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 2020  luglio 18 Sabato calendario

L’estate vista dai fratelli D’Innocenzo

I bambini, gli uomini e le donne di Favolacce si muovono dentro l’estate torrida e desolata che si consuma tra le villette a schiera di una provincia immaginaria. Le famiglie spasimano e implodono sotto la luce innaturale di un sole incessante. In questo luglio 2020 che è la più bella stagione della loro carriera Fabio e Damiano D’Innocenzo festeggiano nuovi premi — il Nastro d’argento il Globo d’oro — e i 32 anni compiuti il 14 luglio. Preparano il loro film più ambizioso, «rispetto ai precedenti che avevamo scritto da giovani questo riguarda cose che viviamo in questo momento, ne siamo noi stessi sorpresi», e condividono i ricordi delle estati che hanno segnato la comune infanzia.
Siete entrambi a Roma?
Damiano: «Sì, purtroppo da sei anni non faccio vacanze, ora per me l’estate è solo un inverno più caldo.
Dell’estate ho il ricordo del bambino, quando è un altro anno ed è bellissimo, per Favolacce l’estate era un’arena necessaria. Purtroppo oggi il rapporto con l’estate è di rimpianto e incredibile velocità, un ascensore preso dal primo al sesto piano, un attimo».
Momenti d’estate indelebili, nel bene o nel male?
Damiano: «Da giovane d’estate fai esperienze irripetibili, hai traumi e abbracci sconvolgenti che non ritrovi mai più. In estate ho il ricordo più bello della mia vita, ed è una semplice camminata di ritorno dal mare con mio fratello Fabio e mia sorella Chicca. Confessai loro un incubo che avevo fatto mentre camminavamo, vedendo in lontananza un cancello. Mi hanno preso per mano, fatto camminare al centro tra loro, portato davanti a quel cancello per mostrarmi che non c’era da avere paura. Mi sono sentito protetto e compreso. Il più brutto?
Un compleanno in cui invitammo tanti amichetti e comprammo una confezione da sei di aranciata di sottomarca. Passammo le ore ad aspettare, non venne nessuno. Alle 19 la festa, mai iniziata, era finita e la confezione da sei era ancora nella plastica. Non vorrei sembrare il piccolo fiammiferaio, ma questo è il ricordo meno felice. Quello più bello però lo batte cento a zero».
Fabio: «Ricordo la sensazione di invidia cocente di quando avevamo diciassette anni e facevamo i giardinieri. Passavamo mattine caldissime a tagliare l’erba dei prati.
Ricordo l’odore che ti entra nel naso quando tagli l’erba, non ti lascia mai il cervello anche se fai mille docce. In quella calura appiccicosa, lavorando come automi, vedevamo queste ragazze stupende che uscivano in costume con le loro famiglie per andare in spiaggia. Mi sentivo Edward mani di forbice, il freak che guarda da dietro un cancello. Quel momento oggi lo ricordo anche con affetto, perché penso che il desiderio sia l’elemento che muove il mondo. Ricordo anche la bella malinconia di quando tornavamo a Roma, alla nostra periferia, per ritrovarla con gli stessi volti e dinamiche, solo con un anno in più. In quei luoghi torno ad avere quegli anni, è una confortevole culla dove i ricordi non sono più distinguibili in belli e brutti».
Vi piaceva l’avventura?
Damiano: «La prima che mi viene in mente fu quando io e Fabio per riscattarci da una umiliazione ridicola, mia madre non ci aveva comprato Topolino, ce ne andammo di casa, scavalcammo il muro dei vicini e restammo per dieci ore, tornammo e i genitori avevano chiamato la polizia. Ricordo questo ceffone giustissimo di mio padre e le lacrime. In questo ricordo c’è tutto, vissute in due le infanzie sono sempre tutto, meravigliose ed esageratamente drammatiche».
Vostra madre è un’arma, lo avete scritto nel titolo del vostro libro di poesie.
Damiano: «Lì c’è tantissimo di noi. Il titolo è spesso stato associato al pericolo mentre Mia madre è un’arma ha un’accezione diversa, di difesa, una possibilità che hai sempre addosso e che ti può salvare.
C’è tanto di nostra madre e padre, del cane e di noi due. Quel libretto è la nostra casa estiva».
Quali film raccontano l’estate?
Damiano: «Senza fare il sofisticato cito In viaggio con Pippo, cartone Disney in cui si respira l’estate e il secondo episodio di DOC, in cui l’estate la percepisci anche con l’olfatto e il tatto».
Fabio: «Due film francesi, Swimming pool, la ricerca del cibo e il piacere dei sensi, e Lo sconosciuto del lago, racconta la riconnessione dei sentimenti più basici».
Come avete vissuto la clausura da emergenza?
Damiano: «Per me sono stati mesi complicati e dissonanti, in casa regnava una bella dolcezza, ho passato tre mesi con la mia compagna e il mio cane, è stato semplice».
Fabio: «Per me è stato un momento complicato, non solo perché venivo da una separazione sentimentale, ma perché mi sono ritrovato a farmi tutte quelle domande che, con l’escapismo di raccontarci storie, dimentichiamo. Mi sono trovato a camminare in strada e vedere la cattiveria invisibile delle persone, di quando da bambino schiacci un insetto senza neanche farci caso, quella che dimentichiamo. A trentadue anni osservare la cattiveria mi scava dentro e mi fa male».
Ma questa vita che si sta diversificando come entra nel vostro rapporto?
Damiano: «Ho ancora grande paura di affrontare l’argomento e perciò durante la giornata lo evito, dando la colpa ai tanti impegni che abbiamo.
Ma penso che ognuno controlla l’altro, stiamo cercando di evitare, e ci riusciremo, di addomesticarci.
Non ci facciamo sedurre dalle piccolissime luci della ribalta, abbiamo sempre una voglia matta di raccontare delle storie e questo motore funziona. Fabio è il mio guardiano, il mio meccanico che mi sistema quando io sto perdendo qualche colpo o mi sto impigrendo rispetto al micro successo che stiamo avendo».
Siete custodi della creatività o anche della felicità dell’altro?
Fabio: «Siamo custodi di tutto, creatività, tristezza. Da quando siamo nati è sempre stato questo il problema, di viverci a specchio senza poterci nascondere niente l’uno all’altro. In questo momento viviamo un felice disequilibrio, mio fratello è più sereno, io più turbolento. Però va bene così».