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 2020  luglio 21 Martedì calendario

Gondoliere per legge mestiere ereditario

Di padre in figlio. Venezia blinda il cuore della propria vita appaltata al turismo di massa e crea una nuova specie protetta: il gondoliere. Vogare nei canali, trasportando coppie decise a verificare se il tramonto sotto i ponti è un istante romantico e può effettivamente accendere la luce della luna sull’amore, diventa un mestiere ereditario. «Parlerei di un’arte – dice Emanuele Tagliapietra, ultimo interprete di una tra le più antiche famiglie di gondolieri della laguna – che per restare tale non può seguire le liturgie di una professione qualsiasi, a cui chiunque accede per concorso».
Polemiche legittime, nella civiltà della spintarella discreta in cui la libera concorrenza è un mito da onorare solo pubblicamente e senza discutere. E infatti, nell’ex Serenissima Repubblica, l’istituzione plateale della casta remiera è l’esclusiva mondiale che accende una campagna elettorale estiva senza precedenti. Anche il consiglio comunale, poco prima di sciogliersi, pur spaccato ha dovuto cedere alla legge del consenso: il servizio del gondoliere tornerà ad essere un affare tendenzialmente di famiglia, da trasmettere di generazione in generazione come il titolo di una immacolata nobiltà. I rampolli del capostipite, al compimento della maggiore età, godranno dell’invidiabile privilegio di poter balzare direttamente sulla prua di uno scafo “da parada”. Verrà loro risparmiata la scocciatura del corso teorico, finora obbligatorio prima di cominciare a spostare la folla da una riva all’altra del Canal Grande. Agli esemplari della specie vivente più fotografata del pianeta, posta ora sotto tutela, basterà una prova pratica di voga. «Da sostenere sotto gli occhi flessibili di amici e parenti», si indigna chi si oppone a un regolamento scritto per «chiudere la porta in faccia a chi non è nato già dentro una gondola e non è cresciuto tra i canali».
Per i patriarchi, è vero l’opposto. «Il figlio di un gondoliere – dice Roberto Luppi, 42 anni di vogate nel bacino di San Marco e fondatore della scuola d’arte della categoria – deve essere semplicemente migliore degli altri. Ci teniamo, altrimenti disonora il padre e tutta la famiglia. Il punto è che non raggiungi la perfezione del gesto, se i burocrati di terra non ti lasciano cominciare dalla culla». Noblesse oblige: niente più lezioni di storia e di tradizioni, ripetizioni di lingue straniere e di bon ton, approfondimenti di lessico marinaro e preliminari nozionistici per poter accedere, solo alla fine e come tutti, all’esame della laguna. Una sola condizione: gli ultimi quattro anni trascorsi sulla gondola di famiglia, i successivi quattro impegnati a sostituire solo il titolare della licenza. Sarà questa, la vita quotidiana su una gondola scossa da moto ondoso e acqua alta, la scuola del gondoliere: l’universo che dipende dalle app risucchiato in una veduta di Canaletto.
Per gli estranei alla specie, iscriversi al club esclusivo delle barche nere come la pece che le faceva galleggiare, fondato quasi otto secoli fa, diventa così una eccentrica scommessa. A Venezia i gondolieri titolari sono oggi 430. I sostituti 180. Una sola donna: Giorgia Boscolo, bloccata da due maternità. Le licenze in più appena concesse dal Comune sono 7. Se i titolari lasceranno ai figli, a chi non è venuto al mondo al di qua del Ponte della Libertà restano le briciole. Forse nessuno, a essere sinceri, pagherebbe 80 euro per una scena da film di Alberto Sordi sotto la guida di un vogatore di terra immigrato tra le briccole. «I gondolieri di Venezia – dice Andrea Balbi, presidente dell’associazione che li rappresenta – sono come i vetri di Murano. O nascono qui, o sono falsi. Proteggerli non è barricarsi dietro i privilegi. Significa alimentare la cultura che ancora soffia un alito di vita su questa città».
Il rischio di restare senza eredi, nell’Italia senza figli, c’era. Pur di salvare l’arte e lo scafo, investimento da 40 mila euro per una durata di circa 20 anni, la lobby ha così rilanciato. «Solo perché – dice Rauol Roveratto, capo dei sostituti gondolieri – anche i turisti sono ormai sovrappeso. Da certe nazioni si imbarcano bombe. A pieno carico lo scafo affonda ed entra acqua: avanzare con oltre mezza tonnellata di carne mobile a bordo è un pericolo». Soluzione: sulle gondole di linea il numero massimo di passeggeri cala da 6 a 5, su quelle da “parada” da 14 a 12. Il servizio si accorcia da 45 a 30 minuti. In compenso, eleganza obbligatoria. «Il gondoliere – dice Balbi – indosserà solo pantaloni blu o neri, classici, lunghi, non attillati. Maglioni e magliette saranno solo a righe bianche e blu, o bianche e rosse. Calzeremo scarpe nere, blu o marrone. A cerimonie e servizi di lusso ci presenteremo in livrea bianca, fascia e fazzoletto compresi. In testa, basco o paglietta. Fuorilegge jeans, canottiere e sneakers: chi voga su una gondola interpreta una storia, non può uscire dalla vetrina di un outlet”. Sono unici al mondo. Prima che i dogi scoprissero i ponti hanno trasportato persone e merci di isola in isola. Hanno allargato l’Adriatico. Senza di loro Venezia non avrebbe inventato la bellezza. Ancora oggi la vedrebbe sfiorire. Ai gondolieri, restare una casta nel terzo millennio, è un privilegio che si perdona per amore.