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 2020  luglio 15 Mercoledì calendario

Il debito pubblico italiano sopra il record del 1946

Alla fine dell’anno il debito pubblico dei Paesi a economia avanzata supererà il 120% del Pil. Il dato, contenuto nelle ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, a un lettore italiano potrà dire poco. Perché da noi negli ultimi otto anni il 120% ha rappresentato al massimo una promessa irraggiungibile scritta nei tanti Def che ogni anno fissavano obiettivi di medio termine mai raggiunti. Nella media dei Paesi sviluppati, però, significa un balzo di oltre 20 punti rispetto all’anno scorso; e significa soprattutto toccare il livello più alto mai registrato nella storia superando il record storico raggiunto nel 1946, fra l’Europa che avviava la ricostruzione dalle macerie di sei anni di guerra e gli Stati Uniti che finanziavano massicci programmi di aiuto dopo gli anni delle spese militari senza freni.
Fra crolli repentini della produzione e spesa pubblica a ritmi inediti per tamponarne le ricadute sociali, il Coronavirus ha prodotto in pochi mesi la stessa quantità di debito che le crisi precedenti avevano impiegato 20 anni a determinare: perché il mondo dei Paesi sviluppati era uscito dalla bolla della new economy all’inizio degli anni Duemila con un debito intorno all’80% del Pil, e con la botta dei subprime negli Usa tradotta in crisi del debito sovrano in Europa era salito su su fino al 100% del Pil.
Anche nella sola Eurozona il passaggio del virus implica 17 punti di debito in più, dall’86% del Pil registrato nella media 2019 al 102,6% atteso per quest’anno, almeno secondo le cifre del database Ameco della commissione che però sarann0 inevitabilmente soggette a ulteriori aggiornamenti nei prossimi mesi.
Questa nuova normalità del debito prodotta dalla pandemia è destinata ad archiviare definitivamente il parametro chiave calcolato a Maastricht, quell’obiettivo del debito al 60% sul Pil che l’anno scorso fra i grandi Paesi è stato rispettato dalla sola Germania proiettata ora sopra quota 75 per cento. Ma nemmeno nel mondo del debito il «mal comune» è un «mezzo gaudio» come recita uno dei proverbi meno veritieri della saggezza popolare.
Ed è ancora l’analisi del Fondo monetario a spiegare il perché. Sottolineando che i Paesi a più alto deb ito si troveranno a gestire un doppio problema: nell’immediato le ricadute sociali della crisi promettono di essere più profonde, per la ragione ovvia che con meno spazi fiscali a disposizione anche le contromisure in termini di aiuti a imprese e famiglie, per quanto ampie, incontrano limiti maggiori. E in questi Paesi nel medio termine, «più lungo sarà il crollo, più alto sarà il bisogno» di indirizzare sostegni a famiglie e imprese; in un contesto nel quale «la responsabilità di garantire la sostenibilità del debito resterà interamente nazionale» nonostante le azioni comunitarie.
Il Fondo monetario non fa nomi, ma attribuisce questa prospettiva ai Paesi che hanno visto il loro debito crescere molto nelle crisi, e stabilizzarsi senza scendere nelle fasi di ripresa. L’identikit dell’Italia.