La Gazzetta dello Sport, 23 luglio 2020
Cronaca della stagione del Milan
Un anno vissuto pericolosamente. Con un lieto fine che ormai nessuno si aspettava. E che sarà molto lieto, se farà rima con Europa League diretta, senza passare per i fastidiosi e pericolosi preliminari. Dall’estate scorsa a oggi, è successo di tutto al Milan: allenatori saltati, dirigenti saltati, polemiche interne, tregue, sbarchi vip, nuovi tecnici annunciati con troppo anticipo, allenatori delegittimati e poi riabilitati in pompa magna nel giro di una notte. In questo quadro, la squadra: il crollo, la leggera ripresa che non accontentava nessuno e l’inattesa rinascita, con tanto di fuochi d’artificio. Alla ripartenza dopo il lockdown il Milan ha stupito tutti diventando una macchina da gol: una metamorfosi che ha fatto del Diavolo la squadra più in forma del campionato insieme con l’Atalanta. Come un romanzo di quelli poderosi, c’è tanto da raccontare di questi mesi.
Vai con Giampaolo
Estate 2019: Ivan Gazidis, uomo di fiducia del gruppo Elliott sbarcato nel dicembre 2018, comincia la sua prima stagione di governo rossonero dall’inizio. Paolo Maldini è pronto ad avere più poteri decisionali. Chiama ad affiancarlo un’altra colonna storica, Zvone Boban, con il suo avallo sceglie Marco Giampaolo per la ricostruzione. La strada è segnata: cercasi un Milan nuovo, giochista, che abbia un occhio di riguardo per i baby talenti come Rafael Leao. Sembra tutto chiaro, inclusi i ruoli dirigenziali. Sembra. Giampaolo non trova la formula, si incartoccia sui suoi schemi, non riesce a trasferire i suoi concetti di calcio. E il Milan non decolla, anzi. Ed ecco l’esonero sprint, completamente fuori tempo rispetto allo stile e alla tradizione del Milan. I dirigenti individuano in Luciano Spalletti l’uomo adatto, ma lui sotto contratto con l’Inter preferisce restare com’è, come Allegri ancora legato alla Juventus. La scelta allora cade su Stefano Pioli, definito un “normalizzatore”. Ai piani alti non è che siano tanto contenti, Maldini e Boban difendono la scelta. I segnali di reazione sono pochi, l’autunno diventa inverno e il Milan conosce la sua giornata peggiore nel fortino dell’Atalanta, sotterrato da cinque gol. Curioso, giusto la prima sfida che Pioli affronterà da allenatore confermato. Comunque, stanno già girando le prime voci di un interessamento del Milan per Ralf Rangnick, detto in Germania il Professore. Un tipo alla Sacchi, maniaco dell’organizzazione, che Gazidis avrebbe voluto con sé già ai tempi dell’Arsenal. Una scelta non condivisa con i manager dell’area tecnica, che fra l’altro avrebbero apprezzato anche un impegno economico e scelte diverse già nel mercato estivo. La forbice fra la visione di Maldini e Boban e quella di Gazidis e della proprietà si allarga in fretta.
Ibra e Boban
In un clima a dir poco elettrico, in gennaio sbarca a Milano la vecchia conoscenza Zlatan Ibrahimovic, chiamato dagli ex big ora dirigenti con un contratto di sei mesi per salvare la patria. Qualcuno arriccia il naso: ha 38 anni, ha giocato in Usa le ultime stagioni, in un campionato poco allenante. Altri sono entusiasti: l’uomo giusto per dare la sveglia a questi psico-labili di giocatori. Nel frattempo, mentre Pioli cerca a fatica di riportare la squadra sulla rotta europea, il nome di Rangnick continua a circolare e Maldini decide di uscire allo scoperto parlando a Sky: «Con tutto il rispetto, non è un profilo giusto da associare al Milan».
La risposta di Ivan
L’a.d. Gazidis risponde in un forum alla Gazzetta dello Sport, durante il quale non nega contati con il manager tedesco e espone la sue teorie facendo finta che vada tutto bene. Ma il caos interno è evidente, tanto che Boban replica in un’intervista esclusiva ed esplosiva sempre alla Gazzetta, dove spiega perché secondo lui la dirigenza ha mancato di rispetto allo staff tecnico contattando Rangnick per qualcosa che è ben più, a suo parere, di uno scambio di visioni del calcio. Risultato: Boban licenziato. Intanto Re Zlatan non fa in tempo a smentire i detrattori o i fan che irrompe la tragedia del Covid. L’Italia è in una bolla, il calcio è in una bolla. Ma è tutto il mondo a doversi bloccare.
Ribaltone
Allenamenti in videoconferenza, incertezze sulla ripresa del campionato, paure per il futuro del calcio si intrecciano mentre il Milan si interroga sul da farsi. Perché l’ultima partita prima della chiusura è una brutta recita: la squadra di Pioli perde in casa contro il Genoa e non lascia un buon ricordo a tifosi e dirigenti durante i mesi di stop. E nello stesso periodo si rafforzano le voci su Rangnick. Il manager-allenatore tedesco, interpellato, fa capire che i contatti ci sono e sono ben più che avanzati. Pioli vive il lockdown con cattivi pensieri ma poi arriva finalmente la ripartenza del campionato.
Sprint
E la storia si conosce bene. Con il trascinatore Ibrahimovic, un gioco finalmente chiaro e gente come Calhanoglu e Kessie che a fianco dello svedese sembra rinata, il Milan si scatena: inanella vittorie su vittorie, segna tanto, mentre prima della sospensione il gol sembrava sempre un problema di difficile soluzione. Se il campionato fosse cominciato a giugno, il Diavolo sarebbe in testa con l’Atalanta. Ma sembra che a Gazidis non basti questo risorgimento in grande stile e con un gioco convincente, Pioli resta nonostante tutto un “dead coach walking”. Invece no, invece l’uomo Elliott sta già tornando sui suoi passi. Le idee cambiano. E l’altra notte, mentre Pioli con la mano di Ibra sta battendo un’altra delle più in forma, il Sassuolo, arriva la notizia della conferma del tecnico. Pioli aveva trovato l’accordo senza fare pubblicità a Milanello, Ibra cade dalle nuvole. Ora vedremo che cosa succederà allo svedese e come il Milan chiuderà il campionato. Quest’anno vissuto pericolosamente ha ancora delle sorprese in serbo, ne siamo certi.