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 2020  luglio 21 Martedì calendario

Amazzonia, tutti contro Bolsonaro

Il mondo mette alle strette il Brasile sull’Amazzonia e per la prima volta nel governo Bolsonaro ci si inizia a preoccupare per ritorsioni e ripercussioni economiche. In un anno e mezzo c’è stato un aumento impressionante di roghi e invasioni di terre per far spazio a campi di soia e giganteschi allevamenti di carne bovina. Buchi nella foresta che sono continuati anche in piena pandemia Covid19. Appena finita la stagione delle piogge, si teme ora un nuovo boom di incendi dolosi come quelli dell’estate 2019. Ma adesso ad alzare la voce è anche il gotha della finanza internazionale e diversi governi europei. Grandi fondi come l’americano BlackRock e il fondo pensioni della Norvegia hanno minacciato di disinvestire le loro posizioni in Brasile. «L’aumento della deforestazione crea un clima di incertezza per chi investe in Brasile». Come dire, se non fate qualcosa possiamo pure dirottare i nostri soldi altrove e si tratta di decine di miliardi di dollari, facendo riferimento alle parole del ministro dell’ambiente Ricardo Salles che ha suggerito di approfittare della pandemia per alleggerire la legislazione ambientale a colpi di decreti. «Dobbiamo passare la "boiada"»; apriamo le stalle per far passare tutta la mandria. Poi ci sono i parlamenti europei che minacciano di non ratificare l’accordo siglato l’anno scorso tra Ue e Mercosur. Olanda, Francia, Austria sono in prima fila, ma il malcontento è generale e potrebbe affossare un’intesa economica raggiunta dopo 20 anni di trattative. A Brasilia la cosa preoccupa, ma questo non impedisce che si metta in scena l’ennesimo gioco delle parti tra le diverse anime del governo. Il vicepresidente brasiliano Hamilton Mourao ha promesso un impegno serio per evitare roghi, confermando la presenza dell’esercito. «Difendere l’Amazzonia è una nostra priorità». Il giorno dopo Jair Bolsonaro ha tuonato contro la «setta ambientale internazionale». «In Europa ci criticano, ma loro non sono stati capaci negli ultimi 300 anni di difendere le loro foreste». Negazionista con il coronavirus, il presidente lo è anche sull’Amazzonia; se i dati ufficiali non piacciono vengono allontanati i responsabili che li hanno diffusi, come dimostra il recente licenziamento della responsabile dei rilevamenti satellitari. 
Il Brasile, in ogni caso, rischia grosso; in gioco c’è la sua credibilità sui mercati finanziari internazionali e si temono anche nuovi boicottaggi di consumatori organizzati da Berlino a Londra a New York. La rivista Science ha pubblicato uno studio dal titolo «Le mele marce dell’agroindustria brasiliana» dove si dimostra che il 20% di carne e soia brasiliana venduta in Europa proviene da terre deforestate. «Otto produttori su dieci - spiega il ricercatore Raoni Rajao - fanno le cose in regola; devono capire che potrebbero essere colpiti per colpa degli altri. Ma la verità è che finché ci saranno compratori che non si fanno scrupoli le cose non cambieranno». Il dito è puntato sulla Cina, ma anche sull’Italia, prima compratrice europea di carne brasiliana, settemila tonnellate delle quali provenienti da terre rubate alla foresta. Amnesty International accusa il colosso JBS, che in Italia produce una nota marca di bresaola con carne brasiliana, che ha dichiarato di non essere in grado di controllare i suoi fornitori esterni. 
Spaventa l’idea di perdere i mercati europei, ma bisogna considerare che i grandi clienti delle commodity brasiliane sono altrove. La Cina ha aumentato i suoi ordinativi con la pandemia e la guerra commerciale con gli Usa. Da Hong Kong, Egitto, Iran, Cile, Giappone non sono arrivate grandi proteste. La lobby dell’agrobusiness nel congresso brasiliano preme per un condono delle terre occupate illegalmente e nuove aperture nelle riserve indigene. 
Solo nelle terre Yanomani operano ventimila garimpeiros, i cercatori d’oro ed è difficile cacciarli perché protetti dai potentati locali. Il problema è economico e politico, ancor prima che ambientale e le possibili soluzioni pure; la difesa dell’Amazzonia oggi passa da Wall Street, Bruxelles o da grandi influencer globali come la top model brasiliana Gisele Bundchen, che per i suoi 40 anni ha annunciato che pianterà 40 mila alberi nelle terre del fiume Xingu, una delle regioni più colpite. L’estate dei roghi è appena iniziata, ma questa volta le pressioni commerciali su Brasilia spaventano di più rispetto ai soliti appelli di ecologisti ed amici dei popoli indigeni.