Corriere della Sera, 16 luglio 2020
Biografia di Eric Dupond-Moretti
«Sono franco-italiano, ho la doppia nazionalità. La mia latinità mi ha portato a sgarrare un po’, da giovane ho fischiato qualche ragazza che attraversava la strada... E una sciocchezza simile costerebbe 90 euro? Ma è una cosa da pazzi, queste cose vanno affidate alle buone maniere, non alla legge». Per uscite come questa, pronunciata proprio quando la futura collega di governo Marléne Schiappa faceva approvare la legge contro le molestie per strada (2018), il nuovo ministro della Giustizia Eric Dupond-Moretti è al centro oggi degli attacchi delle femministe. Non lo hanno mai stimato quando era il principe degli avvocati e veniva chiamato «l’orco del tribunale» o «Acquittator» (acquitter significa assolvere), non lo sopportano oggi che Dupond-Moretti è il Guardasigilli di un Paese dove la lotta alle discriminazioni e alle violenze sulle donne sarebbe in teoria la «Grande causa» della presidenza Macron.
Contro di lui e contro Gérald Darmanin (nuovo ministro dell’Interno benché accusato di violenza sessuale) le femministe sono scese in piazza, e la loro lotta ora diventa internazionale. Su «Le Monde» è apparso ieri un appello firmato da 91 intellettuali e militanti femministe di 35 Paesi, tra le quali l’iraniana Shirin Ebadi (premio Nobel per la pace 2003) e la bielorussa Svetlana Alexievitch (Nobel per la letteratura 2015), che giudicano le nomine di Darmanin e Dupond-Moretti «un affronto alle ambizioni francesi di promozione dei diritti delle donne».
I passaggi sul nuovo ministro della Giustizia sono durissimi: «Ha pronunciato frasi apertamente sessiste, ha attaccato #MeToo ovvero il movimento sociale planetario portatore di tante speranze di uguaglianza; Dupond-Moretti promuove la cultura dello stupro, minimizzando, banalizzando e distorcendo le violenze sessiste e sessuali».
Ma proprio per questi sfoghi – sempre in bilico tra l’arringa appassionata e la battuta da bistrot – che l’avvocato Eric Dupond-Moretti è anche una delle personalità più popolari di Francia. Affidandogli il ministero della Giustizia d’accordo con il neo-premier Jean Castex, Emmanuel Macron non ha certo premiato la competenza tecnica, che pure esiste, di Dupond-Moretti, o la sua nota avversione per la magistratura, che lui vorrebbe rivoluzionare senza averne probabilmente il tempo (il governo scade tra soli due anni). Piuttosto, circondato da tanti freddi tecnocrati, Macron ha scelto una personalità mediatica e sanguigna, adorata dai tanti insofferenti della società dei divieti.
Per loro, Eric Dupond-Moretti è un idolo: sbuffa contro il no alle sigarette (se ne accende in continuazione), contro la perdita della sana abitudine a bere almeno un bicchiere di rosso a pranzo, e contro la fine della galanteria alla vecchia maniera. Cinquantanove anni, piccoli occhi azzurri e grande voce pronta a levarsi, attore per hobby e fisico, nel «Dizionario della mia vita» pubblicato nel 2018 Dupond-Moretti racconta dove è nato il suo desiderio di giustizia: «Mio nonno, un immigrato italiano, è stato ritrovato lungo i binari, probabilmente assassinato, e la mia famiglia non è mai riuscita a fare aprire le indagini».
Figlio di un operaio e di una donna delle pulizie, difensore tra gli altri di Abdelkader Merah (il fratello dello stragista di Tolosa), di Karim Benzema (il campione di calcio) e di Julian Assange (il fondatore di Wikileaks), re delle assoluzioni (oltre 150), Eric Dupond-Moretti è noto anche per queste dichiarazioni: «Tutti gli uomini non sono predatori, ed esistono donne eccitate dal potere. L’attricetta va dal produttore dicendo “voglio diventare una star” e quello gli risponde “d’accordo, ma andiamo a letto”: se vanno a letto, non è violenza sessuale, è il metodo del divano». E ancora: «Un’anziana signora che adoro mi ha detto “a me dispiace che nessuno mi fischi più”». Frasi vergognose per le femministe e sacrosante per molti altri francesi. Nominando Dupond-Moretti alla Giustizia, Macron ha preferito avvicinarsi a questi ultimi.