Corriere della Sera, 17 luglio 2020
La debuttante Sophia Loren
Ha lo sguardo un po’ annoiato, una terribile collana di pietre, i capelli raccolti e il numero 7 tra le mani. È il 2 ottobre 1949 e il retroscena di quell’immagine lo racconterà lei stessa nella sua autobiografia Rizzoli Sophia Loren . Ieri, oggi, domani. La graziosa fanciulla, appena quindicenne, si chiamava Sofia. Nata nel reparto per ragazze madri della clinica Santa Margherita di Roma il 20 settembre 1934, era stata riconosciuta obtorto collo dal padre Riccardo Scicolone Murillo, che grazie a due gocce di sangue blu poteva fregiare la primogenita del titolo di viscontessa di Pozzuoli, nobildonna di Caserta, marchesa di Licata. Nomi altisonanti e inutili, visto che lei che patì inesorabilmente la fame. Quella mattina Sofia si era infilata in un vagone di terza classe sul treno diretto da Pozzuoli a Napoli per partecipare al concorso «Regina del Mare» indetto dal Corriere di Napoli. Con lei c’era «mammina» Romilda, che non avendo potuto avere per sé un futuro da sosia di Greta Garbo, sognava la rivincita con la figlia. Sofia, sotto l’unico cappotto, indossava un abito in taffetà che la nonna le aveva cucito con le tende di casa. I vecchi sandaletti erano stati «rinfrescati» con il bianchetto. Sofia non diventò Regina, ma Principessa. Vinse carta da parati, una tovaglia con dodici tovaglioli e ventitremila lire. Un biglietto ferroviario che pochi mesi dopo la portò a Cinecittà sul set di Quo Vadis, come comparsa. La leggenda si cominciò a scrivere lì.