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 2020  luglio 18 Sabato calendario

Biografia di Paola Perego raccontata da lei stessa

Architetto, modella, conduttrice tv: sogno, gavetta e realtà di Paola Perego, che da bambina voleva fare l’arredatrice di interni, mentre a 16 anni si è ritrovata a sfilare sulle passerelle e a 17 davanti alle telecamere. Un ingresso in sordina quello in televisione: «Facevo la valletta muta in una trasmissione di Ric e Gian su Antenna 3 - racconta -. Poi quella parlante con Teocoli e Faletti. Qualche anno dopo, approdata a Mediaset, a notarmi fu Marco Columbro che mi propose una co-conduzione per Autostop». Così è iniziata la carriera della ragazza di Brugherio, figlia di un falegname e di una casalinga, afflitta da attacchi di panico, lei li chiama «il Mostro», che l’hanno accompagnata per buona parte della vita, ma non le hanno impedito di lasciare la provincia milanese per diventare uno dei volti più noti del piccolo schermo. Trent’anni di carriera tra successi, delusioni e periodi di pausa. L’ultima è durata un anno, ma sta per terminare perché dall’autunno, il sabato pomeriggio, avrà un programma tutto suo su Rai2 dedicato ai rapporti tra nonni e nipoti, Ascoltami. «È una trasmissione che ho scritto insieme a Tonino Quinti durante il lockdown: racconteremo storie di persone e le loro emozioni. Ed è quello che mi piace fare. Sto bene al pensiero di ritornare in tv. Mi sono fermata perché mia figlia è rimasta incinta e aveva bisogno che le stessi vicina. Poi è nato mio nipote: a 54 anni ho scoperto di essere una nonna molto energica, ma senza palle. Sono nelle mani di Pietro, un nanetto di un anno e mezzo, lui decide e io eseguo». 
Nel frattempo, ha scritto «Dietro le quinte delle mie paure», un atto di coraggio: ha raccontato senza filtri la parte più intima e vulnerabile della sua vita.
«Il libro è stato liberatorio. L’ho fatto principalmente per i miei figli perché non hanno mai saputo che soffrissi di attacchi di panico: per proteggerli non gli ho mai permesso di conoscermi fino in fondo. Mi sono resa conto che nonostante dicessi a chi sta male che deve dirlo, senza vergognarsi, io ero stata la prima a non averlo fatto». 
Il primo attacco di panico a 16 anni. Perché ha tenuto tutto nascosto?
«Per non sentirmi debole, criticata. L’attacco di panico è simile a un infarto, hai dolore forte al petto, tachicardia e non respiri, sembra di morire. All’epoca non si conosceva questa patologia subdola. Mi hanno sottoposto a tante visite mediche, ma non emergeva nulla. Un esorcista mi faceva usare sale e olio benedetto, anche se non ero posseduta. La diagnosi per tutti era esaurimento nervoso».
Quanto ha inciso tutto questo nella sua vita? 
«Ho vissuto per anni con la "paura della paura". Non riuscivo a fare niente senza farmaci, tranne stare in casa con mia madre. Il contatto fisico mi creava tanti problemi, arrivo da una famiglia di origine contadine dove gli affetti sono dati per scontati, ci sono, ci puoi contare, ma senza smancerie o abbracci, quindi non sono abituata a questo. I miei figli li annusavo, li baciavo. Quando sono nati è cambiato tutto».
E quella professionale?
«La mia autostima era pari a zero, vedevo tutte le altre più belle, brave, sicure. Io mi sentivo un po’ "calimero". Questo lavoro credo di averlo inconsciamente scelto perché potevo non fare i conti con chi ero veramente. Per anni mi hanno detto che ero fredda in tv, io in realtà recitavo il ruolo della brava conduttrice che non prevede emozioni. Così tenevo a bada la me sconosciuta».
La malattia ha minato anche il rapporto con Andrea Carnevale, il suo primo marito?
«L’ho incontrato a 21 anni e dopo sei mesi mi sono trasferita a Napoli per vivere con lui. Ci siamo sposati ed è nata la prima figlia, è stato tutto molto veloce. Ci accomunavano le origini umili e famiglie a volte complicate, ma eravamo molto giovani. Lui non è stato in grado di capire i miei attacchi di panico: aveva 26 anni, era lanciato nel mondo del calcio, giocava nel Napoli di Maradona. Ci provava ma nel modo sbagliato, era convinto che spronandomi sarei riuscita ad uscirne invece mi frustrava ancora di più. Dopo che ci siamo lasciati ho scoperto i suoi tradimenti».
Poi l’incontro con Lucio Presta. 
«All’inizio è nato un rapporto di lavoro, poi un’amicizia. All’epoca eravamo entrambi sposati, ma nel periodo più drammatico lui c’era sempre, con un messaggio, una telefonata per sapere se avessi bisogno di qualcosa, in modo discreto. È nato un sentimento dopo esserci conosciuti bene. Vivere con Lucio è meraviglioso e divertente, ridiamo tantissimo insieme, non siamo mai caduti nella routine».
Essere sua moglie è stato controproducente per la carriera?
«Un po’ sì perché è talmente onesto che se deve proporre qualcuno per un lavoro, quella non sono io: non vuole che gli altri pensino che fa il mio nome perché sono sua moglie. Intanto dicevano lo stesso che ero raccomandata: mi deve essere sfuggito un passaggio perché lui ha fatto tante cose importanti e non ci sono stata quindi devo essermi fatta raccomandare male!». 
Adesso come sta?
«Il Mostro mi ha tenuto compagnia per trent’anni. Ci sono voluti tre percorsi di psicanalisi e cure farmacologiche, prima di trovare l’origine degli attacchi di panico e capire che il problema ero io, la parte di me che non conoscevo. Adesso è un’altra vita, "io e me" ci teniamo molta compagnia, e stiamo bene insieme».