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 2020  luglio 25 Sabato calendario

Le parole della nuova Guerra Fredda

Si deve parlare di riedizione della Guerra Fredda per la crisi tra Cina e Stati Uniti? Ci sono politologi ottimisti convinti che le due superpotenze non abbiano a disposizione coalizioni di Paesi amici per replicare lo scontro tra blocchi Est-Ovest. Mike Pompeo però ora parla di scontro tra ideologie, accusando Xi Jinping di essere «un vero credente del marxismo leninismo» e di «perseguire l’egemonia della Cina». Il dizionario della sfida è lungo e i termini e le cause si accavallano.


Supremazia economica
Tutto è cominciato nel 2016, quando Donald Trump in campagna elettorale prese a battere sullo «stupro dell’economia americana compiuto dalla Cina per anni, nell’inerzia delle passate amministrazioni». Entrato alla Casa Bianca, Trump ha prima blandito Xi, dichiarando ammirazione a amicizia per «il re della Cina». Poi ha mantenuto la promessa di presentargli il conto, imponendo i dazi su centinaia di miliardi di dollari di esportazioni cinesi. Xi Jinping aveva propagandato la «nuova era» e pianificato la strategia «Made in China 2025» per dare a Pechino il primato in campo tecnologico. Huawei ha rappresentato agli occhi di Washington l’avanguardia (e la quinta colonna) di questo progetto.


Impero marittimo
«Non permetteremo a Pechino di costituire un impero marittimo», ha detto Pompeo lo scorso 13 luglio. È stata la prima dichiarazione formale di Washington sul contenzioso che da anni oppone la Cina a Filippine, Vietnam, Malesia, Brunei, Indonesia nel Mar cinese meridionale. Pechino rivendica la sua «irrinunciabile sovranità storica» in base a una mappa sulla quale il governo nazionalista di Chiang Kai-shek, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, aveva tracciato nove tratti di penna nell’oceano. Quella «linea dei nove tratti» comprende gli arcipelaghi delle Paracel e Spratly (Xisha e Nansha in mandarino) e racchiude il 90% degli oltre tre milioni di chilometri quadrati del Mar cinese meridionale, una via d’acqua lungo la quale ogni anno passano 5 mila miliardi di dollari di merci e materie. E nei cui fondali si valuta che si trovino risorse naturali per 11 miliardi di barili di petrolio e migliaia di miliardi di metri cubi di gas. Navi e aerei americani e cinesi si rincorrono nell’oceano, a volte sfiorandosi e rischiando la collisione.


Taiwan e Hong Kong
Dice Xi, e non da oggi, che non si può lasciare la questione di Taiwan irrisolta. La riunificazione «inevitabile» dovrà essere ottenuta dalla Cina sotto la sua guida (che potrebbe essere a vita) con mezzi politici o anche militari. Ma imponendo la Legge di sicurezza nazionale a Hong Kong, Xi ha perso definitivamente la possibilità di convincere Taipei a discutere il modello «Un Paese due sistemi». Il leader cinese sta giocando su troppi tavoli e con troppi avversari allo stesso tempo. Ha ingaggiato la grande India e anche il minuscolo Bhutan in una ripresa di tensione al confine; ha riacceso il fronte Diayou/Senkaku con il Giappone, ha suscitato lo sdegno britannico per la normalizzazione dell’ex colonia hongkonghese.


Sospetti virali
Trump insiste a parlare di «virus cinese», per dare a Pechino la colpa del disastro dei contagi che stanno sommergendo gli Stati Uniti. Tra fine dicembre e metà gennaio, Pechino ha sottovalutato e forse anche nascosto la gravità della situazione a Wuhan. Ma poi la strategia di mettere in quarantena la città di 11 milioni di abitanti e la sua provincia di 60 milioni di anime ha funzionato. Ed è servita da insegnamento al mondo aggredito dal coronavirus. Pompeo ha parlato di «prove enormi» sulle colpe del famoso e famigerato laboratorio di Wuhan: ma non ne ha prodotto nemmeno una.


Spionaggio
L’ultimo campo di battaglia è il furto di proprietà intellettuale americana e ultimamente il presunto spionaggio cinese per impadronirsi degli studi americani sul vaccino anti Covid-19. Il consolato di Houston avrebbe dato appoggio agli agenti segreti, insinuati negli istituti americani. È emerso che l’Fbi ha interrogato cittadini cinesi in 25 città degli Stati Uniti, per non aver dichiarato «affiliazione passata o presente con le forze armate di Pechino». Tre sono stati arrestati: un medico il 7 giugno a Los Angeles; il 18 luglio in California e Indiana una neurologa e un esperto di intelligenza artificiale. Una quarta ricercatrice cinese, la biologa Tang Juan, diceva di non essere mi stata una militare, ma l’Fbi ha trovato sul web foto di lei, studentessa, in uniforme. Pareva fosse imprendibile, nascosta nel consolato di San Francisco, ma ieri è stata arrestata.


Muro e alberi
Osserva Orville Schell, direttore del Center for Us-China Relations alla Asia Society: «La gravità del confronto ha saltato il muro, da sfide specifiche e risolvibili siamo a uno scontro di sistemi e valori, c’è la causa, ma non l’abilità diplomatica per fermare la spirale». Xi Jinping, parlando a un gruppo di capitani d’industria statali ha detto: «Finché ci sono colline verdi, ci sarà anche la legna per il fuoco». «Se manteniamo la nostra strategia, troveremo opportunità nelle crisi e nelle turbolenze, il popolo cinese prevarrà di sicuro su ogni difficoltà e sfida sul percorso». Significa «Fiducia, fiducia e ancora fiducia», assicura la stampa statale. Ma anche consapevolezza della crisi.