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 2020  luglio 26 Domenica calendario

Il segreto di Elisabetta

Noi novantenni amiamo questa nostra coetanea che ad ogni genetliaco ha la crudele soddisfazione di vedere il suo (presunto) successore sempre più anziano e ogni eventuale preparativo di funerale di stato di massima pomposità impolverarsi e invecchiare pure lui. L’amiamo anche perché se si esclude la bizzarria del cappello in tinta ovunque compaia, ci ha insegnato che il nero invecchia e se ne deve fare a meno se non a funerali di famiglia, e a vestirsi invece di azzurro, verdino, e soprattutto giallo che pare doni alle carnagioni stanche.
Prima di noi, antiche femministe in via di pentimento, la sovrana ha capito una cosa fondamentale talmente politicamente scorretta che si è fatto di tutto per tacerla. Ma adesso che persino gli intellettuali americani ci hanno fatto addirittura un manifesto auspicando di dar credito alla scorrettezza, noi che la sappiamo più lunga di loro per esperienza diretta, lo diciamo chiaramente: anche una regina sa da sempre che se gli uomini hanno l’abitudine di rendere difficile la vita alle signore persino incoronate, le nemiche da cui guardarsi sono le femmine, le altre donne: vedi pure il bel film “La favorita” del greco Lanthimos, carico di premi, che racconta della regina Anna d’Inghilterra, l’ultima Stuart, circuita, ingannata, usata da due donne in lotta tra loro per il potere.
Più dalle tante biografie inglesi della signora che dalla valanga di pettegolezzi che hanno invaso i nostri cervellini, pare di aver capito che una sola donna ha contato per Elisabetta, sua madre Elisabetta, che lei ha molto amato e molto ascoltato, e che l’ha preceduta sulla strada di una lunghissima esistenza. Tutte le altre che hanno attraversato la sua vita l’hanno in qualche modo, innocenti o no, infastidita e poi pagata cara, ma sono anche state cancellate dalla storia, ammesso che siano riuscite ad entrarci: tranne una che le ha tenuto testa e che opponendole una tragedia romanzesca eppure reale, nel tempo sarà indimenticabile quanto lei o forse più di lei.
Elisabetta era una ragazza felice, innamorata del suo bel marito, poi troppo presto le misero una corona in testa e la giovane donna, troppo portata al dovere, finì subito con l’innamorarsi della monarchia e diventarne sua sottomessa suddita: si sa che in Inghilterra il trono non ha alcun potere se non quello dell’immagine, mentre un tempo poteva anche far tagliare la testa alle regine sconvenienti per il re e addirittura nei momenti di confusione politica accettare che a perdere la testa fosse il re stesso.
Tanto poi si sistemava tutto. La prima vittima della giovane Windsor fu l’amata sorella Margaret, che a 22 anni le chiese il permesso di sposare il fascinosissimo Peter Townsend, divorziato e padre di due figli: Elisabetta era appena stata incoronata e pur tentando di aiutarla, la dovette sacrificare ai barbogi del consiglio dei ministri, che consideravano questa privata felicità “contraria alle tradizioni reali e cristiane”.
Non sappiamo se diventata signora Townsend Margaret sarebbe stata felice, sappiamo di sicuro che da quel momento in poi la sua vita fu molto infelice, sbandata, criticata, per anni accanto al marito donnaiolo Antony Armstrong-Jones che la detestava: alcolizzata, malatissima, circondata da sfruttatori, è morta a 71 anni nel 2002, quando nella famiglia scandali, divorzi e funerali erano ormai quasi la norma.
La sola figlia femmina della regina, la principessa Anne, oggi quasi settantenne, due matrimoni, un divorzio, due figli, gravata da 500 incarichi per conto della corte, diventando una cavallerizza da Olimpiadi ebbe l’intuizione di salvarsi dandosela a gambe in tempo, scomparendo da ogni avventura disdicevole che stava per infastidire la mamma regina.
Intanto nella vita del primogenito Carlo tenuto d’occhio da genitori, parlamento, giornali e spioni per le sue responsabilità di futuro re, stava per precipitare l’Apocalisse: una signora sposata e madre, di nobile lignaggio del tipo che abbonda nella aristocrazia inglese: la segreta dispensatrice di piaceri inarrivabili persino al marito, ma in questo caso pure al non tanto felice principe in pugno a quella madre piu monarchica della monarchia. La Camilla divenne per Elisabetta una rivale potentissima, un pericolo micidiale, immaginandola in futuro se non proprio sul trono, magari quasi.
