la Repubblica, 15 luglio 2020
Traffici con la Cina e truffe sul coronavirus
MILANO – «Abbiamo fatto la richiesta per fare quella cosa lì.. dei 150 mila euro no? Mi ha mandato quella per i 25 mila...». Non solo un complicato sistema di società cartiere, fatture false e riciclaggio di denaro tra Europa e Cina. Gli uomini della ‘ndrangheta puntavano anche ai fondi stanziati dal Governo per l’emergenza Coronavirus. Appena un mese fa, il 15 giugno scorso, Francesco Maida, uno degli otto arrestati (quattro ai domiciliari) nell’inchiesta del capo della Dda di Milano Alessandra Dolci e della pm Bruna Albertini, utilizzava le sue aziende anche per ottenere fondi pubblici. L’imprenditore – a capo del reticolo di scatole vuote e dotato del grado di “camorrista” nella cosca Greco di San Mauro Marchesato, Crotone – usa i prestanome per gli incontri coi funzionari di banca, telefona ai direttori, cerca di velocizzare le pratiche bloccate. «Avevamo fatto una richiesta di documentazione – dice al telefono di una filiale – abbiamo mandato la richiesta bilanci e da allora non abbiamo più saputo nulla. Sappiamo che abbiamo il conto scoperto, volevamo anche metterlo a posto, però se non parliamo.. non riusciamo a capire come muoverci..». I finanzieri del Gico della Guardia di Finanza di Milano hanno quantificato in 60 mila i contributi a fondo perduto incassati da tre banche, mentre l’organizzazione aveva pratiche aperte per altri 250 mila euro di prestiti agevolati, sempre per l’emergenza Covid. L’indagine ha ricostruito l’attività (minima) di commercializzazione dell’acciaio messa in piedi da Maida e dall’altro imprenditore arrestato, Luciano Mercuri, che in realtà nascondeva un sistema di compensazione di crediti d’imposta, simulazione di acquisti di merci, finte vendite di materiale all’estero, con truffe agli istituti di credito e drenaggio di denaro all’estero. «Una serie indeterminata di reati» scrive la gip Alessandra Simion che ha convalidato un sequestro di 7,5 milioni. Insieme a Giuseppe Arcuri (arrestato), secondo i pentiti «con Maida, parte della ‘ndrina distaccata di Monza – Sesto San Giovanni», il gruppo ha poi «esteso la propria operatività anche in Croazia, Serbia, Francia, Belgio, Cina e soprattutto Bulgaria, quest’ultima sponda strategica per lo schema di frode in materia di Iva». Insieme a Mercuri, Maida è a cena nel suo lussuoso appartamento di Citylife con il figlio del boss Lino Greco, Luigi, e pianificano anche scelte politiche. Greco, scrive il gip, «incaricava alcune persone di fiducia, Maida e Mercuri, di sostenere la candidatura di Tranquillo Paradiso» per le Regionali in Lombardia nella lista “Lista Lavoro e Libertà 3L Tremonti” su cui «far convergere i voti dei calabresi». Oltre ai legami con il potentissimo clan dei Grandi Aracri di Cutro (Crotone), radicati in Emilia Romagna e in un pezzo di Lombardia, emergono anche i rapporti finanziari con la Chinatown milanese, dove l’altro arrestato, Sang You Zhang, era il terminale del riciclaggio della comunità cinese. «Maida e Mercuri – ha raccontato il pentito lametino Gennaro Pulice – riciclano danaro nero che proviene da Chinatown, consegnato da questo cinese a loro e che loro, grazie a queste transazioni con l’acciaio, fanno pervenire su conti cinesi in Cina. Utilizzano le società bulgare e sui contanti versati dal cinese, Maida e Mercuri trattengono alla consegna il 4%».