La Gazzetta dello Sport, 25 luglio 2020
Gli acchiappavirus del ciclismo
«Non siamo una squadra di ciclismo: siamo una multinazionale con 90 dipendenti, tra corridori e staff, di 19 nazioni. E ci siamo strutturati come una grande azienda anche per affrontare l’emergenza coronavirus». Mauro Gianetti è il general manager della Uae Emirates, una delle formazioni top al mondo per budget e qualità. È il team di Pogacar (il fenomeno nascente), Aru e Gaviria. I pensieri di Gianetti sono quelli delle squadre che, a una settimana dalla ripartenza con la Strade Bianche a Siena sabato primo agosto, devono parlare non solo di tattica, ma di protocollo sanitario, test sierologici, tamponi da fare a tutti rispettivamente sei e tre giorni prima della gara per entrare nella “bolla” della squadra, armonizzazione delle regole sanitarie tra nazioni. «Le faccio un esempio: i norvegesi Kristoff e Bystrom dovevano correre a Burgos settimana prossima, ma per la Norvegia quella è una zona a rischio quarantena al rientro: noi non li faremo correre lì».
Test e Danimarca
E allora che cosa fa una squadra? Da un lato c’è la gestione prettamente sanitaria, quella dei tamponi che chiede l’Uci (la federciclo mondiale) prima di una corsa. Dall’altra si affida agli specialisti della sanificazione. «Con una richiesta chiara: vogliamo la certificazione della totale pulizia degli ambienti». Partiamo dai tamponi. «Noi ne faremo mille, sì, mille, sino a fine stagione, ognuno costa circa 100 euro – spiega Gianetti -. Sono tamponi salivari certificati dall’Organizzazione mondiale della sanità e dall’Uci, li facciamo in collaborazione con un laboratorio danese al quale si appoggiano altre sei squadre WorldTour. Ogni persona dello staff ha ricevuto i kit dei tamponi, li fa autonomamente e poi li manda via corriere a Copenaghen. I risultati li ricevono direttamente i medici di squadra che poi dispongono l’ingresso nella “bolla” del team». Il tampone salivare, e non naso-faringeo, evita al corridore di doversi muovere personalmente tra i laboratori.
Anche la cucina
L’aspetto ancora più interessante riguarda la sanificazione di stanze d’albergo, pullman, ammiraglie, camion cucina e officina. «Ci affidiamo alla società varesina ASkyClean (un cielo pulito, ndr), che sanifica anche le sale operatorie. Non possiamo farlo noi, dobbiamo affidarci ai professionisti certificati. Con noi, dalle Strade Bianche a fine stagione, ci saranno sempre quattro dipendenti di questa società: anche loro faranno i tamponi come i corridori. Avremo due strutture, una per le corse italiane e l’altra per quelle francesi. Portiamo noi i materassi personali nelle stanze d’albergo, la stanza viene sanificata e nessuno ci entrerà prima del ciclista, che sarà da solo in camera. Lo stesso per i mezzi. Anche l’acqua della doccia del bus viene trattata per evitare qualsiasi rischio. Così come i massaggiatori useranno mascherina e visiera per i massaggi».
Come a Codogno
Maurizio Gandini, amministratore della ASkyClean, spiega: «Porteremo alle corse cinque macchine per la Uae: una stanza d’albergo viene sanificata in 5’, un’ammiraglia in un minuto. Facciamo le analisi prima e dopo l’intervento. Usiamo il perossido di idrogeno, cioè l’acqua ossigenata, fino alla completa saturazione dell’ambiente, con l’aria condizionata accesa per igienizzare i condotti di aerazione. Sono le stesse macchine che usiamo nelle sale operatorie degli ospedali, siamo stati i primi a entrare nell’ospedale di Codogno. Tutto è certificabile e tracciabile. E avremo bombolette speciali da usare per una sanificazione immediata nei mezzi». Ancora Gianetti: «Il nostro cuoco cucinerà tutto nel nostro camion, servirà lui a tavola i corridori nella sala dell’albergo, riservata solo per noi, che verrà anch’essa sanificata. Quanto costa tutto? Centinaia di migliaia di euro, forse un milione: abbiamo tagliato marketing, comunicazione, hospitality. Il ciclismo potrà davvero dare un’immagine di grande sport in questa corsa a ostacoli per la ripartenza».