Come sconfiggerla? Trovando subito un agnello sacrificale da opporre alla sapiente seduttrice, di quelli che non possono essere contestati: più nobile dei Windsor, bellissima, giovanissima, docilissima, non colta e, massima preziosità da secoli bui, vergine! Il principe Carlo non aveva la forza di sottrarsi, il suo matrimonio fu del massimo genere fiabesco, e sulla ignara Diana avrebbe compiuto la sua vendetta per vendicarsi della madre. La dispettosità dei figli intanto si era estesa e Andrew, oggi 60 anni, le portò a palazzo la rossa Sarah, simpatica ma troppo vivace e non si sa la reazione della suocera quando i giornali pubblicarono la foto della scriteriata in topless su una sdraio, e accanto il solito miliardario che cova ovunque che le baciava i piedi.
Ovvio divorzio e discesa agli inferi del terzogenito, attualmente in disgrazia per il suo legame di amicizia con la signora Maxwell, accusata di complicità con il suicida imprenditore americano Epstein, nei reati di stupro, di cospirazione e falsa testimonianza. Ma alla democrazia e agli affronti per l’amata regina non c’è mai fine: una donna bella, totalmente priva di antenati con stemma e dimora storica, divorziata, qualche anno in più del protocollo di casa Windsor, attrice con gonne strette in una fiction tuttora in giro! Americana, addirittura semiafroamericana! Meghan Markle, una ragazza dura che non smette di sorridere felice anche quando trama vendette, è la prima signora intrufolatasi nella Casa regnante a ribellarsi al cappello! La prima a rinverdire i gossip che non siano i commossi annunci di figliolanza reale, procreata dall’erede in seconda del trono, il principe William: con l’intervento della sua amata sposa, inimitabile portatrice di cappelli e quindi degna del trono, la ragazza Kate Middleton, accettata si immagina con calmanti dalla regina, in quanto neanche una goccia di sangue plantageneta, però sin dalla nascita allevata da se stessa al mestiere di regina. Oltre alla amabile Rachel Zane di “Suits” diventata in un baleno duchessa di Sussex a fianco del duca di Sussex, l’innamoratissimo Harry, non si sa cosa potrebbe capitare alla povera Elisabetta in fatto di donne rovinamonarchie. È una immagine di rinuncia, di resa, di basta lasciatemi in pace, quella recente di lei abbigliata di azzurro accanto all’eroico marito Filippo e a qualche metro di distanza covidiana (tutti senza mascherina), la sposa Beatrice di York col marito Edoardo Mapelli Mozzi (imprenditore, divorziato, con figli, inglese di origine italiana).
Una specie di pentimento: la sposa indossava un vestito del guardaroba della nonna quando la nonna era la metà, e addirittura in testa la tiara della trisnonna Mary, portata dalla stessa Elisabetta al suo matrimonio, non ancora regina, nel 1947. Foto ufficiali senza mamma Sarah e soprattutto babbo Andrew, e neppure mamma e figlio di lui, presenti in forma fantasma. Dal deserto familiare che l’essere regina ha creato attorno alla figlia, moglie, madre, nonna, bisnonna Elisabetta, non potrà mai essere cancellata quella ragazza Diana, per sempre nella storia d’Inghilterra, principessa del popolo, dolente, offesa, abbandonata, combattiva, in cerca di amore, amata e indimenticata dai figli, soprattutto da Harry che era piccolissimo al tempo della tragedia; e forse non ha mai perdonato nessuno di quel tempo orribile.
Time del marzo scorso è dedicata alle cento donne più importanti degli ultimi cent’anni, dalle suffragette del 1920 a Greta Thunberg del 2019. Il settimanale americano nominò Elisabetta donna dell’anno nel 1952, mentre a 26 anni saliva sul trono di un impero in liquidazione; alla stessa età la principessa Diana, dalla vita già molto infelice, divenne la donna dell’anno 1987, per la sua dedizione sincera e commossa agli ammalati del diabolico Aids, quella peste allora ancora misteriosa, che colpiva soprattutto le persone che le erano più amiche, come i gay, i ballerini, gli stilisti, i mercanti d’arte, molti uomini dello staff di palazzo.
Fu invitata quell’anno a inaugurare il primo reparto in un ospedale londinese per l’assistenza a malati di un male ancora senza cura. Tutti la sconsigliarono, lei ci andò e fece qualcosa a quel tempo di coraggioso: il personale medico indossava i guanti, come dovremmo fare noi adesso per toccare tutto, lei li rifiutò e strinse con calore le mani dei morenti, fermandosi a parlare con loro. Un gesto epocale allora che aiutò a eliminare, o attenuare, lo stigma verso chi veniva considerato un peccaminoso untore giustamente punito.
Sulla copertina di questo recente Time non ci sono scienziate, dive, pioniere, politiche, femministe, rivoluzionarie, eroine di guerra, pioniere dei diritti civili e di genere, degli ultimi cent’anni: non c’è neppure la regina d’Inghiterra, ma c’è lei, la Principessa del Popolo, in ricordo non dei suoi amori e della sua morte, ma di quel semplice gesto generoso e spontaneo che ha poi contribuito a salvare tante vite.