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 2020  luglio 20 Lunedì calendario

Nel labirinto di app e Spid alla ricerca del bonus verde

È quasi un assioma: per tornare a crescere ci vogliono gli investimenti nelle reti digitali. La fibra per tutti gli italiani e il 5G promettono un “nuovo umanesimo” che, grazie alla tecnologia, può coniugare crescita e giustizia sociale. Messaggio suadente, ma ingannevole. Il beneficio immediato degli investimenti nella rete va ai fornitori della tecnologia e a chi domina nei contenuti: di italiano c’è poco. Ma, si dirà, è l’ecosistema che si sviluppa attorno alle reti digitali che genera innovazione e crescita. Vero, ma solo in linea di principio.
Provo a spiegarlo con un aneddoto personale. Voglio acquistare una mountain bike elettrica e usufruire del bonus Mobilità. Per richiederlo ci vuole lo Spid, che non ho. Il sito dello Spid rimanda a nove fornitori, ma solo tre offrono l’accesso con token o codice QR, uno standard da identità digitale (niente vecchie password). Uno dei tre richiede il riconoscimento personale, che è una contraddizione in termini; gli altri due accettano la carta d’identità digitale, ma la mia, del Comune di Milano, non può essere richiesta fino alla scadenza di quella cartacea: nel 2026.
Né capisco perché non la si possa accorpare con la nuova tessera sanitaria e codice fiscale che ha il chip. Per fortuna uno, Poste, ammette anche il passaporto biometrico. Quello ce l’ho. Tutte e nove ammetterebbero il riconoscimento tramite firma digitale, ma qui si entra in un loop tecnologico.
Per leggere il passaporto biometrico ci vuole la tecnologia Nfc sul telefonino. Non la trovo. Dopo qualche ricerca online scopro che è nativo nel sistema operativo del mio iPhone e si attiva automaticamente. Bene. Arrivo all’identificazione e immagino che le Poste usino un’applicazione di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale immediato come, per esempio, negli aeroporti. Ma mi vengono dei dubbi quando l’app mi chiede invece una foto con il passaporto aperto sotto il mento. E lo Spid arriva via email dopo qualche giorno. Il primo passo è fatto.
Parto alla caccia della app indispensabile per richiedere il bonus: ma non riesco a trovarla. Rileggo attentamente le istruzioni: l’app sarà disponibile entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto interministeriale attuativo (come se uno passasse le giornate a leggere la Gazzetta ufficiale). Qualche giorno dopo trovo un indizio su Repubblica: l’app non c’è perché non c’è decreto attuativo; e non c’è decreto perché non ci sarebbe accordo su fattura o scontrino. Vero è che il bonus lo possono richiedere i maggiorenni residenti nei capoluoghi di regione e provincia, o in comuni con più di 50 mila abitanti (più un’altra decina di vincoli e requisiti cervellotici).
Immagino che la fattura serva per risalire dal codice fiscale al richiedente: altrimenti come fanno le verifiche? Incidentalmente, bastava inserire il codice fiscale tra le informazioni dell’identità digitale; che invece è nella tessera sanitaria (digitale), ma non nella carta di identità (digitale), né nello Spid.
Nell’attesa del decreto attuativo, comincio a cercare nei negozi specializzati di Milano e Genova quello che è disponibile pronta consegna. Non ricordo però un singolo sito che fosse aggiornato con disponibilità, prezzi e caratteristiche. Così devo telefonare, e spesso sentirmi dire: “Venga in negozio e vediamo”. Alla faccia dell’e-commerce.
Alla fine trovo la bici. Pago con carta di credito? Il negoziante storce la bocca. Va bene un bonifico, ma le banche italiane ci mettono anche due giorni per l’accredito, mentre io voglio uscire con la mia bici. Paypal, che fa trasferimenti immediati? Non l’abbiamo. Scopro che il negoziante ha il conto presso la mia stessa banca, che offre bonifici istantanei. Ma sono le 19.00 e, al limite del ridicolo, riscontro che la tecnologia della banca sembra funzionare con gli stessi orari degli sportelli. Alla fine il negoziante si fida del bonifico ordinario ed esco con la bici. Di bonus, decreto e app, che io sappia, ancora nulla.
Morale: produttività e crescita non aumentano grazie alla tecnologia, ma alla riorganizzazione dei processi produttivi, del commercio e del sistema finanziario che la tecnologia rende possibile; e la digitalizzazione della burocrazia è un concetto privo di significato se non si ripensano in modo radicale i processi normativi e decisionali dello Stato e della pubblica amministrazione.