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 2020  luglio 25 Sabato calendario

Sui mercati l’incognita è il voto negli Usa

Non sono solo le tensioni crescenti tra Stati Uniti e Cina. Non è solo la chiusura del Consolato americano nella città di Chengdu. A creare apprensione sui mercati finanziari è quello che sta sotto le tensioni geopolitiche: cioè l’approssimarsi delle elezioni statunitensi, che tra 100 giorni indicheranno chi sarà il nuovo presidente tra Donald Trump e il democratico Joe Biden. Per le Borse, i due eventi, cioè la tensione crescente Usa-Cina e le elezioni, sono intrecciati l’uno all’altro: da un lato, i mercati preferiscono la rielezione di Trump (che ai loro occhi significa tagli fiscali e manovre espansive col turbo), dall’altro però temono le bizzarrie che il presidente possa fare (per esempio con la Cina) per risalire nei sondaggi che lo danno perdente. Nei prossimi mesi le Borse saranno dunque un po’ tra l’incudine e il martello. La seduta di ieri è forse l’antipasto di quello che potrà accadere fino a novembre: tensioni, volatilità e incertezza in un contesto di Borse pur sempre sostenute dall’abbondanza di liquidità e dalla speranza di nuove dosi di stimoli monetari da parte di Fed e Bce.
Voto e Borse, rapporto difficile 
Il periodo pre-elettorale per Wall Street (e poi per le Borse globali che vanno al traino) è storicamente delicato. Calcola Morgan Stanley che, se si esclude il 1996, in tutte le sei passate elezioni presidenziali le Borse hanno sotto-performato da agosto a novembre. Questo è dovuto, storicamente, a varie ragioni: all’incertezza, al fatto che nel periodo pre-elettorale il Congresso riduce l’operatività e al fatto che un po’ tutta l’attività economica rallenta il passo, in attesa di conoscere l’esito del voto. 
Quest’anno di ragioni per prendere una pausa dal rally ce ne sarebbero anche più del solito. Da un lato, c’è l’emergenza Covid, che soprattutto negli Stati Uniti mostra dinamiche preoccupanti. I mercati sembrano guardare altrove, ma tutti sanno che l’economia Usa (e globale) farebbe fatica a digerire un altro lockdown. Dall’altro lato, c’è l’economia in pesante recessione: è vero che negli ultimi tempi si sono visti segnali incoraggianti, ma i rischi congiunturali sono elevati. 
Inoltre, c’è il fatto che le Borse hanno corso molto nonostante la grave recessione. In Europa il listino di Francoforte è a soli 1,1 punti percentuali dai livelli di inizio 2020 e a soli 5 punti dai massimi storici toccati il 19 febbraio scorso. Wall Street è esattamente sui livelli di inizio anno e 4,4 punti percentuali sotto i massimi storici del 19 febbraio. Il Nasdaq è addirittura in rialzo del 16,6% da inizio anno, mentre le altre Borse sono più lontane. Milano, per esempio, è sotto del 13% da gennaio. Insomma: partendo da vette così elevate, bisogna dare alle Borse buone ragioni per correre ancora. Altrimenti la volatilità diventerà inevitabile. Soprattutto sotto elezioni. Soprattutto nei mesi estivi.
Tra l’incudine e il martello
In questo contesto incerto, cresce sui mercati la preoccupazione per la geopolitica e per la politica statunitense. «I mercati pronosticano la vittoria di Biden, più incline a una maggiore regolamentazione e all’aumento delle tasse in funzione redistributiva – osserva Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. I mercati però amano Trump che, numeri alla mano, ha portato forti tagli delle tasse e forte deregolamentazione. Da ultimo, non per importanza, la parziale caduta della Volcker rule». Dello stesso avviso Francesco Martorana, Ad di Generali Insurance Am: «Il mercato preferisce la rielezione di Trump, che è percepito maggiormente pro-business – osserva -. I democratici sono invece più portati alle riforme fiscali per la riduzione delle diseguaglianze: dal punto di vista dei mercati sono insomma meno business-friendly». E dato che i sondaggi danno in ampio vantaggio Biden, questo aumenta le tensioni sulle Borse.
Ma a fomentare la volatilità sono anche le problematiche politiche che l’avvicinarsi del voto comportano. Sul fronte interno, il “trimestre bianco” sta complicando lo stimolo fiscale da mille miliardi di dollari che Trump ha promesso. Qualche giorno fa, il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, ha ammesso che il pacchetto sta trovando difficoltà proprio sulla parte dei tagli fiscali sui redditi. Sul fronte internazionale, preoccupa l’escalation con la Cina che Trump, anche in chiave elettorale dato che su questo fronte l’elettorato americano è sempre stato dalla sua parte, potrebbe giocare proprio in vista del voto. Questi sono elementi che pesano sulle Borse e che potrebbero aumentare le tensioni. Smussate, però, dalla mano calda e rassicurante delle banche centrali.