e programmare il futuro». È un problema, aggiunge Tognazzi, di politica culturale: «In Inghilterra per affrontare il prossimo anno dopo il Covid, rendendo sostenibili sale e teatri, sono state stanziate un miliardo e mezzo di sterline. Una cosa per noi inimmaginabile».
Nella prima parte delle commemorazioni per Ugo Tognazzi (dal 21 al 23 agosto a Torvajanica) si vedranno tre suoi film più il documentario a lui dedicato dalla figlia Maria Sole, ma si potranno anche assaggiare i piatti realizzati con le ricette dell’interprete rivisitate dai cuochi della zona: «Di sé mio padre diceva sempre "sono un cuoco prestato al cinema". E anche per me è un po’ così. Il vino è il mio lavoro, mi considero un "wine lover" che, quando non ha altri impegni, fa l’attore».
Eppure, dopo il ruolo nel film di Gabriele Muccino A casa tutti bene, la carriera di Gianmarco Tognazzi ha avuto un’impennata: «Quando si hanno le opportunità bisogna saperle sfruttare al meglio, e infatti non posso non ringraziare Muccino che mi ha voluto fortemente. Nel cinema succede che, certe volte, le luci si spengano e poi si riaccendano, così la macchina riparte». Adesso, oltre all’uscita di Ritorno al crimine, spostata a fine novembre causa pandemia, lo attendono le riprese della serie Sky Speravo de morì prima, diretta da Luca Ribuoli, tratta dal libro Un capitano e centrata sugli ultimi due anni della carriera di Francesco Totti. A Tognazzi toccherà il ruolo dell’allenatore Luciano Spalletti: «Mi stuzzica sempre provare le diverse variabili interpretative, alzare l’asticella che segna il grado di difficoltà. Se vuoi fare un passo in più, se vuoi stupire e stupirti, devi cercare di puntare in alto».
Il resto è teatro, nel ricordo dell’amico attore Bruno Armando, scomparso a marzo («gli devo tantissimo, è stato come perdere un fratello, stiamo scrivendo uno spettacolo per ricordarlo»), e famiglia, nel nome di un «life style» in cui Gianmarco Tognazzi crede profondamente: «La mia vita si basa sui rapporti umani, è lo stile che apparteneva a mio padre, noi Tognazzi siamo fatti così, seri, ma molto poco seri».