La Gazzetta dello Sport, 20 luglio 2020
Gigante Crouser, questione di peso
È stata l’Italia a lanciare Ryan Crouser. Il campione olimpico del peso, grazie a un gigantesco 22.91, da sabato sera ora di Marietta (sobborgo di Atlanta, Georgia), è al terzo posto ex aequo della lista mondiale all-time. Ma la sua prima gara fuori dei confini statunitensi risale ai Mondiali allievi di Bressanone. Era il luglio 2009: aveva 16 anni. Vinse scagliando l’attrezzo da 5 kg a 21.56, record della manifestazione. Tra i battuti, sesto, il neozelandese Tom Walsh: sarebbe diventato uno dei rivali più temibili. «Tutto quell’entusiasmo sulle tribune – ama sottolineare Ryan – mi ha motivato per sempre».
Dieta al contrario
Sono trascorsi oltre undici anni e la parabola del ragazzo nato a Portland e cresciuto a Boring, in Oregon, splendida tecnica rotatoria, s’è quasi compiuta. Allora era alto qualche cm meno dei 201 attuali e, soprattutto, pesava una cinquantina di kg sotto i 145 di oggi. Comunque un predestinato: papà Mitch fu quarto nel disco ai Trials 1984, mancando la qualificazione ai Giochi di Los Angeles per poco. Zio Brian, di Olimpiadi, ne ha disputate due, nel giavellotto: Seul 1988 e Barcellona 1992. E il cugino Sam, nella specialità di papà Brian, ha partecipato a quella di Rio 2016. E pensare che lui, ex cestista, si avvicinò all’atletica col triplo, in prima liceo campione dello Stato. Ma i geni, ovvio, erano quelli del lanciatore. «Ricordo quando Sam giocava con un giavellotto in legno nel giardino dei nonni – racconta –: io preferivo correre e saltare. Poi, presto, è tutto cambiato». Seppur sia diventato atleta a tempo pieno solo nel 2016. Prima gli studi: in economia, alla Texas University (trasferimento n. 1), con tanto di master biennale concluso in dodici mesi. Perché tanta fretta? Perché Ryan, a scuola, è sempre stato molto, molto bravo. «Stavo 5-6 ore al giorno in classe – rivive il periodo – e poi ne studiavo altre 2-3 a casa». E perché l’obiettivo, nel contempo, era la qualificazione a Rio. Detto-fatto: ai Trials vince crescendo da 21.85 a 22.11. È divenuto più flessibile e ha messo su kg di muscoli. «Seguo una dieta da 5000-5500 calorie al giorno con 5-6 pasti equilibrati – svela – e alla domenica, quando molti si concedono strappi, io festeggio saltandone uno». Quella brasiliana è la sua seconda rassegna globale dopo quella altoatesina. In mezzo alcuni infortuni, qualche preparazione sbagliata, ma anche diversi successi Ncaa (nel 2013 il primo + 21 metri).
Che livello
A Rio, a 23 anni, la consacrazione: in finale firma le quattro prime misure di giornata fino a un 22.52 che migliora di 5 cm il primato olimpico di Seul 1988 del tedesco orientale Ulf Timmermann. Il resto è storia recente: mister Crouser, nel 2017, lascia il Texas e va al centro di alta specializzazione di Chula Vista, in California (trasferimento n. 2), dove viene supervisionato da papà e da John Dagata. Porta il personale a 22.65, vince i Trials, ma ai Mondiali di Londra è “solo” sesto. Nel 2018 patisce un infortunio a una mano. Il 2019 è un anno pirotecnico. In aprile, a Long Beach, spara un 22.74, miglior lancio al mondo dal 1990. In ottobre, ai Mondiali di Doha, nella “più grande gara della storia” si supera: 22.90. Vale l’argento, a un cm del connazionale Joe Kovacs e con identica misura di Walsh, di bronzo. Sì, è il neozelandese di Bressanone. Ma Ryan vuole essere il leader. E in dicembre, quasi autodidatta, sceglie Fayetteville e il campus di Arkansas University. È il trasferimento n. 3. Dà i suoi frutti. In febbraio lancia 22.60, a 6 cm dal primato del mondo indoor. Poi l’exploit di sabato.
Il fai da te
Al Life College di Marietta, dove due settimane prima ha esordito con 21.87, c’è una tappa dell’American Track League organizzata dal suo manager Paul Doyle. La serie – da urlo anche per la facilità di esecuzione – dice 22.15, 21.65, 22.24, 21.83, 22.73 e, appunto, 22.91. Meglio han fatto solo il connazionale Randy Barnes, 23.12 nel 1990 e lo stesso Timmermann, 23.06 nel 1988. Con un segreto: «Ho diverse passioni – racconta -: la matematica, le scienze e i... dinosauri. Ma soprattutto, con nonno e bisnonno carpentieri, il fai da te. Durante il lockdown, lavorando 100 ore, ho costruito una grande credenza in legno e in due giorni, con gli impianti chiusi, una pedana da usare in un prato dietro casa. Il diametro è di 30 cm inferiore a quella tradizionale: mi ha aiutato a eliminare la tendenza a “uscire” col piede sinistro». I prossimi obiettivi sono chiari: «Il record del mondo – sorride – perché Kovacs e Welsh mi stimolano e la realizzazione di un letto adatto ai miei 145 kg».