Corriere della Sera, 26 luglio 2020
La battaglia di Portland
Quella di Portland è una battaglia sporca. Donald Trump ne ha fatto un simbolo della sua campagna elettorale. Un’altra occasione memorabile, dal suo punto di vista, come la polizia a cavallo inviata contro i manifestanti di Washington Dc, il 1° giugno scorso.
Nella città dell’Oregon, una delle più liberal d’America, le proteste per l’uccisione dell’afroamericano George Floyd si sono trasformate in uno scontro frontale con il presidente degli Stati Uniti e il suo spregiudicato luogotenente, il segretario a interim per la Sicurezza Interna, Chad Wolf.
Il 26 giugno Trump ha firmato l’ordine esecutivo «per proteggere i monumenti e il patrimonio federale». Il 4 luglio, Wolf ha selezionato un centinaio di militari tra i più addestrati, pescandoli sostanzialmente da tre corpi federali: gli U.S. Marshals; i Bortac, cioè le unità incaricate di proteggere i confini; le truppe speciali dell’Ice, la polizia per il controllo dell’immigrazione.
Le immagini che arrivano da Portland fanno paura. Le giornate, specie nel fine settimana, cominciano con marce pacifiche che puntano verso i due edifici federali: il Mark O.Hatfield Courthouse e l’Edith Green Wendell: un rettangolo lungo circa 100 metri sulla Main Street, in pieno centro. Gradualmente agli slogan di Black Lives Matter si sono sovrapposti quelli contro «i federali» spediti da Trump «per salvare Portland».
Dentro il fronte della protesta ci sono anche gruppuscoli violenti, come si è già visto a Minneapolis, nel maggio scorso. Saltano fuori con l’oscurità, lanciano bottiglie di vetro, petardi. Ma la risposta delle truppe in mimetica e in assetto di guerra è chiaramente sproporzionata. Non c’è alcuna strategia di contenimento, di dissuasione. I militari sbucano dai due grandi palazzi sotto assedio e cominciano a randellare chiunque capiti a tiro: giovane o anziano; dimostranti pacifici o vandali. E poi un diluvio di gas lacrimogeni, granate assordanti, proiettili trattati con composti chimici irritanti. Non solo. I soldati procedono all’arresto, come se fossero investiti dei normali poteri di polizia giudiziaria. Le persone fermate vengono custodite nelle celle del tribunale federale, anziché consegnate all’autorità locale. La spedizione ordinata da Washington ha anche degli aspetti grotteschi. Le pattuglie si spostano in minivan senza contrassegni, non per evitare di essere identificati, ma semplicemente perché non ci sono mezzi militari a disposizione. Blindati e carri armati sarebbero effettivamente un po’ scomodi per inseguire e arrestare i «sospetti». Il fantasioso Chad, quindi, ha noleggiato i veicoli da normali società private di «rent a car».
La procuratrice generale dell’Oregon, Ellen Rosenblum, ha chiesto l’intervento della magistratura, sostenendo che il ministero della Sicurezza interna abbia abusato dei suoi poteri. La legge prevede che il patrimonio nazionale sia tutelato dal Fps, Federal Protective Service, un corpo alle dirette dipendenze della Homeland Security. Chad, però, ha pensato che il Fps, per altro zeppo di personale fornito da società private (i cosiddetti «contractor»), non fosse sufficiente. Venerdì il giudice federale Michael Mosman ha respinto il ricorso della procuratrice, sostenendo che lo Stato dell’Oregon non abbia alcun titolo per rappresentare i manifestanti.
Nel frattempo, lo schieramento anti Trump si allarga. Sabato 18 luglio è comparso «Il Muro delle Mamme»: centinaia di madri e di nonne, vestite di giallo, mobilitate via Facebook da una donna finora sconosciuta, Bev Barnum, sposata, due figli. Marciano, cantano, si tengono per mano, si frappongono tra «gli uomini in verde» e i manifestanti. Accanto a loro ecco anche «il Muro dei Papà» e poi «il Muro dei Veterani». E poi associazioni più collaudate come «La protesta dei lavoratori della Sanità», «Gli insegnanti contro i tiranni».
Ma Trump non arretra, anzi ritiene necessario «fermare i terroristi, altrimenti perderemo il controllo delle nostre città». Il sindaco di Portland, il democratico Ted Wheeler, replica: «Al presidente non importa nulla di Portland, dove non ha alcun seguito. Con questa “invasione” cerca consenso in Ohio o nell’Iowa».