La Stampa, 25 luglio 2020
Allarmi siam fascist*
Anche se non siete entomologi dei social, anzi entomolog*, vi sarà capitato d’imbattervi in parole scritte con l’asterisco al posto dell’ultima vocale. L’asterisco indica un plurale né maschile né femminile, poiché in italiano il plurale neutro finisce in -i, e coincide col maschile. Dunque è sessismo. Cioè, se scrivo cari amici intendo cari amici e cari amiche, ma il maschile che psicologicamente prevale sul femminile fa di me un fascio. Quindi scriverò car* amic*. Francamente non so se scrivendo car* lettor* sono lo stesso un po’ fascio, essendo il femminile lettrici, e qui l’asterisco fallisce. Comunque l’asterisco è perfetto anche nel singolare se converso con una persona fluida, cioè dal genere inespresso dalle rudimentali categorie maschio/femmina. Ma quando passo alla comunicazione orale? Su Facebook un’accademica della Crusca – dove ritengono oltraggioso per la nostra bella lingua se i ragazzi dicono spoilerare anziché svelare il finale – suggerisce l’uso dello schwa. È un fonema che si pronuncia a metà fra la a e la e come nell’inglese about, e si scrive e. Penso ai professori, anzi professor*, anzi professore. Quando vi rivolgete agle studente d’ora in poi dovete scrivere e dire studente. Forza, ripetete con me: «Ragazze, aprite il libro a pagina ventuno». Dai, dev’essere qualcosa fra ragazzae e ragazzea. Non è chiaro? Facciamo così: fino a ragazz ci siamo, poi dite una vocale che sia una specie d’abbozzo di sbadiglio, ragazzaoew. Vabbè, pensate a Stanlio e Ollio e sarà sufficiente. L’uditorio, maturo e consapevole, apprezzerà lo sforzo e non vi sputerà addosso: non è che potete diventare democratice dalla sera alla mattina, brutte fasciste.