Corriere della Sera, 21 luglio 2020
Intervista a Nicola Savino
Chi guadagna di più?
«Ancora lui!».
Non si butti giù. Lei fa tante cose in tv...
«Credo di averlo lambito per un paio d’anni. Ha presente quando il piccolino fa un salto e riesce a toccare la rete del canestro?».
Le cose sono molto cambiate da quando Nicola Savino era l’Uomo della strada al quale Linus, già direttore artistico di Radio Deejay, chiedeva pareri nel suo Deejay chiama Italia. Era il 1996. Ai tempi Nicola faceva il regista del programma, ma quei contributi estemporanei posero le basi del sodalizio radiofonico che dura ancora oggi.
Ricorda cosa le chiese Linus la prima volta come «Uds»?
«Onestamente no. Però se lui parlava di Nba, io dicevo che mi interessava cosa aveva fatto l’Inter. Sono sempre stato contrario all’autoreferenzialità, ho l’ossessione per la didascalia, arrivare a tutti».
I suoi genitori speravano in una professione più convenzionale. Sua madre Pina, arresa all’evidenza, cosa disse?
«“Va bene. Ma ricordati che di Renzo Arbore ce n’è solo uno”. Per me fu uno stimolo».
E di Linus cosa diceva?
«C’è una frase drammatica, come solo lei poteva dire sul letto di morte: “Ricordati che Linus ti vuole bene”».
E suo padre Francesco, ingegnere dell’Eni?
«Una volta mi sgridò perché avevo detto a Sepùlveda che era stato detenuto da quel “bastardo” di Pinochet. Lui, uomo di sinistra, disse che in diretta dovevo restare equilibrato. Sono mancati uno dopo l’altra, mamma nel 2013, papà nel 2014: una doppietta devastante».
Ha mai pensato di lasciare la radio?
«Ogni tanto. Però so di essere in una posizione di grande comfort. Ho ricevuto proposte da tutte le altre radio, ma ho capito che volevano solo togliere un piede al tavolo. Nel caso mio e di Linus, uno più uno fa cinque, non due. Anche Mick Jagger ha fatto cose da solista, ma non belle come con i Rolling Stones».
È lei Jagger?
«Io sono Keith Richards!».
La puntata più difficile?
«Il 12 settembre 2001 o il 10 marzo 2020. Tutte quelle dopo una sciagura. Linus, a dispetto del nome da fumetto, è l’unico dj capace di cambiare registro. È per questo che gli sto attaccato come una cozza, è molto più bravo di me».
La puntata più divertente?
«Mah, tutte. Poi ci sono quelle con ospiti speciali. Henry Winkler, il Fonzie di Happy Days, profumava di santità. Alcuni erano così illuminati che non potevi non notarlo. Penso a Peter Gabriel che ci raccontò di quando aveva fatto il bagno nudo nel fiume con il padre... O Robbie Williams, che conoscevamo dai tempi dei Take That. Lui è come Berlusconi, si ricorda tutto: ci chiese dei figli, a me dell’Isola dei Famosi... Poi dopo aver messo le cuffie si guardò intorno come per prendere le misure e in onda fu un entertainer puro».
Lei e Linus in cosa siete uguali e in cosa diversi?
«Tifiamo squadre diverse! Siamo entrambi meridionali di Milano, figli della periferia, abbiamo obiettivi chiari e i piedi per terra. Siamo sportivi, ma lui è metodico, ha quaderni dove annota tutto. Io viaggerei sempre, lui no».
Tra due anni farete le nozze d’argento. Fuori dalla radio, però, non vi frequentate.
«Un po’ è per proteggere l’intesa professionale. Una volta intervistammo i Depeche Mode. Uno viveva a Londra, uno a New York e uno a Los Angeles. Ecco, il segreto della longevità dei gruppi è dormire in letti separati».
E se sua figlia Matilda si fidanzasse con Michele, il più giovane dei ragazzi di Linus?
«Diciamo che, nonostante lui voglia fare il deejay, e lo sanno tutti che non bisogna mai fidanzarsi con un deejay, non avrei nulla in contrario».
Ogni tanto litigate?
«Ma sì, sempre per stupidate e con l’aggravante dei futili motivi. Ormai siamo due vecchi, non abbiamo più zone d’ombra. A volte è un padre o un fratello maggiore. È un mio collega ma anche un amico su cui so di poter contare».
Che regali vi fate?
«Lui ci pensa bene. Quest’anno mi ha regalato dei vinili importanti, uno era Una donna per amico, l’altro era dei Joy Division. Io gli regalo i pupazzetti dei cantanti che tiene in radio. Ma uno bello è stato un tabook sull’incontro tra George Foreman e Muhammad Ali a Kinshasa nel 1974, per i suoi 60 anni».
Cosa le dice Linus dei suoi successi in tv?
«Ne parliamo davvero poco, c’è molto pudore. Lui segue poco la tv generalista».
Non è che un po’ rosica?
«Non credo proprio. E poi se anche vincessi l’Oscar lui direbbe che al posto mio ne avrebbe già vinti due!».
Su Instagram Linus la batte 706 mila follower contro 655 mila.
«Ma lui posta tanto, io faccio più storie».
Perché lui è più «vecchio»?
«Quello sempre! Era più vecchio, è più vecchio e sarà più vecchio!».