Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  luglio 15 Mercoledì calendario

Gli squali rischiano l’estinzione

Il cattivo dei mari per eccellenza, sua maestà lo squalo, sta rischiando grosso: più della metà delle specie presenti nel Mediterraneo, 39 su 73, sono a rischio se non a forte rischio estinzione. Parliamo di tutti i pesci cartilaginei, dalle razze alle mante ai classici pescecani, che poi tanto pericolosi non sono, se si pensa che l’ultimo attacco a un essere umano nel «Mare Nostrum» risale al 1991, quando uno squalo addentò la tavola da surf di una bagnante a Santa Margherita Ligure. 
In realtà, a doversi guardare di più dall’uomo e dalle sue attività sono proprio loro: in particolar modo lo spinarolo, lo smeriglio, il volpe, e poi lo squalo grigio, l’elefante, lo zigrino, la verdesca e il mako. 
Fra le minacce più insidiose c’è la pesca accidentale, cioè i pescecani che restano impigliati nelle reti a strascico oppure appesi agli ami dei palangari, le attrezzature usate per la caccia a tonni e pescespada. Uno studio della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli ha accertato che l’88% dei pescatori intervistati pesca regolarmente degli squali, nel 75% dei casi ancora vivi. Pesci che vengono ributtati in mare o che finiscono fra gli scarti, visto che la loro carne, almeno nei nostri lidi, non ha mercato. Da queste rilevazioni è nato il progetto internazionale Elife - budget da 3,3 miloni di euro, cofinanziato dall’Ue - che vede coinvolti dieci partner pubblici e privati (da Costa edutainment al Cnr, da Legambiente all’Università di Padova): l’obiettivo è coinvolgere i pescatori in modo che utilizzino un’attrezzatura meno dannosa per queste specie.
Le marinerie di Chioggia, Gallipoli, Lampedusa, Cirò Marina, Porto Cesareo, Sardegna nord-orientale, Marsala, Mazara del Vallo, Lampedusa, del Mar Egeo e di Cipro saranno dotate di strumenti capaci di ridurre le catture accidentali del 30%. L’altro obiettivo è arrivare almeno a dimezzare la mortalità degli esemplari, con azioni mirate per abbattere la cattura di squali grigi all’isolotto di Lampione (isole Pelagie) e di squali elefante nelle acque costiere del nord della Sardegna. 
L’occasione per parlarne è stata la Giornata mondiale degli squali celebrata ieri, quando contenuti e finalità del progetto sono stati illustrati nel dettaglio. «I nemici principali di queste specie sono da un lato l’impoverimento degli habitat costieri e dall’altro la pesca - spiega Massimiliano Bottaro, coordinatore del progetto Elife e ricercatore della Stazione zoologica Anton Dohrn -: perché riduce le prede degli squali e perché, con le catture accidentali, si accanisce contro di loro». Un esempio per capire: i palangari per i pescespada sono funi lunghe un paio di chilometri cui sono legate lenze con grossi ami a forma di J. I pescecani che abboccano (ma accade anche a tartarughe e delfini) si feriscono mortalmente all’esofago e muoiono. «Noi proponiamo ai pescatori degli ami a C, che non siano letali - dice Bottaro -. Quanto alle reti a strascico, abbiamo pensato a un sistema già usato con successo con le tartarughe, cioè munire le reti di griglie per impedire l’ingresso di pesci di grossa taglia». Oltre all’attrezzatura, serviranno anche interventi formativi: «Alle centinaia di pescatori coinvolti forniremo le informazioni necessarie per adottare i comportamenti più adeguati - aggiunge Bottaro -. Si tratta di suggerimenti pratici su come ributtare lo squalo in mare senza che, nel frattempo, muoia sulla barca». E poi ci sarà una verifica sull’efficacia del progetto: «Su alcuni squali liberati saranno messi rilevatori satellitari che permetteranno di verificare la loro sopravvivenza dopo un certo periodo. Anche i pescatori saranno interpellati: lo scopo di Elife è garantire la conservazione della specie, ma senza nuocere alle attività economiche».