La Gazzetta dello Sport, 25 luglio 2020
Storia del circuito di Imola
Tre volte Italia nella stessa stagione, dopo Monza e il Mugello anche Imola. L’altra casa della nostra Formula 1 che torna a vivere e a rombare. Ed è anche la celebrazione della nostra Motor-Valley. Non poteva non esserci un circuito vero in Emilia-Romagna, casa di Ferrari e Lamborghini. E di Maserati che nel luglio 1957 ha idealmente battezzato Imola facendoci girare Juan Manuel Fangio sulla 250 F. «Il nostro piccolo Nurburgring», lo definì Enzo Ferrari. Che pure nel giorno in cui la F.1 ci ha corso per la prima volta, le sue rosse non le ha mandate. Era il 1963, il 21 aprile, e si disputava uno di quei GP che ai tempi potevano non essere validi per il Mondiale. Vinse Jim Clark, su Lotus, doppiando tutti tranne il 2°, Jo Siffert. C’erano invece, le Ferrari, 16 anni dopo, quando la F.1 è tornata a Imola, nel 1979. E non potevano mancare, perché il GP, non valido per il campionato, era dedicato a Dino Ferrari. Lo vinse però la Brabham con Niki Lauda. Ma la cosa più bella è che al 10° posto si piazzò Giacomo Agostini, su Williams. Per un anno, uno soltanto, quello del Santerno è stato GP d’Italia. Al posto di Monza, era il 1980. Vinse Nelson Piquet, ma quel che resta più di tutto, di quella gara, è stato un dritto di Gilles Villeneuve nella semicurva che precede la Tosa. E che da allora si chiama come lui: Villeneuve.
Poi è stato San Marino
Una extraterritorialità durata 26 anni, dal 1981 al 2006 (vittoria di Schumi). Ventisei GP della piccola repubblica tutti lì, su una pista che, più di tutto, ha sublimato l’estro e il mito di due fenomeni: Ayrton Senna e Michael Schumacher. È bello e giusto pensare di poterci gustare Hamilton, simbolo dei nostri anni, sulla pista che ha esaltato gli eroi a cui lui stesso si ispira. San Marino è stato Piquet che ha rivinto nel 1981, campione sulla stessa pista, in GP di due paesi diversi. E poi è stato due successi della Ferrari, mai come allora in casa. Nel 1982 con Didier Pironi, in una doppietta davanti a Villeneuve (e molti chiudendo gli occhi rivedranno il suo sorpasso su Arnoux alla Rivazza). E nel 1983 con Patrick Tambay che ha ringraziato Riccardo Patrese, lungo alla Variante Alta. E poi le vittorie di Prost nel 1984 e 1986. Con in mezzo quella di De Angelis su Lotus.
Ayrton
Ma intanto l’epopea di Ayrton era cominciata. Perché era partito lui dalla pole in quel 1985. Cosa che sarebbe successa altre 7 volte. Otto pole sulla stessa pista, nessuno mai prima. Poi ci sarebbero riusciti Schumacher a Suzuka e Hamiton a Melbourne. Dopo la prima vittoria di Senna (1988) e il dominio Williams (1992-93), siamo al 1994, annus horribilis. Con l’incidente a Rubens Barrichello il venerdì. Il brasiliano vola fuori alla Variante Bassa, si rompe il setto nasale e una costola. Al sabato, in qualifica, la Simtek di Roland Ratzenberger perde l’ala anteriore e si schianta alla Villeneuve. L’austriaco muore. Una cappa si stringe sul paddock e resterà lì, cupa. Al via J.J. Letho si pianta con la sua Benetton, Pedro Lamy lo tampona, i detriti feriscono alcuni spettatori. La gara è fermata. Riparte poco dopo, e al 4° giro, alle 14.18 del 1° maggio 1994, si spezza il piantone dello sterzo della Williams con cui il giorno prima Senna aveva staccato la sua ottava pole imolese. Contro il muro del Tamburello terminano l’epopea e la vita di uno dei più grandi di sempre. Quel giorno però è successa un’altra cosa passata in secondo piano: ha vinto Michael Schumacher. Non era la sua prima vittoria, era la terza su tre gare di quel 1994 in cui poi si è preso il primo dei suoi 7 titoli. Ma a ben vedere è stato un passaggio di consegne. Il resto evapora nella storia, fino all’annuncio di ieri. Imola e F.1 fanno di nuovo rima.