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 2020  luglio 23 Giovedì calendario

Il ritorno degli Zero Assoluto. Intervista

Sono stati gli idoli di una generazione, quella delle ragazzine cresciute con Mtv e Top of the pops, prima che i social cambiassero per sempre il rapporto tra fan e artisti. Con hit come Semplicemente, Svegliarsi la mattina, Per dimenticare e Grazie, nella seconda metà degli Anni Duemila, si sono inventati un nuovo stile unendo cantautorato, pop e rap e mettendo in musica la quotidianità dei ragazzi (molto prima di Coez, Carl Brave, Franco126 etc.), tra problemi di cuore e promesse fatte legando lucchetti ai lampioni (per Federico Moccia hanno firmato nel 2010 la colonna sonora di Scusa ma ti voglio sposare facendosi vedere in un bar per pochi istanti). Ora, interrompendo quattro anni di silenzio (l’ultimo album, Di me e di te, uscì nel 2016), gli Zero Assoluto tornano insieme e collaborano con i nuovi idoli della Capitale. Il duo, in realtà, non si è mai sciolto: «Compiuti 40 anni ci siamo fermati per fare altro», spiegano Thomas De Gasperi, 43 anni, e Matteo Maffucci, 42. Il primo ha fondato nel 2017 un’agenzia di comunicazione e affiancato come consulente giovani star del web. Il secondo – oggi padre di due figli, nati dall’unione con la modella Milena Di Bella – si è buttato sugli sport elettronici. Domani esce un nuovo singolo, Fuori noi. E con loro c’è anche Gazzelle, romano, classe 89. 
In molti vi davano per finiti: cos’è successo? 
«Dopo vent’anni di carriera vissuti senza soste, ci siamo ritrovati adulti senza essercene resi conto. Ci siamo guardati negli occhi: Forse è il caso di prenderci una pausa. Pensavamo di aver detto tutto». 
Una pausa così lunga l’avevate preventivata? 
«No. Rimandavamo perché troppo presi dalle altre attività, che ci hanno dato – e continuano a darci – grandi soddisfazioni».
Quando avete capito che i tempi erano maturi? 
«Durante la quarantena. Chiusi in casa, abbiamo suonato sui social con alcuni nuovi cantautori: da Peter White a Cannella, passando per Gazzelle. Ricantando i nostri pezzi abbiamo capito che l’affetto non era svanito: è scattato qualcosa».
E la musica, in questi quattro anni? 
«Abbiamo continuato a scrivere confrontandoci con autori più giovani. Un modo per metterci in discussione». 
Gazzelle come lo avete scoperto? 
«Fu lui a contattarci, due anni fa, su Instagram: Sono cresciuto con voi, mi piacerebbe avervi come ospiti del mio concerto a Roma. È nata una bella amicizia». 
Dev’essere stata una soddisfazione, per voi. 
«Sì. Nella storia della canzone romana noi siamo l’anello di congiunzione tra gli Anni 90 e Calcutta e Paradiso ed è bello quando ce lo riconoscono. Il nostro cantautorato intimista ha anticipato i tempi: gli indie sono nostri fratellini». 
Alcuni storcono il naso quando vengono accostati a voi: come Carl Brave e Franco126: il motivo? 
«Non lo sappiamo. Forse loro no, ma di sicuro tanti hanno preso dal nostro stile e fanno un po’ gli snob». 
Le critiche sono state una costante per voi: perché? 
«Non ci capivano: la nostra scrittura, minimalista e romantico, rispecchiava lo stato d’animo dei ragazzi dell’epoca, che avevano smesso di ascoltare il pop perché pieno di luoghi comuni». 
Nel 2005 provaste a partecipare a Sanremo con Semplicemente, ma Paolo Bonolis – quell’anno conduttore e direttore artistico – vi scartò: reazione?
«Parlano i fatti. La canzone restò trenta settimane in classifica e risultò essere tra le più vendute dell’anno, davanti a Robbie Williams e Shakira. Angelo di Renga, che vinse, dovette accontentarsi del 25esimo posto. Fu una rivincita». 
A Sanremo partecipaste l’anno successivo, con Svegliarsi la mattina. E anche in quel caso, giù critiche.
«Ci presero di mira per il turuturututtu del ritornello. Però tanti colleghi molto stimati erano con noi. Come Niccolò Fabi, al nostro fianco nella serata dei duetti».
C’era anche chi vi prendeva in giro perché diceva che le vostre erano canzoni prive di contenuti, buone solo per i film di Moccia. 
«Noi pensavamo a scrivere pezzi onesti. Le vendite ci premiavano: evidentemente il pubblico non la pensava come la critica».
Dall’epoca sono cambiate molte cose. La comunicazione, ad esempio. 
«Giravamo come trottole per promuovere i dischi: Festivalbar, Top of the Pops, Mtv. Adesso con una storia su Instagram o un video su TikTok diventi virale».
Com’è cambiata da allora la vostra Roma?
«Prima era più romantica e innocente. Si è incattivita».
E il linguaggio delle canzoni?
«Il nostro era semplice ma non banale. Ora è aggressivo: basti pensare alla trap. Speriamo torni il romanticismo». 
E la discografia?
«Tutto diverso. Ci si poteva permettere di sparire, ogni tanto. Oggi se lo fai sei finito». 
Come ci si orienta in un panorama del genere? 
«Abbiamo deciso di non seguire logiche o strategie. Nei prossimi mesi faremo uscire altre canzoni inedite che anticiperanno una raccolta: abbiamo rifatto le nostre hit insieme agli emergenti che ci piacciono». 
Andrete a Sanremo 2021?
«L’idea è quella di rimettere in circolo un po’ di musica per farci trovare pronti».