il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2020
Il razzismo in Medici Senza Frontiere
Prestano assistenza medica in 73 paesi del mondo, in condizioni estreme, ai poveri e dimenticati. Affrontano disastri naturali e conflitti. Soccorrono rifugiati e immigrati in difficoltà. Per questo straordinario lavoro hanno ottenuto il Nobel per la Pace nel 1999. Sono i Medici senza Frontiere, una delle maggiori organizzazioni umanitarie del mondo, con i suoi 65 mila fra dipendenti e volontari.
Ma il dibattito globale sul razzismo rilanciato dall’uccisione di George Floyd negli Stati Uniti esplode anche fra loro. Una lettera circolata internamente, firmata da 1.000 fra attuali ed ex dipendenti e arrivata al Guardian, denuncia una situazione di “razzismo istituzionale” nell’organizzazione, che rinforzerebbe “il colonialismo e la supremazia bianca” anche nel lavoro umanitario.
Il documento, che il Guardian sintetizza senza riprodurlo, accuserebbe i vertici di MSF di non avere mai preso atto della dimensione di “razzismo perpetuato dalle sue politiche interne, prassi di reclutamento, cultura sul luogo di lavoro” e dei “programmi disumanizzanti” condotti da una “minoranza bianca di privilegiati”. Secondo il quotidiano britannico, circa il 90% dei dipendenti di MSF sarebbero locali, mentre la leadership è prevalentemente bianca ed europea. Si arriva così all’assurdo di avere staff africani con decenni di esperienza costretti a prendere direttive da un neo-laureato britannico o francese. La lettera, rivolta ai capi dell’organizzazione, chiede una inchiesta interna e riforme urgenti che mettano fine a “decenni di potere e paternalismo”. A firmarlo sono anche leader dell’organizzazione, come l’attuale presidente di MSF UK Javid Abdelmoneim, di origine iraniano-sudanese ma cittadino britannico educato nel Regno Unito. La sua è stata un presa di coscienza tardiva: nel 2017, come ammette lui stesso in una dichiarazione sul sito di MSF, aveva rifiutato l’accusa di “razzismo istituzionale” nell’organizzazione, salvo poi ricredersi di fronte alle crescenti denunce dei colleghi. A far precipitare la protesta organizzata sarebbe stata una dichiarazione di MSF Italia che respingeva l’uso del termine “razzismo” suggerendo che “ogni vita conta”, un riferimento allo slogan Black Lives Matter a difesa delle vittime di colore. Il residente internazionale di MSF Christos Christou ha accolto positivamente la denuncia, definendola il “catalizzatore’ di un cambiamento già pianificato.