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 2020  luglio 11 Sabato calendario

Orsi & tori

Ma che senso ha che una ex prefetto con grande esperienza e professionalità, al punto da essere l’unico ministro, e per di più degli Interni, non appartenente in questo governo ad alcun partito, vada ad Agorà-Estate, su Rai 3, e annunci che «in autunno c’è il rischio di tensioni sociali»? Lo ha fatto per essere utile al Paese? Lo ha fatto per seguire quasi tutti i colleghi di governo e non solo, che non perdono occasione per farsi vedere, per finire sulle reti e sui giornali? Pongo queste domande alla brava ministra Luciana Lamorgese per due motivi: che ci siano rischi sociali indotti dalla malavita organizzata, che trova terreno fertile nella crescente povertà, è intuibile senza che lo proclami coram populo la responsabile del più delicato dei ministeri; ma proprio il fatto che lo dichiari non in una sede istituzionale, ma su un canale Rai, non fa altro che aumentare il rischio. È, infatti, un chiaro messaggio, a chi finora non aveva deciso di organizzarsi, a farlo. Dichiarazioni pubbliche di questo tenore sono un incentivo, non un deterrente.
Tuttavia, si spera che con questa consapevolezza manifestata pubblicamente (è stata ripresa da quasi tutti i giornali di venerdì 10) al ministero degli Interni e non solo si sia già preparato un piano di intervento e di dissuasione. Ma il piano più efficace può essere uno solo: ridurre o alleviare il più possibile la povertà dilagante, tagliando l’erba sotto i piedi alla delinquenza organizzata e agli estremisti di destra e di sinistra che fanno del profondo disagio sociale il miglior additivo per sollevare la piazza.
Ricordate gli autunni caldi dell’altro secolo? Allora erano proteste sindacali, legittime, ma su quell’humus sono nate tutte le tragedie di quegli anni, come i movimenti terroristici con le azioni assassine verso chi cercava la moderazione e la mediazione come Walter Tobagi, sindacalista dei giornalisti e bravissimo inviato del Corriere, e il professore giuslavorista Marco Biagi. Ma la lista è lunga.
A parte non stimolare l’emulazione annunciando prima del tempo l’emulazione, che cosa si può fare nel contesto attuale per scongiurare che ci siano alla fine dell’estate scontri sociali gestiti in parte anche dalla criminalità organizzata?
Far capire subito, entro la fine di luglio, che il governo fa sul serio per rilanciare l’economia. E che con la ripresa autunnale ci sarà davvero la ripresa economica.
Ma si tiene conto di quanto deleterio sia, per i cittadini che assistono impotenti, il balletto paradossale per la gestione del Ponte dei 43 morti di Genova, o i ritardi sulla cassa integrazione? Per non dire sullo scontro permanente nel governo fra Pd (favorevole) e 5Stelle (cocciutamente contrari) all’impiego dei capitali che possono arrivare dal Mes. E ancora: può il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lui che è sempre per la mediazione, seguire pedestremente le posizioni dei 5Stelle sulla revoca della concessione ai Benetton per le autostrade? Non vi è dubbio che la società Atlantia, e quindi anche i suoi azionisti Benetton, abbiano delle responsabilità gravissime per la non efficiente manutenzione del Ponte di Genova e su molte altre parti della rete autostradale. In primo luogo, i Benetton hanno mandato a casa chi era il dominus di Atlantia, cioè l’ad Giovanni Castellucci. Era doveroso farlo anche per molte altre ragioni. Ma una disgrazia, anche se non così grave, poteva anche avvenire sul ponte di Aulla: un ferito non gravissimo, volato giù dal ponte. Il grave in questo caso è che la vigilanza e la manutenzione sono in carico alla struttura pubblica. E a parte la decisione della ministra Paola De Micheli di nominare un commissario, non risulta che al momento nessuno abbia perso il posto.
In tutt’Italia sono decine i casi di crolli per mancata manutenzione. Se quindi è giusto che Atlantia paghi, in questo contesto in cui il Covid-19 ha distrutto aziende e ricchezza, non è sensato che il governo ritiri le concessioni ben sapendo che, come ricorda il Pd e anche Italia Viva, poi si possa trovare a pagare miliardi di danni per infrazione dei contratti di concessione.
