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 2020  luglio 11 Sabato calendario

Ipotesi di vita marziana

Immaginate un mondo simile alla Terra: fiumi gonfi come il Po quando è in piena, laghi, almeno 24 nel solo emisfero nord, estesi per decine di chilometri. E là, poco distante, un oceano. Forse straripante di vita. Marte sarebbe apparso così a un visitatore di tre miliardi di anni fa: più somigliante al nostro pianeta che al deserto di oggi, quello che nei prossimi mesi verrà raggiunto dalle nuove missioni robotiche americane, cinesi ed emiratine. A confermarlo è uno studio, pubblicato a maggio su «Nature Communications», di Francesco Salese, geologo abruzzese di 32 anni.
Salese, che cosa ha scoperto studiando le foto marziane?
«La prima evidenza di rocce sedimentarie esposte in falesia: mostra canali formati da grandi fiumi attivi circa tre miliardi e 700 milioni di anni fa. I sedimenti ci dicono che su Marte c’erano condizioni ambientali adatte alla presenza di corsi d’acqua di grande portata e a un ciclo idrico con precipitazioni importanti. Evidenze geologiche di questo tipo sono cruciali per cercare forme di vita: in uno studio precedente avevo già individuato 24 paleolaghi a 4.000 metri di profondità nell’emisfero nord, dove molto probabilmente in passato c’è stato un oceano. Sul fondo di alcuni laghi sono presenti tracce ben conservate di delta fluviali e sedimenti ricchi di minerali compatibili con l’ipotesi della vita: smectiti ad alto contenuto di magnesio, serpentino e minerali di ferro-idrato, cioè elementi che potrebbero avere a che fare con processi all’origine biologici».
Cerchiamo questo su Marte, la vita?
«Quanto a obiettivi scientifici, andiamo su Marte per comprenderne la geologia, l’evoluzione e sì, per cercare la vita. Capire se altrove nell’Universo la vita esista, o sia esistita, è la domanda dell’umanità. Marte è il posto ideale per iniziare a rispondere, perché è il pianeta più simile alla Terra che conosciamo. Le evidenze suggeriscono che una volta fosse ricco d’acqua, con temperature più elevate e un’atmosfera più densa, quindi potenzialmente abitabile. Le sonde e i rover, che nel 2021 raggiungeranno quelli già lì, studieranno il clima marziano, l’atmosfera e la superficie, sia dall’orbita che al suolo».
Quante possibilità abbiamo di trovarla e cosa si intende per «vita» in questi casi?
«Quello che cerchiamo su Marte sono marker biologici attuali e passati. Il carbonio è un mattone fondamentale della vita come la intendiamo sulla Terra. Sapere se ci sia, e in quale forma, fornirebbe informazioni su dove si è sviluppata. I marker che sappiamo identificare, però, sono quelli terrestri. È possibile che la vita su un altro pianeta sia molto diversa. La vera sfida è discernere la vita dalla non-vita prescindendo dalle variabili».
Le sue scoperte si basano sui dati delle missioni Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter...
«Non è come leggere un giornale, ma di Marte abbiamo per fortuna immagini satellitari a una risoluzione di 25 centimetri per pixel (Google Earth ha una risoluzione di 1 metro per pixel), che permettono ai geologi di osservare le rocce come fossero davvero vicine. Usiamo la stessa chiave di lettura terrestre per ricostruirne l’evoluzione geologica».
Che cosa è successo a Marte?
«È diventato arido e ha perso gran parte dell’atmosfera. Su come e perché ci sono diverse ipotesi. La missione emiratina Hope ha proprio lo scopo di integrare le analisi atmosferiche iniziate dalla sonda Nasa Maven nel 2014».
Perché la geologia planetaria è sempre più importante?
«Tra qualche secolo, quando nelle scuole marziane i ragazzi studieranno la storia, ci guarderanno come noi guardiamo i nostri antenati preistorici che per la prima volta lasciarono l’Africa. Siamo usciti dalla Terra solo 59 anni fa: viviamo gli albori dell’esplorazione spaziale. Marte è come un esperimento di cui abbiamo i risultati: i geologi cercano di ricostruirne le condizioni iniziali. Lo studio delle rocce e dei paleoambienti è la chiave per decifrare l’evoluzione marziana, ma anche per capire come proteggere il nostro pianeta evitando di accelerare fenomeni naturali con le attività antropiche».
La Terra diventerà come Marte?
«La Terra è un posto meraviglioso, ma non resterà così per sempre».
È corretto contrapporre le missioni spaziali all’urgenza dei problemi terrestri?
«Nasciamo e ci evolviamo esplorando, è una tensione innata. Il punto è se l’esplorazione spaziale sia una priorità per la nostra specie o no. Come tutti gli ambienti estremi, lo spazio pone mete impegnative, raggiungibili solo con competenza e creatività. È necessario inventare cose che ci permettano di superare le colonne d’Ercole dell’epoca moderna. Lo spazio è uno dei motori scientifici, tecnologici ed economici più convenienti, sebbene le ricadute si manifestino nel medio o lungo periodo».