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 2020  luglio 14 Martedì calendario

A Istanbul rinasce l’idea del Califfato

Dopo Santa Sofia moschea, idea Califfato. L’altra sera su Akit Tv, canale vicino al partito conservatore di ispirazione religiosa al potere, un programma rifletteva sulla necessità di far rinascere il Califfato. E di usare Ayasofya, cioè ormai l’ex museo di Santa Sofia, come moschea califfale. Non si conoscono gli sviluppi di una discussione che, comunque, è indicativa di dove si stia orientando la Turchia, in evidente uscita dalla sfera laica impressa da Ataturk. Si sanno però le prime disposizioni che riguardano la nuova moschea, dove la preghiera avverrà venerdì – il giorno di festa per i musulmani – 24 luglio: il Diyanet, il Direttorato per gli Affari religiosi, ha deciso di nominare per il luogo sacro due imam e quattro muezzin. Le sure del Corano risuoneranno dunque sotto la cupola e tra i mosaici bizantini di quella che, per mille anni, fu una chiesa, cattolica e ortodossa.
Intanto in piazza Sultanahmet le visite alle gallerie di Santa Sofia sono state chiuse. Sarà il Gran Muftì di Istanbul a presiedere probabilmente la cerimonia di reinsediamento. A preparare tutto è in buona parte il Diyanet, come organismo deputato. Affari religiosi, sì. Ma il Direttorato lavora alle dipendenze del governo, dando impiego a decine di migliaia di persone, fra cui una pletora di imam, tutti a libro paga dello Stato.
Il Diyanet è una struttura particolare, si occupa delle anime ma lavora gomito a gomito con le istituzioni. Fino al 2010 assunse posizioni anche progressiste, nominando centinaia di donne nei suoi ranghi più alti, ed esprimendosi a favore della fertilizzazione in vitro e della pillola. Ma con il progressivo irrigidirsi del governo, si è fatto molto più tradizionale. Sotto il potere del Partito giustizia e sviluppo fondato da Recep Tayyip Erdogan, il suo budget è però quadruplicato (più di 2 miliardi di dollari nel 2015), con disponibilità del 40 per cento maggiori rispetto al ministero degli Interni, e uguali a quelle dei dicasteri di Esteri, Energia, Turismo e Cultura messi assieme. 150 mila dipendenti. Forma gli imam e dispone corsi di Corano. Una corazzata dalla doppia anima.
Dentro non tutto è filato sempre liscio. Al di là delle accuse contro il suo ex capo, per via di un’auto di lusso e di una vasca con la Jacuzzi (i turchi sono però noti come maestri nella cura del bagno), dopo il golpe fallito di cui domani corre il quarto anniversario, Erdogan rimosse pure dal Diyanet centinaia di ufficiali religiosi. E ben 38 Paesi accusarono gli imam turchi di spiare sospetti golpisti, presentando rapporti di intelligence al parlamento di Ankara. Da una decina di anni la struttura fornisce persino fatwe, su richiesta, dal proprio sito.
Da qui al Califfato il passo è allora un’ipotesi di cui discutere. Dopo quelli arabi il Califfato ottomano prese campo nel XVI secolo con la conquista del Sultanato da parte di Selim II, portando tutti gli emblemi del potere, il mantello e la spada del Profeta, nel complesso imperiale del Topkapi, giusto sotto Santa Sofia. Ataturk abolì il Califfato nel 1924, appena un anno dopo avere fondato la nuova Repubblica di Turchia.
Dieci anni più tardi, altra conquista della laicità: la riduzione a museo della ex basilica e moschea di Santa Sofia. Ma oggi, quasi un secolo dopo, i venti della restaurazione ottomana tornano a soffiare forte lungo il Bosforo.