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 2020  luglio 27 Lunedì calendario

La scalata delle donne ai santuari della finanza mondiale

A oggi, se guardiamo ai ruoli in prima linea nel mondo degli investimenti, non vi è ancora una rappresentanza sufficiente di donne o di minoranze”. Anneke Smits, 54 anni, è stata appena nominata ceo di Bny Mellon Investment Management, il settimo più grande gruppo di gestione degli investimenti a livello globale, con 1.900 miliardi di dollari di asset. Prenderà il nuovo incarico in ottobre. Al suo stesso livello nello stesso gruppo, c’è un’altra donna, Catherine Keating, ceo di Bny Mellon Wealth Management, che si occupa della gestione dei ricchi portafogli. Smits e Keating rispondono solo a Thomas P. Gibbons, il numero uno di Bank of Bny Mellon. Quello dei chief executive officer è l’ultimo fortino da espugnare, ma nel mondo dei servizi finanziari, le donne cominciano a farsi sentire anche ai vertici: nell’executive committe sono arrivate a quota 20%, più alta la quota nei board, il 23%.
Certo, ce ne vuole per arrivirare alla completa parità, ma l’altra metà del mercato si sta arrampicando sempre più in alto. E si rincorrono le nomine. Sempre nei giorni scorsi una donna, Amanda Blanc, 53 anni, è stata nominata ceo di Aviva, sesta compagnia assicurativa al mondo, con sede a Londra e 33 milioni di clienti. Secondo l’indagine Women in Financial Services 2020 di Oliver Wyman, che dal 2003 segue l’evoluzione del settore, l’industria dei servizi finanziari risulta la più veloce nella promozione delle donne in posizione di leadership senior. E in molte aziende la media viene superata: nel 25% dei casi le donne a livello di executive committe raggiungono oltre il 30% addirittura la percentuale sale al 37% nei board.
Il soffitto di vetro, espressione passata nel tempo a indicare la barriera trasparente che impedisce alle signore di accedere al top della carriera, si sta rompendo, sostiene McKinsey. E proprio nel settore finanziario e bancario, dove il gap è maggiore, si assiste alla accelerata più forte nella promozione delle donne ai vertici. Quando nel 2018 il New York Stock Exchange ha nominato presidente Stacey Cunningham, 46 anni oggi, la prima donna in 226 anni di storia della Borsa più grande del mondo, le donne occupavano il 4,6% delle poltrone di ceo nei gruppi compresi nel paniere S&P 500. “È un ambiente dominato dagli uomini e non è cambiato così rapidamente come altri settori”, aveva dichiarato Cunningham, appena si era insediata nel suo ufficio.
Oggi le donne ceo sono al 6% delle aziende nel paniere S&P 500, e il 6% di tutte le aziende finanziarie, addirittura sono salite al 7,4% nelle Fortune 500, i più grandi gruppi per fatturato. Il trend punta verso l’alto. E sicuramente costituisce un fattore di traino il fatto che anche al vertice della seconda piazza finanziaria mondiale, il Nasdaq, spicca una signora, Adena Friedman, 51 anni, presidente e ceo. La postazione numero uno è la più lenta a registrare la promozione di donne di denari, ma siamo alla punta dell’icerberg, dove anche per gli uomini la selezione si fa estremamente dura. Si assiste comunque all’assedio del fortino: nel ruolo di vice-ceo, le donne sono arrivate al 16% con una crescita di quattro punti rispetto al 2016.
Oliver Wyman ha passato al setaccio quasi 500 gruppi di servizi finanziari di 37 differenti Paesi. A livello di executive committe le donne di denari riusultano crescere di più nel ruolo HR, relazioni umane, la gestione del personale e dintorni, quella un po’ più “femminile” e in effetti questo rispecchia ancora una sorta di pregiudizio. In questa funzione sono diventate il 58%. Tutto sommato si tratta di una poltrona prestigiosa, perché coinvolge la gestione di tutte le risorse, uomini e donne, e siccome diventa anche il filtro per le assunzioni, amplia le prospettive di nuovi ingressi per le donne stesse.
Il business model
È provato da un altro studio di McKinsey, Women in the Workplace, che in generale in tutti i settori un board maschile tende a reclutare uomini, mentre un board con donne è più equo nella scelta del sesso.
Sempre a livello di executive committee le donne sono in forte crescita, +13%, nel marketing, dove occupano il 46% dei posti; nella divisione legale (+8%) con il 35% delle quote; nella divisione finanza pura sono il 13%, con una crescita del 3%, mentre nelle linee di business, al 21%, sono cresciute del 6%.
"Il passaggio da pura attività di ricerca a un ruolo più manageriale non è stato semplice né scontato, così come non lo sono state le evoluzioni aziendali attraverso fusioni e acquisizioni. La mia vera fortuna è stato l’incontro con alcune persone che hanno avuto un ruolo chiave nella mia crescita professionale e personale”, racconta Monica Defend, global head of research di Amundi.
"È molto più potente catturare l’innovazione da 10.000 persone che mettere insieme 10 manager in un laboratorio, non possiamo permetterci di fallire cosa possiamo imparare dalla Silicon Valley": Cathy Bessant, cto, chief technology officer di Bank of America, ha riprogettato organigramma e processi del grande istituto di credito che, grazie a lei, ha registrasto un incremento del 46% dei clienti online, diventando una case history del nuovo Dna del settore bancario con il boom dei servizi digitali. Il Fintech sta rivoluzionando il settore, e le signore del denaro conquistano le prime file, in aumento del 3% nel ruolo di cto, con il 13% delle quote totali.
 Rating e rendimenti
Christine Lagarde, oggi governatore della Bce, quando era a capo del Fondo monetario internazionale ha pubblicato sul suo blog un approfondito studio mondiale sulla gender diversity, evidenziando l’importanza dell’apporto femminile in termini di diversità di skill, di attitudini e di approcci al lavoro. Differenze che si traducono in aumento di produttività, di welfare aziendale e di indici finanziari. Lagarde ha calcolato che, nella maggior parte dei Paesi, l’inclusione potrebbe contribuire a un aumento del Pil fino al 35%. Una visione macroeconomica, confermata anche da casi specifici. Due anni fa uno studio Consob ha avuto echi internazionali, mostrando come le società quotate in Italia con a capo delle donne realizzavano perfomance migliori.
Delivering through diversity, studio di McKinsey, registrava due anni fa che le organizzazioni che si posizionano in cima alla classifica per inclusione di genere nel team degli executive, nel 21% casi ottengono migliori performance sui margini Ebit rispetto alle aziende in fondo alla classifica. Trend confermato da Credit Suisse Research: in Gender 3000, the changing face of companies, pubblicato a fine 2019, rileva che quando le donne al vertice superano il 20%, spingono in alto i fondamentali e il rating.
I gruppi finanziari, insieme a quelli tecnologici, sono, al contrario, particolarmente penalizzati quando non presentano donne e minoranze etcniche ai vertici. Margaret Neale, docente della Stanforf Business School, prestigioso campus Usa, ha monitorato l’andamento per quattro anni delle azioni di gruppi come BlackRock, Citi, Jp Morgan, registrando un innalzamento delle quotazioni all’annuncio di rilevanti interventi sulla diversity in senso ampio e sostanzioso. Gli investitori, ha scoperto Neale, ripongono più fiducia nella governance di chi si prende cura realmente del superamento di ogni gap.