Ma questi sono solo alcuni delle migliaia di casi il cui il governo manifesta inefficienza e incapacità decisionale a causa di una compagine di due partiti che si trovano a governare insieme per gli eccessi del socio di Luigi Di Maio, Matteo Salvini che nel pieno dell’estate scorsa compì non pochi passi falsi, a cominciare dal Papeete. Da quanto si capisce, oggi Salvini non farebbe più quegli errori. Sta di fatto che comunque anche allora, a parte il feeling fra i due capi, le idee e gli obiettivi erano quasi totalmente divergenti. E con il Pd non è diverso.
Sembrava che il Covid-19 avesse creato solidarietà e unione nel governo, ma ciò non è, e quindi l’azione di gestione del Paese è inefficiente e spesso contraddittoria proprio sulla decisioni fondamentali per far ripartire l’economia.
Chi sa se il presidente Conte e il Pd stanno meditando sugli ultimi due segnali che arrivano da Bruxelles. Primo, le dichiarazioni al Corriere del saggio presidente del Parlamento europeo, Davide Sassoli: «Preoccupazione per l’economia in autunno? No, terrore. L’Italia non può più agire come prima del Covid...». Secondo, la manifesta impotenza dei quattro principali Paesi della Ue, Germania, Francia, Italia e Spagna, per la poltrona importante di presidente dell’Eurogruppo, cioè del Consiglio dei ministri economici. Avevano deciso di sostenere la candidata socialista spagnola, Nadia Calviño. È stato eletto l’irlandese Paschal Donohoe, sostenitore della tassazione ridotta in alcuni Paesi, come l’Irlanda, di fatto quasi paradisi fiscali, e assolutamente contrario alla Web tax che dovrebbe generare il gettito, o parte di esso, per il Recovery fund da cui dipende il rilancio dell’economia.
Per questa presidenza il voto è segreto e a maggioranza semplice. Così, sicuramente, il neoeletto ha potuto avere i voti dei Paesi paradisi (o quasi) fiscali come Olanda, Belgio, Lussemburgo, Austria oltre a quelli a guida popolare (Slovacchia, Slovenia, Lettonia o Cipro).
Un esempio clamoroso di come anche a Bruxelles la situazione sia quasi ingestibile. Lo è per la forte disomogeneità dei Paesi partecipanti, ma soprattutto per le regole differenti di votazione nei vari organismi: per Eurogruppo voto segreto e maggioranza semplice, per il Mes vale l’unanimità, per fortuna per la Bce vale la maggioranza assoluta. Non c’è bisogno di aggiungere una parola, per capire perché l’Europa non è un’unione.
Questo è il semestre di presidenza della Germania. Potrà fare qualche miracolo la cancelliera Angela Merkel, per agevolare una vera ripartenza dell’economia. I fatti degli ultimi giorni dimostrano che il prestigio dei maggiori Paesi fondatori dell’Unione europea non conta più e la concordia e l’unità di intenti tanto proclamata va a farsi benedire.
A maggior ragione, l’Italia deve avere una svolta e ricercare l’efficienza e i mezzi al proprio interno, emettendo sì dei titoli del Tesoro ordinari, ma anche non buttando a mare l’idea dei prestiti irredimibili, da lanciare subito. Solo il 12% della ricchezza degli italiani è nei titoli di Stato, ma il debito era già enorme e sta diventando insostenibile. Per questo va attuato il Tagliadebito con la vendita agli italiani degli immobili degli enti locali, attraverso fondi immobiliari come sostiene anche Carlo Messina. Ma questo progetto i lettori di ItaliaOggi se lo sono sentito ripetere fino alla noia da queste colonne. Talvolta repetita iuvant.
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Sicuramente giova anche guardare agli esempi positivi che il paese Italia sa comunque offrire. E qui anche ItaliaOggi vuole rendere omaggio a un uomo di straordinario valore ed esempio come Ennio Doris, che ha compiuto 80 anni. Un uomo che ama raccontare da dove è partito, non essendoci bisogno di ricordare dove è arrivato. Nell’intervista di Stefano Lorenzetto, un maestro nel trarre dall’intervistato i valori più importanti che può esprimere, Ennio (permettetemi di chiamarlo per nome, per l’amicizia che ci lega) ha detto fra le tante una frase che dovrebbe essere scolpita all’ingresso della Borsa, in Piazza Affari: «Ho dato un farmaco all’Italia: il risparmio». È profondamente vero: Doris, prima con Programma Italia e poi con Mediolanum, ha incoraggiato gli italiani a diventare i maggiori risparmiatori al mondo dopo i giapponesi, perché ha da sempre gestito il risparmio di moltissimi italiani, specialmente piccoli imprenditori, senza mai dare fregature e sempre facendo crescere il valore di quel risparmio.
