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 2020  luglio 16 Giovedì calendario

Cercatori d’oro in Monferrato

«Ecco, vede? Quello rimasto in fondo al piatto è oro. Adesso lasciamo asciugare tutto e per quindici giorni non mi dovrò lavare i capelli». Daniele Cermelli, 54 anni, ha appena finito i pazienti movimenti circolari con il «cupöu» e guarda soddisfatto il bottino: pochi milligrammi, puntine che brillano come i suoi occhi sempre sorridenti. Ma i capelli cosa c’entrano? «Anticamente, per poter far aderire quelle pagliuzze d’oro al polpastrello e quindi metterlo da parte, ci si passava un dito tra i capelli. Possibilmente sporchi: il grasso che rimaneva sulla pelle faceva da “calamita” per l’oro».
Quante ne sa Daniele, agricoltore («anzi, preferisco agri-cultore») nelle grandi pianure del Monferrato tagliate dal fiume Orba che in questo periodo abbagliano con un altro giallo, quello dei girasoli. Nel suo bellissimo feudo, Cascina Merlanetta («mio nonno l’ha acquistata nel 1976 dopo 325 anni di affitto della nostra famiglia»), Daniele non solo coltiva fieno, piselli e frumento ma, fissato com’è con l’oro, ha dedicato parte della tenuta a Fattoria didattica. Con tanto di museo storico, ricchissimo di reperti anche di origine romana, che racconta la lunga storia di questa attività, cominciata probabilmente dalle popolazioni celtiche nel primo millennio avanti Cristo e che si tramanda di generazione in generazione. Testimoni di questo sono Selvaggia, 21 anni e Mirco, 17, i figli di Daniele che, pur studiando lontano (lei a Parma, lui a Voghera) ogni fine settimana indossano gli stivali e vanno a piegare la schiena sulle rive del fiume con papà. Si diventa ricchi? «Fa ridere pensare – risponde Daniele – che in ogni metro cubo di sabbia c’è almeno un grammo d’oro, e vale più o meno 50 euro, ma quel metro cubo di materiale viene venduto per uso edilizio a soli 18 euro... No, non si diventa ricchi: diciamo che il cercatore più costante che si dedica praticamente a tempo pieno a questo hobby, può arrivare a raccogliere – ma si tratta di un record – fino a mezzo etto d’oro in un anno».
Non occorrono particolari permessi e l’attrezzatura vale pochi soldi. Viene rilasciato solo un tesserino annuale che consente di raccogliere liberamente fino a cinque grammi al giorno («magari»). Funziona così: bisogna mettere una «scaletta» (ma in realtà si tratta di una canalina in legno stretta e con i bordi alti) in direzione della corrente. Sul fondo della canalina c’è una striscia di erba finta, quella comune di plastica. Buona parte del materiale sassoso che passa dentro la canalina, scivola via e torna in acqua. Tra i fili di finta erba si depositano invece i metalli pesanti. Quindi si trasferisce tutto nel piatto nero che viene agitato con maestria in acqua: i materiali magnetici vengono eliminati con una banale calamita all’interno di una bottiglia di plastica, e via via quello che non serve torna a depositarsi nell’Orba, ecco dunque che come per magia alla fine appaiono nel piatto le infinitesimali pagliuzze d’oro. Si può provare. Daniele organizza nei fine settimana una serie di mini corsi. Prima la teoria e poi la pratica: l’ospite che trova l’oro può portarselo a casa naturalmente.
A questo punto l’agri-cultore ci prega di seguirlo. Deve mostrarci il suo vero tesoro. È là, sotto il lungo viale alberato e ha un nome inciso su una targa, il Prejöu d’ir praijöu (il pietrone del pratone): «Solo un grande sasso. Ma qui venivo a sedermi vicino a mia nonna e lei mi raccontava le storie che ho poi tramesso ai miei figli. Storie preziose. Proprio come l’oro».