Corriere della Sera, 18 luglio 2020
Zidane, fenomeno in equilibrio su due mondi
In tempi di maestri discussi dove metteremo Zinedine Zidane che torna e vince anche con un Real piuttosto magro? Zidane ha abituato a prendere tutto quello che lo riguarda con naturalezza, ma è raro trovare un fuoriclasse del calcio diventare un grande allenatore. Ricordo Di Stefano, Beckenbauer, Guardiola, Cruijff, forse Capello, che era però già di una categoria diversa. Forse Mancini. Difficilmente il grande campione sa insegnare, vive nel suo mondo, ha un concetto di normalità diverso, ha bisogno di essere capito non di spiegare. Zidane da allenatore ha messo sul tavolo entrambe le sue anime. Quella del ghetto di Marsiglia, del figlio di emigranti algerini onesti ma poveri, non sempre accettati, spesso insultati. E quella dell’eleganza che lo ha fatto ricco, un tranquillo filosofo esaudito con una casa di 600 metri quadri nel quartiere più esclusivo di Madrid. Conosce il mondo Zidane e sa che stai in equilibrio se non sei di un colore solo. Devi darti agli altri con moderazione, ma darti. Altrimenti non ti capiscono. Il calcio di Zidane è semplice ma fatto da grandi giocatori. Il compito di Zidane è restare giocatore a sua volta. Vivere in mezzo a loro, con eleganza, quasi distacco, ma anche con momenti di furia, quelle chiarezze da spogliatoio che sanno di angiporti e fanno molto dialetto virile. Per essere creduto a Zidane basta apparire. Sarri, Allegri, Conte, Gasperini, devono dimostrare di aver ragione. A Zidane basta entrare, salutare e mostrare la sua faccia come fosse un’enciclopedia del calcio. Capisci dagli occhi che lo conosce tutto, che per un lungo momento tutto il calcio è stato lui. Zidane non va per caso, rispetta il calcio, non ha bisogno di inventarlo. Sa che il calcio è già stato giocato tutto. Ma servono maestri che sappiano andare a cercarlo dove ama nascondersi. Avere due anime, essere stato l’ultimo e il primo, africano ed europeo, lo tiene eternamente su un ponte, sospeso tra modi di essere. È musulmano ma non si mostra, si definisce non praticante, che è una contraddizione in termini per un musulmano. Ha vissuto di eleganza e ha chiuso la sua ultima partita buttato fuori dal campo per aver dato una testata a Materazzi che aveva offeso sua sorella. Per inciso la sorella si chiama Lila e lavora da sempre con lui, cura la sua immagine. Tutti i suoi tre fratelli lavorano per lui e tutti i suoi quattro figli giocano nell’area Real. Questa è la saggezza universale, stare nei due mondi e sapere che in entrambi conviene essere eroi.