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 2020  luglio 10 Venerdì calendario

Su "La lista degli stronzi" di John Niven (Einaudi)

Nel film Non è mai troppo tardi (The Bucket List, 2007), Jack Nicholson e Morgan Freeman, malati terminali, stilano una lista di cose da fare prima di morire. Il titolo americano si rifà all’espressione gergale to kick the bucket: dare un calcio al secchio, andare all’altro mondo. Prende spunto da questo elenco lo scrittore scozzese John Niven per scatenare la sua esplosiva e irriverente verve narrativa nel romanzo La lista degli stronzi (Einaudi). Il titolo originale - The fuckit list - canzona il film già citato, ma la versione italiana ha un qualcosa in più, suggerisce un’idea di vendetta che è il cuore della storia travolgente - una girandola di humour nero, disperazione, esaltazione - raccontata da Niven. Una storia estrema, ma non al di fuori delle capacità di immedesimazione del lettore, perché dopotutto, come ben spiega un famoso aforisma dello psichiatra Robert Simon, "i cattivi fanno quello che i buoni sognano".  

La premessa è cinica: quando Frank Brill, sessantenne amareggiato da una vita piena di traversie, scopre di avere solo sei mesi di vita, la rabbia sorda che ha accumulato negli anni tracima. Frank, che non è tipo da deprimersi, decide di vendicarsi: si imbarca in una missione truculenta per eliminare coloro che ritiene responsabili delle sue disgrazie. Tutto questo in un 2026 in cui l’America è monopolio trumpiano - Donald, dopo due mandati, è rimpiazzato dalla figlia Ivanka - ed è ormai un Paese distopico: bigotto, razzista e misogino. E soprattutto violento: per via dell’accresciuta influenza politica della National Rifle Association, infatti, è diventato obbligatorio portare un’arma. E così le sparatorie per futili motivi e le stragi scolastiche si moltiplicano. Frank, che ha perso la moglie e il figlio in uno di questi eventi tragici, vuole ribellarsi, dimenticando che, come ammoniva Nietzsche, "chi combatte con i mostri deve guardarsi dal diventare egli stesso un mostro".

Lo spunto iniziale, racconta Niven, è nato tra i fumi dell’alcol di un pub di Glasgow. "Ho un amico in Scozia, Allan, un tipo divertente: dice cose molto buffe rimanendo completamente serio. Lo abbiamo tutti un amico così, giusto? Sette anni fa ero in un pub con lui e altri tre amici. Un conoscente aveva appena ricevuto una diagnosi nefasta. Allora il mio amico Allan iniziò a chiedere a tutti: "Tu cosa faresti al suo posto?". Ognuno di noi tirò fuori una lista di esperienze da fare prima di morire. Le solite cose: andare in Tibet, nuotare insieme ai delfini e roba del genere. Ma Allan ci guardò scuotendo la testa con disapprovazione e ci spiegò: "No, no, no. Quello che dovreste fare, invece, è stilare una lista di cinque-sei persone che vi hanno rovinato la vita. Andare a trovare questa gentaglia, e suonare il campanello. Din-don! Loro apriranno e capiranno al volo perché siete lì: per toglierli dal mondo. Bum!". Al pub tutti noi ridemmo sguaiatamente alla battuta del nostro amico. Ma quando sei uno scrittore a volte certe idee ti rimangono da qualche parte nel cervello, e prima o poi maturano nello spunto per un romanzo".

Negli anni l’idea si è arricchita. "Quando poi Trump è salito al potere, mi è venuto il ghiribizzo di scrivere una storia ambientata nel vicino futuro che mostrasse come sarebbe diventata l’America dopo dieci anni sotto di lui" spiega. "Ma non puoi scrivere un romanzo solo su quello: è uno scenario che può andare bene come ambientazione, poi però ci vuole una storia. E così un giorno queste due idee si sono incrociate e hanno dato vita a La lista degli stronzi". Nella lista di Frank, naturalmente, non può mancare lo stesso Donald Trump. E proprio il presidente - impressionante nel romanzo come i suoi fan urlino "Trump! Trump! Trump!" per silenziare qualsiasi obiezione alle loro soperchierie - è il punto in cui vita e arte si imitano a vicenda, e  sembra che Niven e il suo personaggio Frank Brill vadano idealmente a ubriacarsi insieme e mandino tutti e due al diavolo Trump. In effetti è già successo, e in tempi non sospetti: "Quando nel 2012 Obama vinse il secondo mandato, Trump gli indirizzò un tweet sprezzante" racconta lo scrittore. "Io gli risposi dicendo che mi sembrava proprio un fottuto "cattivo" da cartone di Scooby-Doo, e lui mi bannò".

La soluzione scelta da Frank Brill nel romanzo è un po’ più drastica di un tweet sbeffeggiante. Ma bisogna appunto ricordare che si tratta di un romanzo e non di un libretto delle istruzioni. "Sia chiaro che io non dipingo Frank come un modello né la violenza come una soluzione accettabile. Lo spiegò bene George Orwell nell’articolo La vendetta è amara, in cui raccontava di come gli ex prigionieri dei campi di sterminio volessero rivalersi sui carcerieri. Orwell spiegò che la vendetta è un atto che si desidera compiere quando ci si trova impotenti a cambiare la realtà. Ma appena si esce da quella condizione, si scopre che non dà più nessun piacere".

Dopo un po’, però, lo scrittore aggiunge: "Detto questo, credo che tutto sommato il mondo senza Trump potrebbe essere migliore". E magari assomigliare al Paese sbiadito che ogni tanto affiora nei ricordi di Frank, intrisi di nostalgia: "Come un bambino che continua a fissare quello che resta di una bolla iridescente esplosa nell’aria estiva, Frank riusciva ancora a sentire sul viso il vapore, il pizzicore di quella vecchia America".