la Repubblica, 22 luglio 2020
Sfida su Marte, Pechino parte a razzo
La prima a decollare due giorni fa è stata Al-Amal, cioè “speranza”, la missione degli Emirati. Ma i suoi obiettivi sono limitati: una sonda orbiterà attorno a Marte per studiarne l’atmosfera. La vera corsa al Pianeta Rosso, quella che punta alla superficie, alla ricerca di tracce di vita passata o elementi per una colonizzazione futura, inizierà nelle prossime ore e vedrà impegnate le due superpotenze, rivali anche tra le stelle. Sull’isola di Hainan la Cina ha già messo in rampa il razzo di Tianwen, la “domanda al cielo”, da domani ogni momento sarà buono per lanciarlo. La prossima settimana a Cape Canaveral gli Stati Uniti faranno lo stesso con Perseverance. Le navicelle delle due Agenzie spaziali dovrebbero entrambe raggiungere l’orbita di Marte a febbraio. Entrambe faranno atterrare un “lander” sulla superficie. Entrambe libereranno un mezzo robotico, un “rover”, per studiarla. Missioni parallele, sfida di scienza e tecnologia.
Il traffico verso Marte ha ragioni astronomiche: questo periodo, che torna ogni 26 mesi, è quello in cui il corpaccione rosso è più vicino alla Terra. Ma il fatto che Cina e Stati Uniti lo approccino in contemporanea è l’emblema di un confronto totalizzante. Per la Nasa non è certo una prima volta: l’esordio su Marte risale al 1976, allora si correva contro i russi. Qui la grande novità è la Cina, perché il programma con cui Xi Jinping vuole renderla una “potenza spaziale” entro il 2049, nonostante qualche incidente, procede spedito. L’anno scorso la Cnsa, l’Agenzia cinese, è stata la prima a far atterrare una navicella sul lato “oscuro” della Luna, impresa magnificata dalla propaganda ben oltre il suo valore scientifico. Ora Marte eleva la difficoltà al quadrato: al primo approccio Pechino tenta subito di esplorarne la superficie, impresa mai riuscita neppure ai sovietici. E pazienza se il robot americano è quattro volte più grosso (una tonnellata contro 240 chili) e pure dotato di drone per l’esplorazione aerea. L’importante è giocarsela.
Lo Spazio è una di quelle frontiere in cui la Cina sta rapidamente riducendo la distanza dagli Stati Uniti. Se tutto andrà bene, Marte sarà una medaglia da appuntarsi al petto, l’ingresso nell’elite dell’esplorazione celeste. Un club a due, con gli altri Paesi a fare al massimo da assistenti. Ma non è solo immagine, né solo scienza. Marte è anche un banco di prova per tecnologie di automazione, propulsione, trasmissione e ingegneria che potrebbero tornare utili in cielo o in terra, in pace o in guerra. Occhio al ritmo del programma spaziale cinese, appena inserito tra i “nuovi” investimenti con cui rilanciare l’economia convalescente. Il prossimo anno Pechino inizierà a comporre la sua stazione orbitante, che farà concorrenza a quella internazionale (a guida americana), mentre una società privata testerà un razzo riutilizzabile, come quelli di Elon Musk. Attorno al 2030 la Cnsa vuole portare il primo cosmonauta sulla Luna. Nel frattempo è stata completata la costellazione di satelliti per la geolocalizzazione BeiDou, alternativa al Gps americano, fondamentale per garantire mappe accurate a civili e militari. Insomma nei cieli Pechino sta componendo un’intera infrastruttura, capace di rivaleggiare con quella statunitense.
Per questo Trump ha rilanciato con Artemide, missione che entro il 2024 metterà in orbita una stazione attorno alla Luna e riporterà gli astronauti Usa a calpestarne il suolo. A bordo è salita anche l’Italia, riducendo la cooperazione con i cinesi. La corsa alle stelle è partita, Marte è solo una tappa.