la Repubblica, 18 luglio 2020
Trump e i fagioli
L’immagine di Donald Trump che pubblicizza fagioli seduto alla sua scrivania (la scrivania del presidente degli Stati Uniti) ha qualcosa di folle. Credo che folle sia il termine più preciso. Nessuna valutazione politica è possibile, nessun metro etico, o ideologico, è in grado di misurare un gesto che sarebbe stato perfetto per la vecchia rubrica di Cuore "Segni della fine del mondo”. Ovviamente c’è un pregresso “politico” della vicenda, un commerciante di fagioli ispanico che sostiene Trump, l’opposizione che invita a boicottarlo perché Trump ha detto, a più riprese, cose orribili sugli ispanici, infine il presidente che replica al boicottaggio costruendo sulla sua scrivania un altarino di fagioli in scatola. Ma l’immagine dell’uomo di turno alla Casa Bianca che inneggia ai legumi (e anche la figlia, a pochi metri, yeah!) è talmente potente, nella sua devastante rinuncia a ogni decoro istituzionale, a ogni gravità del potere, da far pensare che la politica sia, oltre che una scienza impropria, una scienza del passato.
Un disperato tentativo di lettura razionale dell’accaduto suggerisce che “la fantasia al potere”, slogan nato in anni di delirante libertà, sia infine inverato dalla destra più spregiudicata. Ma bisogna essere molto ottimisti per sperare che alla Casa Bianca sieda un dadaista. Più probabile l’ipotesi del progressivo deragliamento psichico dell’Occidente. Segni della fine del mondo, appunto.