la Repubblica, 14 luglio 2020
Gadda, Sgarbi e la dialettica
Nel 2001, poco prima di morire, Carlo Bo, “straparlando” con Antonio Gnoli nella sua casa di Urbino (e dove se no?), spiegò come Carlo Emilio Gadda facesse prevalere d’istinto la propria corda civile sulla propria corda pazza. «Era un uomo cerimonioso, ma in modo strano… Una volta telefonò a Roberto Longhi, il grande critico d’arte, con la ferma intenzione di insultarlo. Ma quando lui rispose, si profuse in complimenti sperticatissimi». La parola chiave qui è «cerimonioso in modo strano» che non sta per affettato e ipocrita ma, ribadendo con Croce e Kelsen che la forma è sostanza, racconta la forza del rispetto che ovviamente Gadda aveva per Longhi e che misurava la grandezza di entrambi.
Evoco Bo, Gadda e Longhi per meglio parlare di Urbino dove Vittorio Sgarbi è prosindaco. È una carica onorifica che, in una città così speciale per l’arte, Sgarbi meriterebbe anche se la giunta non fosse di centrodestra. Al contrario di Gadda però Sgarbi non sa resistere alla sua corda pazza, e al garbo antepone lo sgarbo, al suono il tuono. Con l’umor nero del vaffa ha infatti messo il veto a Stefano Boeri – «non è un archistar, è un politico» – che aveva accettato l’incarico di redigere il piano strategico di Urbino offertogli dalla giunta di centrodestra. Inutile spiegare che opportunità sarebbero Sgarbi e Boeri nella città di Carlo Bo. Non solo Urbino non è buon teatro per il dadaismo dispettoso ma, al contrario, è per sua natura il luogo che trasforma in angelo il demone della politica. E Sgarbi ha certamente studiato il potere virtuoso, quello che celebra se stesso nel diverso da sé. Come nel “modello Genova” dove il sindaco di destra Marco Bucci ha affidato a Renzo Piano non solo il Ponte, ma anche l’allungamento del porto: «Un progetto di ingegneria idraulica leonardesca». Eppure la fascisteria alla Gasparri non lo voleva: «Piano è di sinistra».
Ed ecco che si torna a Urbino dove Sgarbi non vuole Boeri «perché è del Pd». Per fortuna ci sono destre che hanno chiamato Boeri: ad Amatrice, Riccione, Arquata del Tronto, Castelsantangelo sul Nera… E invece Sgarbi ha esercitato il potere vizioso proprio a Urbino che deve tutto al potere virtuoso: quello di Federico da Montefeltro che mise a contatto e a contrasto i migliori artisti e ingegneri e chiamò Leon Battista Alberti, l’architetto del nemico politico di sempre, il Malatesta, signore di Rimini. E fu potere virtuoso quello di Carlo Bo, che divenne rettore (a vita) nel 1947.
Cattolico e conservatore, con un mandato rinascimentale Bo affidò il disegno di Urbino all’architetto Giancarlo De Carlo, l’amatissimo maestro di Boeri, che in 40 anni di lavoro le restituì il suo posto di “città ideale”. Il potere virtuoso di Bo riuniva a Urbino tanti uomini di ingegno come Livio Sichirollo, antichista e assessore, Carmelo Lacorte, studioso di Hegel e allievo di Arturo Massolo… È il mondo perduto dei grandi intellettuali “cerimoniosi” che Sgarbi tradisce e seppellisce.