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 2020  luglio 22 Mercoledì calendario

Gli abiti lunghi cinque metri di Valentino

Abiti lunghi cinque metri. Che fluttuano nell’aria e riempiono uno spazio che non è più quello di prima. Volutamente candidi. Allegoria del foglio bianco sul quale Pierpaolo Piccioli riscrive un nuovo inizio per Valentino, alla ricerca di proporzioni e costruzioni diverse. Non solo. Lo stilista decide anche che l’intervento umano (ricami, stampe, colori) dialoghi con il digitale e fa entrare nel processo creativo la visione di Nick Knight, l’artista inglese del virtuale. Sceglie poi Cinecittà per presentare la sua alta moda e una frase di Pierpaolo Pasolini a rafforzare il senso: «Non vogliamo essere subito già senza sogni». «Perché è questo che voglio – aggiunge —: rimettere la moda al centro, dare un segno forte e regalare un sogno contemporaneo». E idealmente lo stilista si fa piccolo accanto ai maestosi abiti: «Per superare il limite del momento che stiamo vivendo».
Studio 10, dunque, interno notte e poi terra, fuoco, acqua e aria che irrompono nel video di Knight animando gli abiti con effetti speciali: le fiamme infiammano le crinoline, i flutti irrompono sulle sottane, il vento anima le piume e le sabbie percorrono le ruche. Poi il buio. Il sipario si apre e l’occhio di bue illumina a una a una le quattordici incredibili creazioni indossate da altrettante top che stanno lassù, sospese fra terra e cielo. Ci sono volute anche 3800 ore di lavoro e più di 400 metri di stoffa per ognuno: «É un sogno che è una magia, fatta del valore delle persone: ad certo punto ho persino detto alle mie sarte di lasciar perdere gli orli, di tagliarli al vivo, ma loro mi hanno guardato malissimo. E sono andate avanti, inventandosi qualsiasi cosa, pur di riuscirci. Così hanno posizionato le modelle di atelier sopra a tavoli e sedie pur di farlo. O per realizzare le sottogonne di crinoline si sono inventate una tecnica che ricorda quella dei bicchieri per i bambini, quelli che si srotolano». E a Piccioli piace parlare di un «nuovo Umanesimo» e di una rinascita della creatività che si è piegata al marketing. «Valorizziamo l’arte delle botteghe».
Anche il titolo della performance contiene un messaggio: «Grace and light», «grazia e luce»: «Già una parola che non si usa più ma che è così profonda: la grazia che non è legata alla bellezza è qualcosa che fa parte dell’animo. E mi vengono in mente certi quadri di Piero della Francesca. Mi piace l’idea di riparlarne, di rivedere la grazia ovunque. Anche alla fine nella semplicità di questi capi che risolvono la complessità e tecnicismi inutili». É il momento della riflessione, tutto e tutti stanno cambiando, più buoni e più bravi: «Quello che è cambiato è che non mi interessa proprio quello che fanno gli altri. Mi interessa solo il nostro percorso, ognuno fa il suo ed è giusto cosi».