Il Sole 24 Ore, 19 luglio 2020
Come estinguere la mosca assassina
Difficile che qualcuno ignori l’esperienza diretta o indiretta di essere tormentati per ore o giorni dalle punture dell’aggressiva zanzara tigre, al secolo Aedes albopictus, che sfugge a ogni intervento di controllo e può trasmettere nematodi e diversi virus tra cui febbre gialla, dengue e zika. Aedes albopictus giunse in Italia nel 1990, viaggiando nei copertoni trasportati da navi provenienti dai paesi asiatici. Stante che l’insetto non appartiene al nostro ecosistema e tortura noi e i nostri bambini nei parchi e cortili di mezza Italia, non si riesce a immaginare un solo argomento contro l’ipotesi di eradicarlo.
Una prospettiva che potrebbe diventare fattibile grazie alla biotecnologia del gene drive, che consente di far collassare popolazioni di specie a riproduzione sessuale. Permette, per esempio di progettare e realizzare organismi sterili, che se rilasciati in natura trasmettono il tratto sterilità solo all’interno della specie e con maggior frequenza del tratto fertilità degli organismi normali, fino a cancellare in teoria la popolazione naturale. Un metodo di controllo da alcuni anni sperimenta su vettori di agenti patogeni, come le zanzare, che causano circa 750mila morti ogni anno, più della metà dovuti a malaria. Nell’autunno del 2019 in Burkina Faso è iniziato un esperimento per valutare la fattibilità di usare la tecnologia per eliminare una della quattro specie di Anopheles che in quel paese trasmettono la malaria.
Basandosi sul principi di beneficità e invitando a una «precauzione sostenibile», la Fondazione Umberto Veronesi ha prodotto un documento che giudica eticamente praticabile l’uso del gene drive con particolare riferimento alla lotta contro le malattie infettive trasmesse da insetti. Ma avrebbe senso anche nel caso di un moscerino della frutta proveniente dall’Asia, che in California sta causando ingenti danni ai raccolti. Ovvero è eticamente giustificato anche il progetto del giovanissimo e geniale Kevin Esvelt di combattere l’epidemia di malattia di Lyme in alcune isole del Massachusetts ingegnerizzando dei topi per rendere tutta la popolazione di roditori immuni al parassita. Esvelt, che lavora al MIT, ha pensato una visione evoluzionistica ed etica per quanto riguarda l’uso delle tecnologie di editing genomico e gene drive, finalizzate a intervenire negli ecosistemi anche naturali con lo scopo di conservarli con rispetto, ma allo stesso tempo eliminando specie dannose e che causano sofferenze. Egli pensa, quindi, che siamo moralmente obbligati, se possiamo farlo, per esempio a estinguere le cosiddette mosche assassine, le cui larve divorano vivi e causano terribili sofferenze a centinaia di milioni di animali. La Nuova Zelanda ha varato nel 2016 un ambizioso programma per eradicare anche con la tecnologia del gene drive entro il 2050 i predatori che danneggiano lo stupefacente patrimonio naturale del paese (Predator Free 2050). L’Australia ha piani analoghi.
Leader nel settore della produzione di «insetticidi viventi», come sono chiamati gli insetti geneticamente modificati rilasciati per il controllo di popolazioni naturali dannose, è Oxitec, un’impresa basata a Oxford e di proprietà statunitense. Da un paio di anni, tra l’altro, sta sviluppando zanzare tigri geneticamente modificate, che potrebbero consentire il controllo finora inefficace di A. albopictus in Italia. Le principali esperienze al momento riguardano Aedes aegypti, terribile vettore di malattie virali, ma è in corso una discussione in quanto le promesse e osservazioni basate sui risultati sarebbero esagerate. Nondimeno nelle scorse settimane anche la Florida e il Texas hanno approvato in rilascio di OX5034 (A. aegypti ingegnerizzata) per combatte la diffusione di zika, chikunguya, dengue, febbre gialla.
L’uso di questi nuove tecnologie è accompagnato da un intenso lavoro di informazione e coinvolgimento delle popolazioni dove dovrà deve aver luogo il rilascio. Alcuni temi meritano riflessioni supplementari, stante che qualunque intervento volto a salvare vite umane e ridurre la sofferenza non solleva questioni etiche, a meno che le aspettative non siano realistiche. Ci si immagina che il problema sia stato studiato, ma pochi ragionano sul fatto che l’eliminazione di una sola specie di Anopheles in Burkina Faso, dove la trasmissione è sostenuta da quattro specie, potrebbe avere scarso effetto sul carico di malaria presente nella popolazione.
Inoltre, non ci si dovrebbe scordare che gli organismi geneticamente modificati nascono e crescono in laboratorio, cioè non si sono selezionati naturalmente, per cui non sapranno evitare i predatori o potrebbero avere subito cambiamenti non previsti nel genoma e non esibire comportamenti necessari per risultare sessualmente competitivi nell’ambiente naturale.