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 2020  luglio 18 Sabato calendario

Biografia di Caravaggio

Il 18 Luglio di quattrocentodieci anni fa moriva Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio. A lungo ignorato o addirittura deriso dalla critica ufficiale, è oggi considerato uno dei massimi maestri della pittura. Era nato nel 1571, l’anno in cui morì Benvenuto Cellini, l’artista che più gli assomigliò per il carattere sanguigno, le intemperanze iraconde e le disavventure giudiziarie. Entrò presto a bottega nel Milanese, ma della sua prima giovinezza non sappiamo quasi nulla, se non che fu disordinata e irrequieta. Il suo girovagare fu complesso, e di tanto in tanto emergono nuovi documenti che ne impongono una ricostruzione. 
Sappiamo che almeno dal 1593 risiedette a Roma, e che due anni dopo si stabilì a Palazzo Madama presso il cardinale Francesco Maria del Monte, un nobile mecenate sospettato di pederastia. Ancora oggi i critici dibattono sulle tendenze di Caravaggio, e alcuni modelli di adolescenti possono avallare la tesi della sua omosessualità. I pettegolezzi che fiorirono su queste amicizie furono comunque assorbiti da scandali di altra natura, causati dal suo comportamento violento. Già anni prima era stato accusato, forse ingiustamente, di un omicidio che lo avrebbe costretto a fuggire a Venezia. A Roma, comunque, si segnalò subito per una serie di turbative dell’ordine pubblico che si concludevano inevitabilmente con denunce, anche per fatti banali: sassate agli sbirri, ingiurie e schiamazzi notturni, ubriachezza molesta. Ad un cameriere tirò in faccia un piatto di carciofi, e di questo processo è stata anche recuperata la sentenza. Più volte fu incarcerato, liberato e incarcerato di nuovo, ma le benevole intercessioni dei tanti nobili amici lo tolsero dai guai. 
LE SCORRIBANDE
Purtroppo non si limitò a queste bravate goliardiche: girava sempre armato, e il 28 Maggio 1606 uccise, forse per motivi di donne, il rivale Ranuccio da Terni. Questa volta le protezioni non gli valsero a evitare la condanna a morte per decapitazione. Riuscì ancora una volta a scappare, ma nelle sue tele apparvero sempre di più, e quasi in modo ossessivo, delle teste mozzate. Si rifugiò a Napoli, e quindi a Malta, dove dipinse la Decollazione di San Giovanni Battista, orgoglio della Cattedrale di La Valletta. Ma riuscì a litigare anche qui, fu arrestato, evase e approdò a Siracusa: la Sicilia conserva ancora alcune sue opere, frutto di questa ennesima latitanza. Tornò a Napoli, creò altri capolavori per l’umanità e altrettanti problemi per la Giustizia; dopo un ennesimo litigio uscì sfigurato e molti lo credettero morto. In realtà più che dalle ferite era minato da varie malattie. Accolse quindi con sollievo la notizia che la sua condanna capitale stava per esser revocata dal Papa, e si imbarcò per tornare a Roma. Da qui in poi le notizie sono confuse. Sappiamo che approdò a Porto Ercole, colpito da un’infezione intestinale. Fu religiosamente curato nel locale sanatorio, ma poco dopo morì.
Fu sepolto tra gli anonimi nel locale cimitero, dove in questi anni i suoi resti sono stati cercati con nuove analisi ed esiti incerti. Da quando si è scoperto il DNA, anche i morti hanno perduto la pace. 

LA POTENZA
Il suo successo era stato oscillante, diviso tra le anime liberali eredi del Rinascimento, che ne avevano colto la straordinaria potenza espressiva, e quelle incupite dalla Controriforma che rifiutavano le immagini di Cristo e dei santi derivate da ambigui individui di strada. Alcune opere erano state osannate e ben retribuite, ma altre, come La morte della Vergine, rappresentata con un ventre idropico e la veste pericolosamente alzata, erano state rifiutate dai committenti. Forse furono queste ostilità, unitamente all’irrompere del barocco, a segnare il destino di Caravaggio, che fu presto dimenticato. I Musicisti furono venduti nel 1935 a un chirurgo inglese per cento sterline; il Metropolitan Museum lo acquistò nel 1952 per 50 mila dollari. Oggi hanno un valore inestimabile. 
È una rivalutazione meritata. Caravaggio fu un protagonista non solo nella trasgressione ma nell’innovazione. Ripudiò il sentimentalismo idealistico dei suoi contemporanei, soprattutto dei bolognesi, sostituendolo con un realismo che rasentava la brutalità, e che anticipava di due secoli il naturalismo di Courbet e le sregolatezze di Baudelaire. I suoi modelli – a parte gli ambigui fanciulli – erano corpulenti lavoratori, mendicati derelitti, popolani insudiciati dalla miseria e deformati dalla fatica. Nella Madonna dei pellegrini gli oranti genuflessi hanno i piedi luridi di fango e gli abiti logori. Non sembrano deridere, come qualcuno ha sostenuto, la nobiltà della venerazione, ma la riconducono alla modesta intimità del popolino devoto. Caravaggio fu indifferente, come la Natura, alle bellezze dell’armonia e agli orrori della deformità, perché riteneva la realtà superiore ai nostri pregiudizi estetici e morali. Dipinse l’umanità com’era, e non come vorremmo che fosse.

MODELLO
Anche se in Italia cadde nell’oblio, Caravaggio determinò il nuovo corso della pittura nordeuropea. Il suo chiaroscuro penetrò in Olanda attraverso Gerritt Van Honthorst, e influenzò Rembrandt nella tecnica e nella tematica. La pittura uscì dall’involucro dello stucchevole manierismo, per assumere un connotato più tenebroso nel colore, più incisivo nella luce, e più introspettivo nella psicologia. Quando, l’anno scorso, la pinacoteca di Brera espose simultaneamente La cena di Emmaus dei due grandi competitori, i critici si cimentarono nel consueto, arduo compito di trovare le similitudini e le dissonanze delle due tele. Un’impresa audace, e forse oziosa, perché l’opera d’arte, come la virtù, trova in se stessa la sua ragione, e nella sua unicità non tollera paragoni. Ma se proprio dovessimo confrontare lo sregolato avventuriero italiano con il riflessivo maestro olandese, oseremmo dire che quest’ultimo ha guardato più ai volti che non alle scene, più agli eterni drammi dell’anima che a quelli contingenti dell’esistenza quotidiana.

RIVERENZA
Inchinandoci riverenti davanti all’Autoritratto come apostolo Paolo del Rijkmuseum, dove Rembrandt ci ammonisce con ironia, rassegnazione, e stupore sulle contraddizioni della vita, noi ammettiamo che l’allievo ha superato il maestro nella temporanea graduatoria dei geni. E tuttavia, conveniamo che senza Caravaggio non avremmo avuto La ronda di notte o la Gilda dei drappieri, e forse nemmeno le ossessionanti pitture nere di Goya e la prostituta accovacciata sull’erba di Manet. Perché, come ha scritto Berne-Joffroy, fu con lui che iniziò la pittura moderna.