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 2020  luglio 20 Lunedì calendario

Soldati Usa via da Kabul. E gli italiani?

Che le forze statunitensi si stiano ritirando dall’Afghanistan dopo diciotto anni di guerra non vinta e non persa, è cosa nota. È risaputo anche che la copertura diplomatica del ritiro nasce da un accordo «salvo intese» concluso con i talebani nello scorso febbraio, e che il ritorno a casa dei militari Usa è una delle poche frecce che restano all’arco elettorale di Donald Trump. Meno noto è che il ritiro si svolge a tambur battente malgrado i malumori del Pentagono, e che è già stata raggiunta, in anticipo sul pattuito, una presenza di 8.600 uomini rispetto agli iniziali 13.000. Se ci saranno una riduzione della violenza che non c’è, e un negoziato inter-afghano che stenta a partire, il patto è che il ripiegamento Usa sarà completato entro il maggio 2021. Bene, perché per una volta si può vedere un motivo ragionevole al di là degli interessi elettorali di Trump. Ma mentre si moltiplicano gli attentati dei talebani contro le forze di Kabul e dell’Isis contro i talebani, è normale che nessun programma venga annunciato per le forze militari alleate che sono in Afghanistan al fianco degli americani? Ci interessano naturalmente gli italiani. Nella provincia occidentale di Herat e nella capitale Kabul abbiamo 800 militari impegnati, nell’ambito di una missione Nato, nell’addestramento di quelle forze afghane che, secondo la quasi totalità degli osservatori, stanno migliorando ma non sarebbero in grado di far fronte ai talebani senza l’appoggio americano. Il futuro prossimo, considerato la fretta Usa, è dunque irto di pericoli per i contingenti più piccoli se nulla sarà previsto per loro. E se invece le autorità italiane e quelle della Nato qualcosa hanno previsto, perché la preoccupazione principale sembra essere quella di non disturbare il manovratore Usa tenendo al buio le rispettive opinioni pubbliche nazionali?
Naturalmente, speriamo di essere smentiti al più presto.