il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2020
La Rai col buco: 50 milioni ora e 200 nel 2021
Sprofondo rosso Rai. Non è il remake del film di Dario Argento, ma la drammatica situazione dei conti della tv di Stato a fronte dell’emergenza economica post Covid, con relativo calo degli investimenti pubblicitari, che ha colpito tutte le tv, ma Viale Mazzini in particolare. A fine anno la previsione è di un meno 20% di pubblicità, circa 127 milioni in meno, visto che il bilancio pubblicitario 2019 è stato di 635 milioni. Per la tv pubblica, in generale, si prevede un bilancio 2020 con una perdita tra i 45 e i 50 milioni. Ma molto peggio potrebbe andare nel 2021, con un rosso di 200-220 milioni. Per questo motivo l’ad Fabrizio Salini sta cercando in tutti i modi di recuperare risorse. La situazione è talmente nera da essere stata oggetto di un’audizione in Vigilanza, mercoledì sera.
“Il costo per l’azienda durante il periodo di massima emergenza Covid (il trimestre marzo-aprile-maggio, ndr) è stato di 160 milioni, a causa del minor impatto della pubblicità e di altre voci”, ha spiegato Salini ai parlamentari. Da qui l’invito alla politica per il ritorno dei soldi dell’extra gettito, ovvero la parte di canone che il governo trattiene per sé – 102 milioni l’anno – e la riconsiderazione del prelievo del 5% sempre da parte dell’esecutivo, altri 84 milioni tolti alla Rai. “Solo in questo modo potremo affrontare il 2021, che al momento fa paura”, ha aggiunto l’ad. Recuperare l’extra gettito e altre risorse dallo Stato, dunque, ma anche muoversi su altre strade. Per questo Salini ha confermato il taglio del 15% alle produzioni e ai compensi, sforbiciata che produrrebbe un risparmio di circa 20 milioni. Da qui, però, la preoccupazione di Riccardo Laganà sul fatto che a farne le spese siano i dipendenti. “Trovo inaccettabile anche solo pensare che a pagare la crisi siano, come al solito, i lavoratori del servizio pubblico, che durante la pandemia hanno garantito offerta e qualità nella produzione Rai”, ha dichiarato il consigliere.
L’intenzione di Salini, però, è anche quella di tagliare sulle produzioni esterne. “Ormai l’80% dei programmi è realizzato all’interno”, ha sottolineato l’ad. Ma ai piani alti di Viale Mazzini si stanno valutando pure altre azioni. Per esempio stoppare il canale in inglese e quello istituzionale, entrambi bloccati per motivi diversi. O annullare il concorso per 90 giornalisti delle sedi regionali, visto che sono appena stati regolarizzati 230 precari. Ma su questo fronte “si sta ancora valutando”. Una voce su cui si potrebbe invece sforbiciare sono gli 80 milioni di consulenze esterne. Basti pensare, ad esempio, che Unomattina vanta 28 tra autori e collaboratori esterni, 32 invece quelli a La Vita in diretta. Insomma, le voci su cui Salini può metter mano sono tante. “Non vogliamo che la Rai diventi una nuova Alitalia”, si è spinto a dire il pentastellato Emilio Carelli in Vigilanza. Un paragone davanti al quale tutti si sono precipitati a fare gli scongiuri.
Nel frattempo a Viale Mazzini si ragiona sugli ascolti, strettamente legati agli introiti pubblicitari. A preoccupare, al momento, sono gli scarsi risultati del day time estivo di Raiuno, dove l’unico programma a far numeri (poco meno di 1 milione e mezzo di telespettatori) è quello di Pierluigi Diaco, già tagliato dal palinsesto autunnale da Stefano Coletta. Nel Cda del 29 luglio, infine, è previsto un altro giro di nomine, con il nuovo direttore di Rainews (Vianello o Montanari, con Di Bella che si sposta a New York), mentre è lotta feroce sulle vicedirezioni di rete, specialmente su Angelo Mellone (molto spinto da Fdi) a Raiuno, su cui si sono alzate le barricate di 5 Stelle e Pd.