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 2020  luglio 25 Sabato calendario

John Travolta si allontana da Scientology

Durango, Messico, 1975: sul set dell’horror Il Maligno John Travolta, allora 21enne e comprimario, si sente male. L’attrice Joan Prather, adepta di Scientology, gli somministra un «assist», cioè un gesto di guarigione: «Mezz’ora dopo stavo benissimo, e appena tornato a Los Angeles mi iscrissi a Scientology».
Da allora e per 45 anni il divo John Travolta è stato tra gli adepti più noti della «chiesa» fondata da L. Ron Hubbard; la moglie Kelly Preston, finché era in vita, diceva che «Scientology ci aiuta a vivere più felici e a essere più gentili con gli altri». Ma ora che lei è morta, dopo 28 anni di matrimonio, i segnali di un allontanamento di John Travolta dal culto sembrano molti.
Secondo i tabloid inglesi – il «fischio d’inizio» della congettura è stato dato ieri dal Daily Mail — starebbero tutti in un messaggio, pubblicato su Instagram il 12 luglio, dopo la morte della moglie. «La mia famiglia e io saremo per sempre grati a medici e infermieri del MD Anderson Cancer Center (un istituto in Texas, molto noto negli Usa, ndr)». Non una parola per la comunità religiosa. E un esplicito riferimento alla chemioterapia, a cui – tra le molte altre cose – Scientology sarebbe ufficiosamente contraria. Ufficialmente la Chiesa di Scientology indica ai fedeli di «usare trattamenti medici convenzionali per curare malattie e ferite»; il trattamento sarà parallelo a quello «del trauma spirituale», che invece compete alla «chiesa». Ma nella vasta letteratura di fuoriusciti e studiosi del culto abbondano le evidenze che la «diffidenza» del fondatore L. Ron Hubbard verso i farmaci in genere e in specie la chemio sia rimasta nei fedeli.
Non è un caso che già nel 2009 i tabloid inglesi urlassero al «divorzio» tra Travolta e Scientology: proprio quell’anno era morto suo figlio Jett, autistico, sbattendo la testa durante una crisi epilettica, e abbondavano le illazioni circa un rifiuto dei Travolta di curarlo con gli anticonvulsivanti indicati, giacché il culto non ammette che esistano disordini neurologici o che si possano trattare con farmaci.
In realtà Travolta ha spesso pubblicamente ringraziato Scientology «per avermi aiutato a far fronte ai miei lutti. Senza di loro non avrei mai superato la morte di Jett», questa è per esempio un’intervista del 2012. E nel 2016: «In quarant’anni Scientology mi ha aiutato a far fronte a tutti i miei lutti: mia madre, la mia fidanzata, ora mio figlio. Non mi hanno mai lasciato solo». Ancor più strano, dunque, che dopo la morte della moglie Kelly, fedelissima, Travolta non abbia speso una sillaba per la comunità religiosa.
Kelly Preston, del resto – sua moglie da 28 anni – era «la più devota dei due», racconta l’ex portavoce della chiesa Mike Rinder in un’inchiesta del Daily Beast. «Lui non lasciava la chiesa per lei».
Pare in realtà, dalle rivelazioni emerse nel documentario Going Clear (2015) e prima in un’inchiesta di Time (1991) che Travolta non lasciasse la chiesa perché ricattato: come molti altri membri celebri, ad esempio l’amico Tom Cruise, sarebbe stato oggetto di dossier dell’organizzazione, che minacciava di divulgare alcuni suoi video intimi, probabilmente omosessuali. Lui ha sempre smentito; e ha sempre ridimensionato le controversie sollevate negli anni circa l’adesione alla chiesa.
Come la storia – diffusa dall’attore Josh Brolin – di Travolta che a una festa «impone le mani» su Marlon Brando, per guarirne una ferita: Brando si sarebbe addormentato al solo tocco delle mani di John Travolta, che però ha sempre liquidato l’aneddoto come invenzione. O la voce, ripresa dagli immancabili tabloid, che all’attore sia stato attribuito il rango di Kha-Khan, che designa gli adepti più alti in grado nella chiesa e consente loro, se necessario, anche di uccidere.