ItaliaOggi, 21 luglio 2020
Il Corno d’Africa si staccherà
Un’Africa più piccola, una nuova grande isola e un nuovo oceano. È quanto prevedono gli scienziati per il futuro del Continente nero. Tra dieci milioni di anni il Corno d’Africa si staccherà: la spaccatura tettonica tra Etiopia e Somalia, uno dei punti geologicamente più attivi del pianeta, continua a muoversi e attraverso le ultime misurazioni satellitari è stato possibile vedere nel futuro del grande rift africano, dove il continente si sta dividendo.Nella regione degli Afar, nell’Africa orientale, c’è il punto in cui attualmente tre placche tettoniche sono a contatto, placche che però si stanno lentamente staccando l’una dall’altra. Ora questa attività geologica è visibile in una spaccatura terrestre lunga oltre 60 chilometri nel deserto etiope, ma come ha riportato la Nbc, tra milioni di anni la divisione sarà netta tanto da poter dar alla luce un nuovo oceano, con Etiopia ed Eritrea separate dal continente africano e il Mar Rosso che sarà collegato al nuovo oceano.
«Questo è l’unico posto sulla Terra in cui puoi studiare come la spaccatura continentale diventa una spaccatura oceanica», ha detto Christopher Moore, ricercatore all’università di Leeds, nel Regno Unito, che ha utilizzato un radar satellitare per monitorare l’attività vulcanica nell’Africa orientale associata alla frattura del continente. La regione degli Afar è quindi un laboratorio unico per studiare i processi tettonici: i movimenti della placca nubiana, di quella somala e di quella araba permettono agli studiosi di capire i processi coinvolti nella formazione e nello sviluppo della crosta terrestre. Per avere un nuovo oceano in Africa serviranno tra i 5 e i 10 milioni di anni, seguendo un percorso simile a quello che, negli ultimi 30 milioni di anni, ha coinvolto la placca araba dando origine al Mar Rosso. Ma placca somala nell’Africa orientale si sta allontanando anche dalla piastra nubiana, staccandosi lungo la Rift Valley dell’Africa orientale, che si estende attraverso l’Etiopia e il Kenya.
Negli ultimi anni, gli strumenti Gps hanno rivoluzionato questo campo di ricerca, consentendo agli scienziati di misurare con precisione il modo in cui il terreno si muove nel tempo, ha affermato Ken Macdonald, geofisico marino e professore emerito presso l’università della California. «Ora possiamo misurare le velocità di movimento fino a pochi millimetri all’anno», ha sottolineato, «e quindi possiamo avere un’idea molto più ampia di ciò che sta accadendo. Il Golfo di Aden e il Mar Rosso si sommergeranno nella regione degli Afar e nella Rift Valley dell’Africa orientale e diventeranno un nuovo oceano, e quella parte dell’Africa orientale diventerà il suo piccolo continente separato».
Le rilevazioni con il Gps aiutano, ma le verifiche sul posto non sono certo agevoli. Le condizioni ambientali di questa regione africana sono al limite: grande caldo durante il giorno, temperature in picchiata alla notte, terreni impervi e pericolosi. Non a caso, come ha ricordato Cynthia Ebinger, geofisica dell’università di Tulane a New Orleans, che ha condotto numerose campagne di ricerca sul campo nella regione degli Afar, questa zona è stata ribattezzata «l’inferno di Dante». Ebinger sta cercando di capire che cosa alimenti il rift e se nel futuro si possano verificare eventi estremi tali da accelerare il processo. Le varie placche si stanno muovendo a velocità diverse e sono quindi in gioco più forze.