Affari&Finanza, 27 luglio 2020
Bolla o Toro, dove va la Borsa?
Dal più violento bear market di sempre, a marzo, siamo passati ai forti rialzi delle Borse negli ultimi quattro mesi. Una bolla in attesa di scoppiare, o una nuova fase all’insegna del Toro? Ogni valutazione dovrebbe tener conto che la percezione del successo nei mercati è sfalsata dalla “miopia da percentuale”. Il guadagno delle azioni dai minimi di marzo è stato in genere del 30-40%. Ma i rialzi, dopo un crollo, andrebbero valutati rispetto al punto di partenza: se si perde il 30%, bisogna poi guadagnare il 43% per tornare in pari. In questa prospettiva si può parlare di bull market solo per il Nasdaq che guadagna oltre il 10% rispetto ai massimi di febbraio e quasi il 30% rispetto a un anno fa; Europa (EuroStoxx 50) e small cap americane (Russell 2000) sono ancora a -11% rispetto ai massimi e -4% su luglio 2019; le banche europee a -26% rispetto a 12 mesi fa; in mezzo il Nikkei giapponese +5% rispetto all’anno scorso, ma a -5% circa dai massimi recenti.
L’incertezza premia i giganti ma non le imprese
Una così elevata discrepanza tra gli andamenti dei mercati azionari, in contrasto con l’alta correlazione pre-Covid, è indice di estrema incertezza: si premiano i giganti del web (spingendo le valutazioni a rischio di bolla) perché si punta soprattutto sui titoli capaci di crescere anche in tempi di crisi e stagnazione; ma non altrettanto le altre imprese (minori dimensioni e cicliche) perché i dati, anche ad alta frequenza, specie di consumi, occupazione e servizi, mostrano che la ripresa sarà lenta, nonostante le politiche espansionistiche; mentre le valutazioni depresse delle banche indicano il timore che l’elevato indebitamento delle imprese porti in futuro a un’ondata di insolvenze, visto che le banche centrali possono risolvere le crisi di liquidità, non di solvibilità. Non ci sono dunque indicazioni univoche, e non è utile parlare di bolla o mercato Toro in generale.
Il Nobel Robert Shiller ha offerto una spiegazione convincente di quanto è successo, basata sulla psicologia degli investitori di fronte a un evento del tutto nuovo, influenzata dalla reazione della gente alla narrativa prevalente dell’evento, e dalla ricerca di analogie con situazioni precedenti. E aiuta a capire cosa ci attende.
Le tre fasi del mercato
Shiller divide l’andamento del mercato in tre fasi. Nella prima, da gennaio fino al 19 febbraio, i mercati salgono anche se la pandemia sta già dilagando in Cina: la narrativa è di un evento distante, altri temi catturano l’attenzione dell’opinione pubblica, e manca l’esperienza di un evento simile che possa farne prevedere le conseguenze. La seconda comincia il 20 febbraio quando la narrativa del Covid cambia con storie raccapriccianti sui confinamenti in Cina, gli ospedali italiani e spagnoli al collasso e la caccia a mascherine e ventilatori introvabili: gli investitori reagiscono a un’opinione pubblica che cambia umore drasticamente, ma non avendo elementi per valutare razionalmente le implicazioni del Covid vendono tutto causando crolli generalizzati. La terza fase comincia il 23 marzo con l’annuncio degli interventi straordinari di Fed e Congresso, seguiti dagli altri Paesi. Pochi ne conoscono i dettagli o sono in grado di valutarne l’effetto, ma ci si ricorda che gli interventi coordinati nella crisi 2008-09 diedero il via a un rally decennale delle Borse; e si compra. Rialzi poi gonfiati dalla paura di perdere un’occasione di facile guadagno; e dalla miopia da percentuali. Di qui in avanti è difficile che la narrativa possa spingere ulteriormente i mercati perché gli elementi negativi (disoccupazione, fallimenti, disagio sociale) supereranno quelli positivi (il vaccino) e perché gli interventi straordinari di governi e banche centrali sono già scontati nei prezzi. Conteranno di più i dati reali di crescita e utili: solo se sarà vera ripresa, i rialzi potranno essere sostenibili; ma in questo caso sarebbero i titoli ciclici, value e small cap a beneficiarne maggiormente.