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 2020  luglio 19 Domenica calendario

Droga e trap, che nesso c’è

«La mia ragazza segue la moda, io seguo i soldi e la droga», canta Dark Side, ex membro del seguitissimo collettivo romano Dark Polo Gang (20 milioni di visualizzazioni per un solo video su Youtube e più di 750mila follower). «Nella padella pollo e cocaina», ancora la Dark Polo Gang. Poi c’è Sfera Ebbasta, il rapper idolo incontrastato degli adolescenti (per altro legato in passato alla tragedia di Corinaldo): «Voglio solo blunt e Sprite », ovvero cannabis e codeina, che viene appunto diluita nella nota gazzosa per addolcirne il sapore creando così quello che viene chiamato Purple drank oppure Lean. Sul web c’è anche un video in cui il cantante la prepara e la beve durante un concerto davanti a una folla inneggiante di ragazzini. È solo la punta dell’iceberg, tranquillamente individuabile in rete: quello dei riferimenti espliciti di molti testi trap all’utilizzo di droga, che naviga nel mare dell’adolescenza italiana e che s’è scontrato con le vite di Flavio e Gianluca, a Terni, una settimana fa.
La musica, in sé, c’entra poco, ma stando alle testimonianze degli amici, è dalla passione dei due ragazzi per la trap (variante del rap più in voga al momento) che è nato il loro interesse per la codeina. Si tratta della droga di elezione per i rapperdel genere, anche se in realtà iniziò a diffondersi tra i jazzisti afroamericani fin dal dopoguerra, perché facilmente reperibile grazie alla presenza in alcuni sciroppi per la tosse. D’altronde, già nel 1977 Eric Clapton non era meno esplicito: «Se vuoi dimenticare brutte notizie (prendi) cocaina», e la storia della musica, perlomeno dagli anni ’50 in poi, è sempre andata di pari passo con quella degli stupefacenti. La trap, da questo punto di vista, assomiglia all’ultima reincarnazione del trinomio “sesso, droga e rock’n’roll”.


Non solo musica. Il punto, però, oggi è un altro. Da tempo ormai sui social si corre la gara a chi è più “criminale” e il successo, quello decretato da like (approvazioni virtuali), condivisioni e numero di seguaci non lo raggiunge soltanto chi è bravo a suonare. Si può diventare influencer anche solo mostrando di saper essere cattivo, illegale, amante delle droghe, abile nel spacciarle. Un esempio è 1727 wrldstar, al secolo Algero Corretini, 23 anni. Uno che a fare il rapper ci ha provato, ma a quanto pare non è andata bene. È così che ha cominciato a insultare altri personaggi simili a lui. Poi un giorno si è ripreso in diretta mentre sfrecciava a 110 all’ora per le strade della Magliana, periferia di Roma, finendo contro un muro. Ed è allora – sembra incredibile – che è arrivato il successo: in un paio di mesi 230mila fans. Ora, a suo dire, guadagna migliaia di euro a settimana con Instagram e fa il pieno di contatti con le dirette. Che consistono nel litigare e minacciare altri suoi “colleghi”, fare sesso in diretta, provocare le forze dell’ordine, persino sniffare cocaina. Ma è droga vera? «Sì», come lui stesso ha ammesso ai microfoni della trasmissione Le Iene.


Niente è reato. Di personaggi del genere il web è pieno. C’è chi si riprende mentre urina sulle notifiche della polizia, chi sale sulle macchine dei carabinieri e si mette a ballare, chi picchia passanti scelti a caso. La domanda è: come è possibile fare sfoggio di queste bravate o abusare di droga senza che nessuno faccia nulla? «In alcuni casi questi filmati possono fornire elementi sufficienti a far partire un’indagine, posto che non si tratti di riprese fatte ad arte. Si può valutare l’istigazione a commettere reati – spiega il dottor Andrea Rossi, già dirigente superiore della Polizia postale –. Assumere droga non è però un reato. Per quanto riguarda l’eccesso di velocità, essendo una sanzione amministrativa, può essere rilevata solo su strada dal personale di Polizia. In questo senso, nel caso di filmati internet, c’è una carenza perché non è possibile intervenire». Ci può però essere una valutazione dei comportamenti che possono portare accertamenti o misure di prevenzione da parte del questore. «Invitare a consumare sostanze tossiche non considerate droghe e potenzialmente letali (come la codeina, ndr), può cambiare le cose ma purtroppo è una valutazione molto difficile».


Il ruolo dei genitori. Come spesso accade, però, sono soprattutto gli strumenti educativi a mancare: «Ovviamente la musica non è il colpevole, ma in effetti la trapha sdoganato la droga anche tra i giovanissimi: 12, 13, 14 anni – spiega Tonino Cantelmi, presidente dell’associazione Psichiatri e psicologi cattolici – e soprattutto ha reso famosissima la codeina in Italia, dove però non ha ancora causato il numero impressionante di morti che ha fatto negli Stati Uniti». Da dove cominciare allora? «La realtà è che non conosciamo quello che fanno i nostri figli, da dove prendono le informazioni. Eppure sanno tutto, sanno benissimo cos’è, dove si trova, quanto costa e anche i rischi che comporta. Siamo noi adulti a non sapere nulla di loro – continua –. L’unico anticorpo è avere adulti capaci di avere ascendente sui ragazzi. Ma i giovani di oggi sembrano indifferenti, non c’è scontro generazionale, non si ribellano, sembrano accondiscendenti e poi però hanno i loro interessi che non condividono. Spesso gli adulti sono più adolescenti dei loro figli, non hanno risolto i loro problemi: si innamorano, si lasciano, usano droghe: sono ormai concorrenziali ai loro figli. Li chiamiamo adultescenti e sono ben poco interessati a conoscere i figli perché costa fatica: bisogna litigare, combattere. Paradossalmente per educare i nostri figli dobbiamo ricominciare a educare gli adulti».