ItaliaOggi, 18 luglio 2020
Periscopio
È dal dopoguerra che abito a Roma, ma non ho mai perso l’accento milanese: Milano, per me, è sempre stata meravigliosa. Franca Valeri, attrice (Aldo Cazzullo). Corsera.
Arnaldo Forlani, conversatore prudente, mi distillò dieci parole intervallate da un minuto di silenzio, cronometrato: «La questione della candidatura», pausa di 19 secondi, «va però valutata», pausa di 32 secondi, «a tempo», pausa di 9 secondi, «opportuno». Stefano Lorenzetto. Corsera.
Questo governo ce lo terremo il tempo sufficiente a indebolire l’economia del Paese, un’impresa per completare la quale – dopo tutto quello che (non) si è fatto – basta ancora davvero poco. Altri sei mesi così, e neanche Mandrake potrà fare il miracolo. Luca Ricolfi. il Messaggero.
Rimane famoso il caso del centralinista di un quotidiano della Capitale a cui le Brigate Rosse osarono telefonare per rivendicare un attentato durante la pausa pranzo. «Un momento, sto a magnà», li rintuzzò l’eroe. «Forse non ha capito, siamo le Br». E lui, serafico: «Ho capito, mica so’ scemo. Mo’ prendo er taccuino, un po’ de pazienza». Quel giorno il terrorismo capì che non avrebbe mai fatto breccia nelle classi popolari. Massimo Gramellini. Corsera.
Questo periodo l’ho vissuto male? Come tutti. Quando è arrivato il dpcm (decreto del presidente del consiglio, e la parola a me, che ho sempre giocato con le sigle, fa molto ridere) che obbligava a chiudere la chiesa e il cimitero di un piccolo paese come il mio Cerreto Alpi (107 anime) ho pensato che un mondo era finito. Per fortuna mi restavano gli altri due miei luoghi, la casa e la stalla. Nel momento in cui i due pilastri su cui questa terra è cresciuta, ora et labora (ovvero il lavoro e la liturgia, non la preghiera perché si può pregare ovunque), sono stati vietati per decreto, era evidente che eravamo di fronte a un cambiamento epocale. Giovanni Lindo Ferretti, dressatore di cavalli e musicista (Luca Valtorta). la Repubblica.
Mio padre non mi ha mai detto «bravo» e non mi ha mai accompagnato a vedere una partita, non c’era tempo e non c’era la mentalità per farlo. Tutti e due tifavamo Inter, ma la prima volta che sono andato a vedere l’Inter è stato quando ho giocato in squadra. Però papà è stato un modello per me, a cominciare dall’educazione che mi ha dato. Aldo Serena, ex calciatore (Roberta Scorranese). Corsera.
L’eccellenza di Indro Montanelli consiste nella perfezione della lingua e la chiarezza dei concetti. Poteva essere smentito facilmente perché si capiva cosa diceva. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.
Non ho niente contro il lifting, finché non lo rendono obbligatorio. Ho calcolato che, per quanto brutta fossi diventata, non sarei mai stata così orrenda come da rifatta. Hanno abolito la parola vecchio. Ai miei tempi era un titolo d’onore. Barbara Alberti, scrittrice (Stefano Lorenzetto). Corsera.
I grillini che un tempo non frequentavano i salotti tv adesso vi dilagano. Solo nell’ultima settimana, Alessandro Di Battista è stato ospite sulla Nove e poi due volte a Retequattro. Dalla cronista di Quarta Repubblica ha finto di farsi sorprendere in strada, molto piacione come sempre, dico e non dico, ma poi dice, certo che dice, ormai tutti i cronisti conoscono la debolezza del Dibba, che adora comparire, sia pure in ruoli diversi: dissidente polemico, poi rivoluzionario in Chiapas, scrittore di reportage modesti, quindi aspirante falegname, provocatore e però eccolo subito di nuovo ragionevole e mansueto, non appena ascolta le promesse di Crimi e Patuanelli, Bonafede e Spadafora, tutti perfettamente a loro agio negli abiti scuri, nel caminetto da Prima repubblica. Dove si decidono strategie, alleanze e – soprattutto – poltrone. Fabrizio Roncone. Corsera.
Egisto Corradi era un inviato del Corriere più grande di me. Era un giornalista leale, autentico nel registrare gli accadimenti, dalla scrittura non sublime ma nitida. Caratterialmente era un po’ falsone, come lo siamo noi parmigiani. Bernardo Valli, inviato speciale internazionale (Simonetta Fiori). la Repubblica.
La linea gotica passava subito a Nord di Pavana. Gli americani avevano messo le tende attorno al mulino dei nonni. Avevano quattro carri armati: sparavano ogni giorno a orari regolari, pareva che i carristi andassero in ufficio. Io ero sempre in mezzo a loro: è evidente che mi mancava il padre. Canticchiavo le prime canzoni: Lay that pistol down, che pronunciavo leichepistoldà: l’ho risentita in un film di Woody Allen, Radio days. In cambio mi diedero i gradi da sergente e il cioccolato, che mangiavo di nascosto in riva al fiume, che era in realtà un torrente, il Limentra. E mi fecero assaggiare una bevanda scura, misteriosa, buonissima: la Coca-Cola. Un mondo radicalmente diverso da quello dei tedeschi. Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.
Quando sento: «I nostri vecchi, i nostri nonni…» è melensaggine pura. I vostri nonni, perché allora li chiudete in quelle galere mostruose che sono le case di cura, anche quelle più ricche? Se amate vostro nonno, tenetevelo in casa, fatelo vivere, dategli della gioia, invece di rinchiuderlo come un animale. Dove muore. Era quello che aspettavate, diciamo la verità. Natalia Aspesi (Arnaldo Greco). Linkiesta.
A me Kafka non piace. Troppo complicato, troppo astratto, troppo intellettuale. Alcuni pensano che il mondo è costruito anche dall’arte. La verità è che il mondo si fa come vuole lui e che è conoscibile senza quelle mitologie che piacciono tanto agli intellettuali. Edoardo Boncinelli, genetista (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Autoritratto di Francisco Gonzáles Ledesma: «Una notte ero in casa a scrivere come un dannato. L’indomani avrei dovuto consegnare un manoscritto. Ero in ritardo. Andò via la luce. Non tornava. Però fuori c’era una gran luna. Presi la macchina da scrivere. Terminai il libro in terrazzo». Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
Il mio ambiente è stato la campagna, la civiltà contadina, dove ho vissuto, e che credeva che il mondo di qua è in collegamento col mondo di là. I morti possono tornare, gli angeli e i demoni arrivano, Dio e il diavolo sono in contatto con te. Ferdinando Camon, scrittore (Luca Pavanel). il Giornale.
In cucina c’era un condor delle Ande con le ali dispiegate e il becco aperto. La mite casa del nonno Arcita altra rivincita non si poteva prendere su quel mostro invasore, se non quella d’affumicarlo giorno per giorno con i vapori della polenta. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.
Gli inquilini del nostro Palazzo sono abusivi. Roberto Gervaso. il Giornale.