Il Sole 24 Ore, 16 luglio 2020
Bolla o non bolla sulle Borse? È «inflazione finanziaria»
Le Borse sono di nuovo al galoppo, pressoché indifferenti all’aumento della curva globale dei contagi da Covid-19. Shanghai è tornata sui massimi degli ultimi 5 anni. Con il rialzo di ieri (+2%) all’Eurostoxx 50 manca appena un 10% per riportarsi sui massimi di tutti i tempi. Ancora meno strada (5%) occorre all’S&P 500 di Wall Street mentre il tecnologico Nasdaq continua ogni giorno a stupire con nuovi record.
Di fronte a questo apparente ossimoro gli operatori sono divisi tra chi sostiene che ci troviamo di fronte a una conclamata bolla e chi, invece, indica che la lettura dei mercati finanziari sarebbe molto più semplice se cambiassimo l’unità di misura: da bolla a inflazione finanziaria. Questa è il frutto di stimoli senza precedenti delle banche centrali. Stimoli che il governatore della BoJ, Haruhiko Kuroda, ieri ha detto che è pronto a rafforzare ancora nonostante la banca detenga ormai titoli superiori al 110% del Pil nipponico. Sulla stessa strada potrebbe muoversi la Fed, stando alle parole di martedì di Lael Brainard, uno dei membri del consiglio dei governatori, che dipingendo un quadro più fosco del previsto per l’economia ha lasciato intendere che il consiglio sta ragionando su nuovi aiuti. Mentre oggi la palla passa alla Bce (si riunisce il consiglio direttivo). Il ricorso a misure non convenzionali è stato reso necessario a partire dal 2009 (con la Fed apripista) per contrastare la crisi dei derivati subprime. Da allora le banche centrali delle prime cinque grandi aree al mondo (Usa, Eurozona, Giappone, Gran Bretagna e Cina) hanno iniettato nuova liquidità nel sistema per 20mila miliardi di dollari. Un ammontare che equivale a circa il 25% del Pil mondiale.
Questa dinamica è stata potenziata nel 2020 nel bel mezzo della pandemia. La strada principale che le banche centrali hanno scelto per immettere nuova liquidità è l’acquisto di obbligazioni governative. A queste poi si sono aggiunti alcuni corporate bond (obbligazioni societarie). La BoJ ha anche rotto l’argine delle azioni dato che nel suo bilancio acquista anche Etf azionari. Da quando le banche centrali hanno iniziato a comprare bond il valore globale delle obbligazioni è passato da 25mila miliardi al record storico di 60mila miliardi. Se osservassimo le valutazioni dei bond con i vecchi parametri verrebbe da dire che si tratta di una bolla. Quindi di un mercato estremamente pericoloso, pronto a lasciare il cerino in mano agli ultimi (improvvisati) investitori.
La grande differenza rispetto a una bolla risiede nello schema: una bolla finanziaria si gonfia in modalità pressoché scolastica: 1) aspettativa di ulteriori rialzi; 2) contagio/avidità (nessuno vuole perdere l’occasione); 3) testardaggine (il gregge degli investitori si autoconvince che non è una bolla anche se potrebbe sembrare). La stessa poi scoppia non appena sorgono i primi dubbi sul valore dei prezzi a cui poi segue il panico e tutti corrono a vendere.
Bisogna ammettere che “questa volta è diverso” perché oggi sui mercati questi schemi non ci sono. Perché c’è un attore che di solito non partecipa alle bolle (banche centrali) e allo stesso tempo tra gli investitori non c’è il parco-buoi che nelle bolle rimane con il cerino accesso (quanti calzolai o casalinghe, con tutto il rispetto per le categorie, stanno comprando Bund al prezzo di 175?). Siamo in presenza di qualcosa di diverso: iniettando liquidità a dismisura nel sistema le banche centrali hanno creato un castello di carta: il nuovo parametro dell’inflazione finanziaria.
Questa si crea sia laddove la liquidità finisce direttamente (come sui bond acquistati dalle banche centrali) ma anche laddove confluisce in via indiretta. Ed è qui che entra in gioco il mercato azionario. Un fondo/banca (investitore istituzionale) che ha venduto bond alla banca centrale (quindi si trova in pancia la nuova liquidità immessa) dove può reinvestirla? I prezzi delle materie prime sono mediamente (Crb index) ai minimi degli ultimi 20 anni perché agganciati al ciclo economico e stanno soffrendo (oro a parte) particolarmente gli effetti pandemici. I prezzi dei bond, come detto, non sono mai stati così alti. Non restano, tra le altre grandi classi di investimento, le azioni. Le Borse continuano a salire per mancanza di alternative. Così, per mancanza di alternative, l’enorme liquidità pompata dalle banche centrali, dopo aver inflazionato il mercato dei bond, sta ora inflazionando il mercato azionario. E non appena qualche esponente di una banca centrale lascia intravedere l’ipotesi di nuovi stimoli le Borse salgono immediatamente perché vanno ad aggiornare nei prezzi le crescenti aspettative di inflazione finanziaria. Ciò non vuol dire che questo mondo non sia pericoloso dal punto di vista degli investimenti. Ma se non altro la palla ora è in mano alle banche centrali e non a un cigno nero.