Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  luglio 18 Sabato calendario

La magia di Merlino

Immenso conglomerato di narrazioni romanzesche nate separatamente ma già predisposte ad associarsi in un ciclo, la vulgata nota come Lancelot- Graal (XIII secolo d.C.) è un precipitato enciclopedico dell’immaginario cortese: in essa la voce di autori di spicco come Chrétien de Troyes e Robert de Boron si scioglie nel coro di mille altre voci ( letteralmente, la trasmissione orale cooperando con quella scritta) e nella disinvolta prassi di oscuri ma decisivi amanuensi. Non mi azzardo nemmeno a entrare nell’intricatissimo merito filologico della vicenda: dirò solo che finora si è privilegiata l’edizione dei singoli romanzi secondo la loro versione più lunga e completa, dato che le pochissime edizioni dei manoscritti contenenti l’intero ciclo scontano la natura spesso compendiosa dei singoli testi. Così anche per la monumentale edizione nei Millenni Einaudi Lino Leonardi e i suoi collaboratori hanno seguito e tradotto le migliori fra le singole edizioni disponibili. Di fatto, per l’Italia si tratta in assoluto della prima versione dell’intero ciclo, pur ricostruito, appunto, a partire da edizioni singolari e distinte. Il primo dei quattro volumi previsti contiene La storia del santo Graal, La storia di Merlino e Il seguito della storia di Merlino; verranno poi i romanzi intitolati a Lancillotto, ad Artù e ancora, a chiusura del cerchio, al Graal, per un totale di oltre 4.000 pagine.
Oggetto mistico e magico, il Graal non era originariamente legato al sangue di Cristo: ma lo diventa presto, nell’ambito di una più generale contaminazione della materia fiabesco- avventurosa con le sacre scritture e viceversa. Così, se da un lato la quête dei cavalieri perde i caratteri sensuali e trasgressivi dell’erranza per farsi” missione”, dall’altro le figure dei santi e dei profeti si ridefiniscono secondo gli ideali della cavalleria, quelli che ancora si sprigionano, per esempio, dallo splendido San Giorgio e la principessa del Pisanello in S. Anastasia a Verona. Si gettano qui le basi di quello che il Tasso chiamerò il «meraviglioso cristiano», categoria che per molto tempo consentirà agli artisti di giocare con la fantasia e con la magia sotto la copertura dell’autorizzazione religiosa. Nulla di strano dunque se il Mago di Ascalona, che ha un ruolo importante nella Gerusalemme liberata, sembra modellato direttamente su Merlino.
Prima che Goffredo di Monmouth lo latinizzasse in Merlinus, il celebre mago arturiano si chiamava Myrrdin, ed era un bardo gallese del VI secolo d.C.: apparteneva dunque ad un’epoca che di cortese ancora non aveva nulla, ed egli stesso era una creatura dei boschi semiselvaggia. Questa origine tenebrosa si riflette nella vulgata, dove Merlino, salvato dal battesimo, è comunque figlio naturale del diavolo, a sconfiggere il quale dovrà unire la propria biografia ( nel senso di” vita scritta") a quella di Giuseppe d’Arimatea. Come un personaggio di Borges, dunque, Merlino vive solo per essere un personaggio letterario, e la battaglia fra il Male e il Bene diventa quella fra Vita e Letteratura. Addirittura si ha l’impressione che Merlino, come Bob l’Inglese negli Spietati di Clint Eastwood, si porti al seguito uno o più scrivani incaricati di magnificarne le imprese in tempo reale. Merlino si specializza presto nella profezia ( la più conosciuta riguarda la spada nella roccia, o meglio nell’incudine), ma non si esime da prodigi più spettacolari, fra i quali la creazione di Stonehenge: «alla vista dei massi, dissero che tutti gli uomini del mondo non sarebbero riusciti a spostarne uno, e cominciarono a chiedersi increduli come Merlino li avesse fatti venire dall’Irlanda (…). Merlino ordinò loro di sollevarli, perché sarebbero stati più belli dritti che adagiati sul terreno», ma ottenendo un rifiuto esegue l’opera di persona: «così Merlino sollevò i grandi massi che sono ancora nel cimitero di Salisbury e che lì resteranno finché durerà il mondo».
Inizialmente la storia di Merlino si concludeva con l’incoronazione di Artù, che in due momenti diversi ha estratto la spada senza fatica. La Tavola Rotonda viene ripristinata, allegoria del ristabilimento dell’ordine nel mondo: Merlino ha dunque compiuto la propria opera e può uscire di scena. Vi rientra però nel Seguito, sicuramente la parte più farraginosa ed epigonale dell’intero ciclo. Qui le imprese di Merlino accompagnano quelle di Artù, impegnato sul fronte interno contro i baroni e su quello esterno contro i Sassoni, con complicazioni geograficamente e cronologicamente assurde che toccano Roma ( «in quel tempo era imperatore Giulio Cesare»), Gerusalemme e la Svizzera, dove Artù combatte con un gatto gigantesco che è posseduto dal demonio, e che fin dal nome (il Gatto del Lago di Losanna) sembra uscito dalla penna di Hoffmann o di Buzzati: un pescatore «pescò un gattino, più nero di una mora. Nel vederlo, il pescatore si disse che a casa sua ne aveva davvero bisogno per scacciare topi e ratti, e lo allevò così bene finché un giorno il gatto strangolò lui, la moglie e i figli, e poi fuggì su una montagna che è oltre il lago di cui vi ho detto. Dopodiché è rimasto là fino ai nostri giorni, e uccide chi gli capita a tiro. È enorme, e veramente terrificante».
Quanto a Lancillotto, in questo primo volume compare solo di sfuggita e in profezia: nella Storia del Santo Graal leggiamo che di tutti i cavalieri «sarà quello che affronterà più pene e tribolazioni» e che genererà Galaad, «che all’inizio sarà un fiume torbido e melmoso come fango, a metà sarà puro e trasparente, ma alla fine sarà cento volte più trasparente ancora, e sarà così dolce da bere che nessuno se ne sazierà». Il passo più interessante si trova però nel Seguito della storia di Merlino, dove, dopo avere evocato la tremenda autorità di Artù ( «il drago racchiudeva un significato profondo: significava re Artù e la sua potenza» ), si accenna eufemisticamente «alla disputa sorta tra di loro per la sua consorte, la regina Ginevra, con cui Lancillotto era molto intimo»: i tempi sono maturi, insomma, perché Merlino ceda la parola a Galeotto.