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 2020  luglio 12 Domenica calendario

Il diritto alla salute o l’economia?

I governi più prudenti e razionali hanno affrontato la pandemia con le misure adottate dal governo italiano e, più o meno contemporaneamente, da altri Paesi dell’Unione Europea. Ma è ora di ricordare che gli effetti del virus non saranno soltanto sanitari e che quelli politici non saranno meno importanti.
In primo luogo, assisteremo probabilmente a un’ondata di collera contro la globalizzazione. Non è possibile negare che la straordinaria rapidità con cui il morbo si è diffuso attraverso il pianeta sia il risultato di quelle tecnologie e di quei comportamenti che hanno reso possibile la straordinaria crescita dell’intercambio economico e sociale nel corso degli ultimi decenni. Ma non credo che il mondo di domani volti le spalle alla globalizzazione e divenga una costellazione di entità autarchiche. Messi di fronte alla necessità di scegliere fra il progresso e la stasi, gli uomini hanno quasi sempre scelto il progresso, anche quando presentava rischi e pericoli. Ma le forze politiche che hanno criticato la globalizzazione non perderanno l’occasione, durante una campagna elettorale, per vantare la loro saggezza e raccogliere voti.
In secondo luogo assisteremo a un più duro scontro fra due fazioni: quella di coloro che giustificano le misure adottate dai governi più scrupolosi anche quando rallentano considerevolmente la macchina economica del Paese, e quella di chi pensa, anche senza dichiararlo troppo esplicitamente, che l’economia sia più importante. Potrebbe trattarsi di una contesa provvisoria, destinata ad attenuarsi con il passare del tempo, se le due fazioni non fossero correnti politiche destinate a dominare il dibattito pubblico dei prossimi anni. La prima è rappresentata da quei partiti e movimenti social-democratici o liberal-socialisti che credono nella democrazia parlamentare e nel progressivo ampliamento di una legislazione ispirata da principi sociali e umanitari fra cui soprattutto, in queste circostanze, il diritto alla salute. La seconda è rappresentata da nuove forze politiche che non amano i parlamenti e cercano di ridurre il numero dei loro membri, che vorrebbero dare maggiori poteri non tanto agli esecutivi quanto a singole personalità, che considerano il buon andamento della economia più importante di una scrupolosa politica sanitaria, che non amano la scienza quando il risultato delle sue ricerche non compiace i suoi elettori più creduli e malleabili (ricordate la battaglia dei vaccini?). Questa antinomia è particolarmente visibile negli Stati Uniti dove il leader della seconda fazione è indubbiamente Donald Trump, mentre il leader della prima è Joe Biden, spalleggiato da Barack Obama, il presidente che riuscì a fare approvare una coraggiosa legge sanitaria contro la potente corporazione dei medici. Ma è presente anche in altri Paesi e condizionerà le sorti della democrazia parlamentare nei prossimi anni.