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 2020  luglio 25 Sabato calendario

Periscopio

Conte è la persona più distante da me dell’universo. Si arrotola nella retorica, indefinita, magniloquente, vuota. Conte non dice e non decide mai niente. Carlo Calenda, leader di Azione (Alessandro Trocino). Corsera.
La sua massima preferita era: «Cura il tuo corpo, l’anima starà meglio». Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.

Il candidato di Fd’I (e quindi di Giorgia Meloni) in Puglia è Raffaele Fitto che, avendo militato a lungo nelle fila di Forza Italia, è il prototipo del perfetto berluscone, sempre pettinato, i pantaloni con la riga, mai la forfora sulla giacca. Fabrizio Roncone. Corsera.

Avere l’anima oggi è considerato impresentabile. L’imperativo è essere concreti. Andare al sodo. Ma se tu non hai un ideale, quando t’incazzi ti vien viene voglia di distruggere tutto, non di costruire qualcosa di migliore. È questo il problema di Grillo, Di Maio, Di Battista e Travaglio: non hanno l’anima. Vedono marcio ovunque. Vogliono farla pagare a tutti. Dal loro punto di vista, il bene non esiste. Non ci sono dei valori. Non ci sono ideali. Esiste solo il crimine e la forca. Per questo poi i voti vanno alla Meloni e Salvini. Sergio Staino, vignettista, autore di Bobo. (Nicola Mirenzi). Huffington Post.

Ad Andrea Ferro il ministero degli Interni era sempre piaciuto. Imponente, sinistro, in cima a un colle, gli ricordava il Potala. L’antro sul monte che domina Lhasa, da cui i Dalai Lama esercitavano spietatamente il potere prima che arrivassero i cinesi. Ma anche i palazzi di Ceausescu, quei falansteri da cui poteva venire in ogni momento un ordine di vita o di morte, la grazia o più facilmente la condanna. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Odio Roma dall’età di 15 anni, cioè da quando ci arrivai. Milano è una città mistica, ha l’anima, come San Pietroburgo. Invece Roma mi ricorda una frase di Theodor Adorno: «Volgarità è essere dalla parte della propria degradazione». I romani arrivano con un’ora di ritardo esibendo un sorriso compiaciuto, sfottono le vecchie per strada, hanno l’insulto per la donna sempre pronto. Barbara Alberti, scrittrice. (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Il mio piano per la riforma dell’informazione Rai fu impallinato subito. Esso prevedeva di:
- Ridurre l’esorbitante numero di edizioni dei Tg (da 27 a 12).
- Trasferire a Milano il Tg2, spina dorsale della rete più attenta ai giovani.
- Varare un TgSud per dare voce quotidiana a una metà del paese negletta.
- Sostituire la pletora delle sedi regionali con cinque strutture base e introdurre la figura del «redattore territoriale multimediale» presente in ogni capoluogo.
- Creazione di una sola Newsroom Italia con la fusione di Tgr e Rai News 24. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.

Speravo che il sindaco Veltroni ci consentisse una pausa dalle sue smanie sagraiole o festivaliere, quella sua fissazione di rendere la città borgatara e insieme multietnica, moltiplicando la chiassosa «insiemitudine» di notte, oltreché di giorno. Eppure, scriveva Seneca nella settima lettera a Lucillo: «Mi domandi che cosa si debba specialmente fuggire? Ti rispondo, la folla». Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.

Io e Indro Montanelli eravamo simili e tendevamo al pessimismo. Eravamo entrambi dei vecchi conservatori. Lui più anarchico, io più uomo d’ordine. Al referendum del ’46 votammo l’opposto: lui monarchia, io repubblica perché avevo forte il ricordo della vergogna di cui il re si era macchiato con l’8 settembre. Mario Cervi. (Giancarlo Perna). Libero.

Nella vita uno pensa di aver visto tutto e invece non hai visto niente, anche se hai 69 anni. Di virus, nella mia lunga vita professionale di medico e di primario ne avevo visti tanti, mai così: la solitudine dei pazienti mi ha devastata. E adesso non bisogna abbassare la guardia. Questo, del resto, lo si era capito già con la spagnola, dove la seconda fase fu peggiore della prima. Oggi non abbiamo altri strumenti di protezione che non siano le barriere e le distanze fisiche. Non abbiamo infatti ancora il vaccino. Daria Sacchini, ex primaria del reparto malattie infettive dell’ospedale di Piacenza, andata in pensione due anni fa e che ha volontariamente ripreso servizio per lottare contro il Covid (Elisa Malacalza). Libertà.

Dappertutto i maschi e le femmine erano separati. I bambini erano rumorosi, senza lacrime, sempre pronti a lanciare qualcosa, sassi, castagne, petardi, palle di neve pressata e dura, dicevano parolacce. Alle bambine, che ne avevano paura, veniva intimato di non imitarli, di prediligere i giochi tranquilli come il girotondo. Facevano la spia, incoraggiate dalle mamme e dalla scuola, la loro minaccia preferita era: «Io vado a dirlo». Annie Ernaux, Gli anni. L’Orma, 2008.

Mentirei se dicessi di non temere la morte, ma cerco di smorzare questa paura pensando che di noi continua a vivere ciò che riusciamo a lasciare in eredità, in termini di affetti, sentimenti, ideali e anche pensieri e conoscenza, a chi rimane dopo di noi. Per questo cerco di rendere il più possibile produttiva questa mia terza età. Silvano Tagliagambe, filosofo (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Il processo alla coppia Ceausescu fu rapido, sollecitato continuamente da Bucarest e da Mosca, con giudici arrivati in elicottero (in buona parte militari e amici di Iliesco). Nicolae ed Elena erano sconvolti, non ebbero nemmeno il tempo di rispondere alle domande della Corte, ingiuriati e strattonati, portati davanti a un muro della caserma e fucilati da paracadutisti arrivati da Bucarest. Le raffiche dei mitragliatori si susseguirono sui corpi a terra. Lo stesso 25 dicembre vennero portati in elicottero, avvolti nelle coperte militari in forma anonima e seppelliti in fretta e furia in un cimitero di Bucarest. Si è chiuso così un regime tirannico, durato ben 45 anni (fra cui 24 di potere assoluto del Conducator). Aldo Forbice. la Verità.

Un uomo integerrimo che fa politica perde il suo tempo. Roberto Gervaso. Il Giornale.

A volte, appetenza e incompetenza sono pura coincidenza. Dino Basili, Uffa news.

Per fortuna la popolazione milanese di quel tempo era in gran parte sfollata e quella che lavorava ancora in città ogni sera se ne allontanava con tutti i mezzi: così i morti del bombardamento alleato furono poco più di un migliaio, cioè molto pochi confronto all’enormità delle distruzioni. Un morto ogni cinquecento e più vani distrutti o danneggiati. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares, 1983 (33esima edizione).

Sono davvero preoccupato per il futuro di Greta, ignorantissima ragazza. L’unica cosa giusta che ha detto: «Dovrei essere a scuola, non qui». Mauro Della Porta Raffo. La Mescolanza.