Ma la lealtà e l’affidabilità, oltre naturalmente alla capacità di Doris, traspaiono anche da un’altra risposta data a Lorenzetto, che mi coinvolge direttamente. Per passare da capo dei venditori di Dival (800), della Ras, a imprenditore in proprio, dopo essere partito ragioniere dal paese famoso per il mercato delle vacche, nell’Alto Veneto, dice, ed è l’ennesima volta che lo dice: «... Ma servivano capitali enormi che non avevo. Approfittai di un viaggio a Genova, dove incontrai il fiscalista Victor Uckmar, per portare mia moglie a Portofino. E sul Porticciolo chi vidi? Silvio Berlusconi. Parlava con un pescatore che stava riparando le reti. Lo riconobbi perché la sua foto era su Capital a corredo di un’intervista in cui dichiarava: “Chi ha una buona idea si rivolga a me”. Gli dissi, la ammiro molto, posso stringerle la mano?».
Nacque così Programma Italia e poi Mediolanum. Ma Doris non è il solo che riconosce ogni volta che fu leggendo Capital che ebbe l’aggancio con Berlusconi. Altri risposero a quell’appello che Berlusconi, ricercatore ante litteram di startup, lanciò attraverso il nostro magazine, allora in «Editoriale» del Corriere della Sera. E guarda caso, fra gli altri, rispose anche Urbano Cairo, appena ritornato dagli Usa dove si era laureato. Ma Cairo era giovane e non frequentava Portofino, per cui dovette fare molta anticamera, fino a quando non riuscii attraverso Marinella, la storica segretaria del Cavaliere, a fargli avere un incontro. Berlusconi lo assunse come assistente. Ora controlla la prima casa editrice italiana...
Uomini come Doris, nella crisi attuale, dovrebbero essere consultati ogni giorno dal governo. Ennio sa tutto sul risparmio. Conosce il mondo imprenditoriale come nessuno. Non risulta che né Conte né il pur bravo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, lo abbiano mai sentito. Per esempio, sulla possibilità di collocare vari prestiti irredimibili per dover pagare sì un tasso di interesse più alto di quello dei normali Btp, ma per raccogliere capitali senza far crescere il debito.
Ennio è il mago del risparmio e come dice anche il presidente della Consob, Paolo Savona, sono due le peculiarità dell’Italia che possono salvarla da una ristrutturazione del debito, che, come prevedono e auspicano molti economisti tedeschi, dovrebbe avvenire entro il 2022: la prima è la grande capacità degli italiani appunto di risparmiare; la seconda, almeno fino a prima del Covid-19, è l’attivo significativo della bilancia dei pagamenti.
Il governo non deve dimenticarsi di questi due punti di forza e, per capire come raccogliere e gestire il risparmio, deve consultare Doris. Che può dare molti altri importanti consigli: per esempio, come è possibile creare un’azienda di grandi dimensioni in una sola generazione, ma soprattutto come riuscire ad attuare con grande successo il passaggio generazionale. Suo figlio Massimo, anche se alla fine si sente ancora la voce di Ennio, è riuscito a proseguire la transizione di famiglia anche come interprete degli spot, numerosi ed efficaci, di Mediolanum.
Vorrà capire il governo che l’Italia si regge sulle aziende familiari e che solo se si creerà continuità il tessuto rimarrà solido? Chi legge l’art. 26 del decreto Rilancio si accorgerà, fin dal titolo, che il governo non lo ha capito: «Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni». E le piccole? Infatti, il testo dice che per avere agevolazione fiscale sia la società che aumenta il capitale sia chi lo sottoscrive non deve avere meno di 5 milioni di fatturato e non deve superare i 50 milioni. Evidentemente con senso discriminatorio e miopia, nel corso dell’articolo, evidentemente anche con senso di colpa, istituiscono un fondo per le Pmi, finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020, entro i limiti della dotazione del fondo, obbligazioni o titolo di debito di nuova emissione... Insomma, le piccole al massimo possono indebitarsi e solo entro fine anno e nei limiti del fondo. Follia. E poi la ministra degli Interni annuncia che «in autunno c’è il rischio di tensioni sociali» e di strumentalizzazione della malavita. Ma sa il governo quante sono le piccole aziende e il ruolo che hanno?