la Repubblica, 21 luglio 2020
In Italia mascherine cinesi prodotte nei campi di lavoro
Parte delle mascherine chirurgiche che la Cina ha venduto al mondo e all’Italia durante la pandemia sono state prodotte con il lavoro degli uiguri dello Xinjiang. Un lavoro che secondo il governo di Pechino è volontario, ma che Ong ed esperti internazionali definiscono forzato, parte di un programma di rieducazione della minoranza musulmana che ne viola i diritti fondamentali. Tra i produttori cinesi coinvolti ce n’è almeno uno, Medwell Medical Products, che ha ottenuto la certificazione comunitaria CE per i suoi dispositivi e che il governo cinese ha inserito nella “lista bianca” delle imprese affidabili, certificate e autorizzate ad esportare in Europa. Un portavoce della società ha dichiarato che l’Italia è uno dei principali mercati.
Gli uiguri sono una minoranza musulmana che vive nello Xinjiang, la provincia più occidentale della Cina. Alcune frange indipendentiste hanno organizzato negli anni attentati contro polizia e civili. Nel 2017 il governo cinese, su indicazione di Xi Jinping, ha intensificato una campagna di contrasto a “terrorismo ed estremismo” che ha portato oltre un milione di uiguri in quelli che la propaganda chiama “centri di formazione”, ma che sempre più evidenze dipingono come campi di rieducazione. Un altro aspetto di questo piano di ingegneria sociale è il “trasferimento di lavoro”: milioni di musulmani vengono portati dalle contee povere ai centri urbani e assegnati al lavoro in fabbrica.
Tra i tanti settori che li impiegano c’è quello delle mascherine, l’oro azzurro della pandemia. Secondo un’inchiesta del New York Times, solo nello Xinjiang i produttori si sono moltiplicati da 4 a 51, di cui almeno 17 coinvolti nel “trasferimento”. La tv di Stato ha celebrato l’arrivo delle squadre di operai uiguri, che nelle pause ricevono insegnamenti di mandarino e fedeltà al Partito. Lavoro volontario e pagato secondo la Cina, forzato secondo Ong e vari analisti, vista la pressione a cui i musulmani sono sottoposti: rifiutarlo significa perdere punti “integrazione”, con il rischio di finire internati in rieducazione. La forza lavoro uigura viene spedita anche nel resto del Paese, in aziende che riforniscono di mascherine mezzo mondo. Da uno stabilimento dello Hubei un pacco arriva negli Usa, in Georgia. Per Medwell, azienda dello Jiangxi, Europa e Italia sono i principali mercati. A quanto risulta la Protezione Civile non ha acquistato mascherine Medwell, ma potrebbero averlo fatto altri soggetti pubblici o privati.
Il think tank australiano Aspi ha identificato 83 multinazionali di vari settori, tra cui Nike e Apple, che tra i loro fornitori hanno aziende cinesi cha fanno uso del lavoro degli uiguri. Dieci giorni fa il governo americano ha deciso di sanzionare i funzionari cinesi responsabili della «repressione» nello Xinjiang e messo in guardia le aziende Usa dal rifornirsi nella provincia.